Concorso scuola, con le nuove regole per la Pa i neolaureati rischiano di essere tagliati fuori (a bandi già chiusi). “Così possibili ricorsi”

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di Alex Corlazzoli, Il Fatto Quotidiano,  8.4.2021.

Migliaia di aspiranti prof sono preoccupati per le norme previste dal decreto legge 44 sui concorsi nella Pa: l’articolo 10 cancella le preselettive in favore della valutazione dei titoli. Ma così i giovani – il concorso ordinario già bandito era pensato proprio per loro – rischiano di essere penalizzati ancora una volta a discapito dei precari storici (che possono vantare anni di servizio).

Gilda Venezia

Il popolo dei concorsi della scuola trema. A terrorizzare i futuri insegnanti è il decreto legge 44, approvato il primo aprile, che contiene una serie di norme volute dal ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta per accelerare e semplificare le procedure di reclutamento. Nel mirino c’è soprattutto l’articolo dieci, cioè quello che prevede nella Pa concorsi basati su una sola prova scritta e una orale ma soprattutto cancella le preselettive, parlando di “una fase di valutazione dei titoli legalmente riconosciuti ai fini dell’ammissione alle successive fasi concorsuali” e aggiunge che “i titoli e l’eventuale esperienza professionale, inclusi i titoli di servizio, possono concorrere alla formazione del punteggio finale”. Una vera e propria rivoluzione: le prove preselettive pensate per diminuire il numero dei partecipanti nelle procedure rischiano di sparire per lasciare il posto ad una valutazione basata sugli anni d’insegnamento e su diplomi, lauree, master e altro ancora acquisiti nel tempo.

Un vero e proprio guaio per i più giovani, tra i più dimenticati dalla politica: la possibilità di abilitarsi all’insegnamento è praticamente congelata da più di sei annie l’unica opportunità è rappresentata dal concorso ordinario già bandito l’anno scorso (ma ancora non avviato causa Covid). Se le nuove regole dovessero essere applicate anche per la scuola, infatti, i neolaureati sarebbero inevitabilmente penalizzati rispetto ai precari storici, che possono vantare l’esperienza già maturata tra i banchi. Eppure per loro si sta concludendo proprio in questi mesi il concorso straordinario (dedicato a chi ha più di tre anni di servizio) bandito dall’ex ministra Lucia Azzolina.

Resta però un dubbio: il concorso ordinario della scuola, che stando al decreto potrebbe partire già dal 3 maggio, vede già oltre 500mila persone già iscrittetra procedura per infanzia e primaria e per le superiori (dove sono in palio 32mila posti): le prove non sono ancora partite a causa dell’emergenza Covid, ma fanno riferimento a regolamenti e bandi già ampiamente approvati e applicati. A questo punto sono in molti a chiedersi con quali regole si riprenderanno le operazioni concorsuali.

Le nuove norme del Decreto 44 dovrebbero riguardare quindi i concorsi per i quali non ci sono ancora i bandi (per esempio sostegno e religione cattolica) e per i quali non sono ancora stati aperti i termini per la presentazione delle domande. Restano però gli interrogativi relativi all’interpretazione di un passaggio dell’articolo 10 che cita: “Le medesime amministrazioni, qualora non sia stata svolta alcuna attività, possono prevedere la fase di valutazione dei titoli di cui al comma 1, lettera c), dandone tempestiva comunicazione ai partecipanti nelle medesime forme di pubblicità adottate per il bando e riaprendo i termini di partecipazione”. Ergo, c’è il rischio che la finestra di adesione per i concorsi scuola non ancora partiti possa riaprirsi e che – in parallelo – vengano cambiate le regole.

La questione viene approfondita anche dal sito web del ministero per la Pubblica Amministrazione, dove si legge che per i concorsi “già banditi per i quali non sia stata svolta alcuna prova, le amministrazioni possono prevedere una fase di valutazione dei titoli e, facoltativamente, anche delle esperienze professionali per l’ammissione alle successive fasi, fermo restando che il punteggio attribuito per i titoli concorrerà alla formazione del punteggio finale”. Le prossime settimane saranno decisive: si attende un intervento del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi soprattutto per chiarire se nella scuola vadano applicate le stesse regole del resto della pubblica amministrazione oppure no.

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