Che fine ha fatto la nuova formazione dei prof?

di Marco Ricucci, Il Corriere della sera, 5.12.2022.

In base alla riforma Bianchi d’ora in poi per insegnare alle medie e alle superiori ci vorranno 60 crediti universitari, fra esami e tirocinio. Ma il decreto atteso per luglio non è ancora arrivato. Perché, dalle università ai precari, sono tutti contro

Gilda Venezia

Sarebbe così difficile istituire, una volta per tutte, una «scuola» per formare gli aspiranti docenti nel nostro Paese? A quanto pare sì, se ci sono di mezzo interessi che sono ritenuti prioritari rispetto alla qualificazione professionale e pedagogica di chi deve entrare in classe. A soli due anni dal «Decreto 24 CFU» che erano necessari per l’accesso gli ultimi concorsi ordinari, con la nuova Riforma Bianchi, almeno sulla carta, saranno necessari 60 CFU/CFA specifici, al fine di poter diventare un docente abilitato: si tratta di un potenziale percorso pensato per chi desidera insegnare alle scuole medie e superiori. Eppure, se si attendeva il DPCM entro il 31 luglio 2022, ancora adesso si è in attesa delle circolari del nuovo MIM e MUR, che come una coppia di separati in casa manco riescono a parlarsi.

Perché questo percorso non è stato ancora realizzato? Essenzialmente, le motivazioni sono molteplici e varie, e lo status quo fa comodo un po’ a tutti, meno agli studenti italiani che hanno diritto a docenti adeguatamente formati. Un dubbio nasce legittimo: per diventare maestro e maestri ci vogliono ben 5 anni intensi della facoltà di Scienze della Formazione Primaria, invece per fare il prof basta una laurea e la fortuna di mettere le crocette giuste come nell’ultimo concorso ordinario. Ma c’è la prova orale! In 45 minuti il candidato «scimmiotta» (o simula) una lezione su un argomento sorteggiato un giorno prima, davanti a una commissione di docenti di ruolo che vengono pagati una miseria rispetto all’impegno cospicuo di lavoro necessario. In tutta onestà intellettuale, si potrebbe dire che la formazione del personale docente delle elementari è fondamentalmente «appannaggio» del mondo accademico legato alla pedagogia e alle scienze dell’educazione, ma ci sono ovviamente professori universitari di altre discipline che hanno trovato un posto qui e non dei dipartimenti delle facoltà come Lettere e Matematica.

E’ indubbio che questo percorso, sostenuto da un tirocinio diretto come se si andasse a bottega, sforna maestre e maestri di tutto rispetto. Ma farlo per tutte le materie della scuola media e superiore richiederebbe uno sforzo organizzativo notevole: l’esperienza delle SISS (Scuole di Specializzazione dell’Insegnamento della Secondaria Superiore) che sono rimaste in piedi dal 2001 al 2011, con i suoi epigoni del TFA (Tirocinio Formativo Attivo) che ha resistito appena due anni, sconsigliano caldamente chi di dovere di sobbarcarsi una fatica erculea, che scontenterebbe tutti: da una parte il mondo accademico che poco mastica di didattica delle discipline scolastiche e vedrebbe questo orientamento come un sporcarsi le mani rispetto all’olimpico pontificare sui massimi sistemi della conoscenza; dall’altra parte, il mondo del precariato storico, divenuto cronico, una «massa» di laureati dalle più varie provenienza, a volte così stagionati dal tempo che rimettersi a studiare in un percorso strutturato è visto come una mera perdita di tempo.

Inoltre, il legislatore sembra essere lontano anni luce dalla realtà quando «inventa» questi percorsi che andrebbero fatti con buon senso. Ad esempio,i 60 CFU/CFA abilitanti, che non hanno ancora una denominazione ufficiale del percorso (quando in Italia manca una abbreviazione è brutto segno: non si approderà mai a nulla di concreto!), sono crediti formativi universitari che sono inerenti le discipline antropo-psico-pedagogiche e le metodologie e tecnologie didattiche e linguistiche. Dopo questo percorso, che dovrà essere selettivo con un test di ingresso, inizia una corsa ad ostacoli: un concorso pubblico nazionale, su base regionale o interregionale (con il nuovo reclutamento, i concorsi indetti saranno annuali); un periodo di prova che il docente svolgerà in servizio e sarà della durata annuale: al termine il docente dovrà affrontare un test finale e una valutazione conclusiva; è previsto inoltre anche un periodo di tirocinio nelle scuole e una prova finale con una lezione simulata. Verrebbe da chiedersi: perché hanno abolito le SISS, i TFA, se in qualche modo «funzionavano»? Rimane inspiegabile, a meno che avventurarsi in elucubrazioni «dietrologiche»… Ma rimane un fatto, a tuttoggi: sulla carta funziona benissimo quanto stabilito dalla Riforma Bianchi, nella realtà si aspetta «solo» il DPCM per organizzare la nuova scuola dei prof. Ma senza il relativo acronimo, attenderemo ancora per un po’.

 

Marco Ricucci è docente di italiano e latino presso il Liceo scientifico Leonardo da Vinci e professore a contratto presso Università degli Studi di Milano

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Che fine ha fatto la nuova formazione dei prof? ultima modifica: 2022-12-06T02:59:17+01:00 da
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