di Katjuscia Pitino Orizzonte Scuola, 5.10.2015.
E’ di fondamentale importanza distinguere la natura e la funzione dei due documenti preposti alla rilevazione delle attività svolte dai docenti.
Entrambi, seppur con natura diversa, servono infatti a legittimare la funzione docente; sta di fatto che il registro di classe è un atto pubblico a tutti gli effetti di legge, venendo a determinare una significanza sostanziale, non solo agli argomenti trattati dai docenti durante le lezioni ma addirittura adoperandosi quale strumento in grado di attestare fatti, episodi e situazioni riguardanti la vita comportamentale degli alunni sia all’interno del gruppo classe che dell’istituzione scolastica in generale. Il registro di classe ha quindi una pregnanza giuridica maggiore, rispetto al registro personale del docente e la sua puntuale e precisa compilazione si configura come un atto dovuto dai docenti proprio in virtù della funzione pubblica dagli stessi esercitata.
Ab ovo il registro di classe è stato inserito dall’art.41 del R.D. n.965 del 1924, in esso si legge che “ogni professore deve tenere diligentemente il giornale di classe, sul quale egli registra progressivamente, senza segni crittografici, i voti di profitto, la materia spiegata, gli esercizi assegnati e corretti, le assenze e le mancanze degli alunni”. Per effetto dell’art.24 del D.L. n.112 del 2008, il R.D. n.965 era stato indicato, all’interno dell’operazione “Taglia-leggi”, come dispositivo da abrogare, anche se il legislatore, ai sensi dell’art.3 del D.L. n.200 del 2008, Legge di conversione n.9 del 2009 ha deciso successivamente la soppressione della voce n.224, la quale prevedeva appunto l’abrogazione del citato Regio Decreto che a tutt’oggi risulta ancora vigente.
A marcare la differenza sostanziale tra registro di classe e registro del docente sono state due ormai lontane e note sentenze della Corte di Cassazione: la prima è la n.208196 del 1997, la seconda è la n.3004 del 1999, nelle quali si possono cogliere i tratti salienti che caratterizzano i due documenti posti in essere dalla P.A., per mezzo di pubblici ufficiali, nell’esercizio delle loro attività:
il registro di classe è un atto pubblico “posto in essere dal pubblico ufficiale nell’esercizio della sua pubblica attività e destinato a fornire prova di fatti giuridicamente rilevanti”(sentenza n.3004), in esso devono potersi rintracciare tutti quegli elementi necessari ad attestare la vita giornaliera all’interno della classe: gli argomenti trattati, le verifiche orali e scritte svolte in quella determinata giornata, gli esercizi assegnati per casa, le assenze e i ritardi, le uscite anticipate nonché le mancanze disciplinari degli alunni. Vi si potrebbe segnare anche l’avvenuta lettura delle circolari e delle comunicazioni i cui destinatari diretti sono gli alunni; non è neanche superfluo annotarvi eventuali spostamenti degli stessi dalla classe per motivate esigenze didattiche (recupero o attività inerenti l’ampliamento dell’offerta formativa) o essere utilizzato come strumento di comunicazione tra i docenti. Tali funzionalità connaturate al registro di classe possono essere dedotte dalla citata sentenza, la quale riporta: “esso raccoglie i dati essenziali relativi alla vita della classe nelle sue tappe di percorso giornaliero e costituisce per gli insegnanti mezzo quotidiano, immediato, di comunicazione reciproca e nello stesso tempo testimonianza dell’azione complessiva svolta nel corso dell’anno scolastico”. Se la sentenza n.3004 dà al registro di classe la rilevanza di diario di bordo delle attività didattiche e dei fatti accaduti e attestati dai pubblici ufficiali ossia dai docenti in loro presenza, è pur vero che la sentenza n.208196 del 1997 ribadisce un altro principio fondamentale: il registro di classe “in quanto posto in essere dal pubblico ufficiale nell’esercizio della sua pubblica attività e destinato a fornire la prova di fatti giuridicamente rilevanti, costitutivi di diritti e obblighi attraverso la quotidiana annotazione della presenza”. Si desume che tale documento sia anche un mezzo per attestare la presenza del docente in classe e della sua avvenuta prestazione ai sensi e per gli effetti degli artt.2699 e 2700 del c.c.; attraverso questo atto pubblico, il docente dà quindi prova dei fatti avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. Ecco perché il registro di classe esige più di quello del docente una più puntuale e perentoria compilazione di quanto accade nella classe ed in sua presenza. Va da sé che il controllo operato da taluni dirigenti scolastici sui registri dovrebbe essere più accurato proprio nei confronti di tale documento, in virtù della sua natura di atto pubblico. Mentre al contrario, le ispezioni sui registri dei docenti non fanno altro che dare prova del grado elevato di burocratizzazione che aleggia nella scuola, svilendo l’autonomia soprattutto didattica del docente.
Le funzioni del registro di classe sono peraltro state stabilite nel D.M. del 5 maggio 1993 e nella successiva O.M. del 2 agosto 1996, n.236; il primo insiste sulla natura funzionale del documento, definito come mezzo per la estrinsecazione di attività, verifiche, esercitazioni, laboratori e quant’altro possa servire ad ogni docente del consiglio di classe per regolare o rimodulare la propria attività didattica ed anche educativa sullo stesso ritmo degli altri docenti; la seconda dà per certi aspetti, una elencazione utile delle finalità ad esso attribuite : “ 1. Il Registro di classe documenta gli aspetti amministrativi della vita di ciascuna classe. 2. La compilazione dei dati anagrafici degli alunni è di competenza dell’ufficio di segreteria della direzione didattica. 3. I docenti contitolari sono responsabili della tenuta e dell’aggiornamento del Registro. 4. Il Registro di classe riporta:
- elenco e dati anagrafici degli alunni, presenze e assenze;
- nominativi dei docenti che operano nella classe, ambiti disciplinari o discipline loro assegnati;
- orario delle attività didattiche(…)”.
A mente di quanto detto, appare fuor di dubbio che la natura del registro di classe sia rilevante non solo ai fini didattici, ma anche per attestare fatti ed eventi che rivestono una importanza fondamentale nello svolgimento della funzione del consiglio di classe e quella propria del docente. Al riguardo è utile ricordare che il dirigente scolastico non può in alcun modo intervenire per modificare fatti che siano stati annotati sul registro di classe; a sostegno di ciò può richiamarsi una sentenza del Consiglio di Stato, la n.715 del 31/01/2011, nella quale si afferma proprio il principio secondo cui il dirigente non ha potere di intervenire, tramite un atto autoritativo, per modificare o cancellare eventuale annotazioni disciplinari dei docenti riportati sul documento di classe, giacché il suo intervento può oggettivarsi in un procedimento successivo e di approfondimento dell’atto di cui egli prende conoscenza, attraverso la visione dell’annotazione sul registro di classe, allo scopo di correggere comportamenti che possono turbare la serenità dell’ambiente scolastico. In tali casi, a dire della sentenza, non può “ipotizzarsi un diretto intervento correttivo del dirigente scolastico sul registro di classe, né ai sensi del citato art.468 D.Lgs. n.297/1994, né in base alle altre norme, dettate in materia di competenza del dirigente stesso (artt. 163 e 396 D.Lgs 297/94 cit.)”.
Meno pregnante è il registro del docente, il quale come sostiene la sentenza n.3004 non è un atto pubblico “ai fini e per gli effetti previsti dall’art.476 c.p.”; la giurisprudenza vi ha attribuito una funzione di promemoria per il docente, di modo che le rilevazioni in esso annotate, sui singoli alunni e sul loro processo di apprendimento, possano servire a svolgere con maggiore semplicità le riunioni dei consigli di classe. Esso rivestirebbe quindi la funzione di supporto scritto alla valutazione dei singoli alunni, formulata dal docente durante le riunioni del consiglio di classe e degli scrutini intermedi e finali. La stessa sentenza aggiunge:“è peraltro, del tutto pacifico che la mancanza di tale registro renderà, forse più complicato lo scrutinio finale, ma non può in alcun modo impedirlo o invalidarlo, essendo il docente tenuto a formulare i suoi giudizi indipendentemente dalle eventuali annotazioni del registro”. La redazione diligente del registro personale darà forse maggiore zelo alla funzione docente, ma non è certamente prova di qualità e preparazione dell’estensore. A proposito si legge anche “ strumento di controllo peraltro, formale ed insufficiente dal momento che il giornale può essere compilato con estrema cura ma l’attività dell’insegnante può rivelarsi ugualmente carente sia sotto il profilo quantitativo, mentre l’attività dell’insegnante può essere giudicata dagli alunni e genitori eccellente pure con un registro incompleto”.
A tutt’oggi benché il D.L. n.95 del 2012, Legge di conversione n.135 del 2012, abbia introdotto il registro elettronico, il tradizionale e all’apparenza anacronistico registro cartaceo del docente è ancora uno strumento efficace di rilevazione della sua funzione. Anzi i tradizionalisti ne difendono le utilità attribuendogli una valenza significativa nel riferire sul lavoro dei docenti. In buona sostanza il registro elettronico, malgrado non sia ancora del tutto affinato in tema di privacy ed in ragione del piano di dematerializzazione cui il Miur era obbligato dal decreto in parola, non sembra aver sostituito il registro cartaceo personale. Anzi vi è una co-esistenza dei due documenti, i quali per il principio di trasparenza che è proprio della Pubblica Amministrazione, dovrebbero porsi, nelle rilevazioni riportate (votazioni numeriche riferite alle discipline), su un piano paritetico ovvero non contrastante, dal momento che spesso accade esattamente il contrario, cosicché risulta difficile, in specie per le famiglie, comprendere perché non vi sia una corrispondenza tra i voti dichiarati nel registro cartaceo e quelli del registro elettronico. In forza di ciò si ricordi che l’art.7 comma 30 del D.L. n.95 del 2012 così esprime: “la pagella elettronica ha la medesima validità legale del documento cartaceo ed è resa disponibile per le famiglie sul web o tramite posta elettronica o altra modalità digitale. Resta comunque fermo il diritto dell’interessato di ottenere su richiesta gratuitamente copia cartacea del documento redatto in formato elettronico”. Tale affermazione andrebbe ancora di più a sostegno del fatto che il registro cartaceo non abbia nessun valore di atto pubblico e pertanto il suo utilizzo si ridurrebbe a mero memorandum dell’attività esplicata dal docente.
Non è quindi ripetitivo concludere con uno stralcio della sentenza n.3004/1999: “il giornale del professore non possiede i requisiti necessari per essere considerato un atto pubblico ai fini della legge penale, perché non rappresenta una estrinsecazione dell’attività della P.A. e, più specificamente, non ha attitudine ad assumere rilevanza ai fini della documentazione di fatti ed operazioni inerenti all’attività ed agli scopi della stessa”.