– L’emergenza del coronavirus sta mettendo sotto stress il Paese, e l’istruzione ne è al centro. Emergono tutte le vulnerabilità del sistema scuola e soprattutto si sta andando nella direzione, sbagliata, di conferire “pieni poteri” al dirigente scolastico su questioni e materie dove invece è imprescindibile la competenza collegiale. Si tratta di dover fare i conti con una situazione eccezionale, fuori norma, e di non semplice gestione.
Il collegio telematico
Uno dei problemi che stanno emergendo è se il collegio telematico sia lecito o meno. La nota MIUR U.0000278.06-03-2020 ha dedicato un paragrafo proprio alla questione dei collegi docenti e riunioni collegiali. “Nelle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione per le quali è stata disposta la chiusura, sono annullate tutte le riunioni degli organi collegiali, già calendarizzate, per il periodo previsto. Nelle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione per le quali è stata disposta la sospensione delle attività didattiche, le riunioni degli organi collegiali e le assemblee mensili degli studenti, già calendarizzate potranno essere posticipate alla fine della fase di sospensione ovvero effettuate con modalità telematiche o in presenza. Nel caso in cui dette riunioni si svolgano in presenza, andranno in ogni caso assicurate, in relazione all’entità dell’emergenza epidemiologica, misure precauzionali quali un adeguato distanziamento tra i partecipanti, ai sensi delle disposizioni vigenti. Si raccomanda comunque, ai dirigenti scolastici, una attenta valutazione in merito alla necessità di convocazione dei predetti organi, evitando convocazioni non improcrastinabili”.
Con la nota dell’8 marzo 2020 è stato altresì sottolineato che “Nelle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione sono sospese tutte le riunioni degli organi collegiali in presenza fino al 3 aprile 2020. Si raccomanda di valutare attentamente l’opportunità di mantenere impegni collegiali precedentemente calendarizzati, riducendo allo stretto necessario gli incontri organizzati in via telematica, al fine di lasciare ai docenti il maggior tempo possibile per lo sviluppo della didattica a distanza”.
A ciò si aggiunge la Direttiva n.1 del Ministero per la Pubblica Amministrazione del 25 febbraio 2020 lì dove afferma che “le amministrazioni svolgono le iniziative e gli eventi aggregativi di qualsiasi natura, così come ogni forma di riunione e attività formativa (quali convegni, seminari di aggiornamento professionale, etc.) privilegiando modalità telematiche o tali da assicurare, in relazione all’entità dell’emergenza epidemiologica, un adeguato distanziamento come misura precauzionale”. Dunque, le riunioni collegiali di carattere fisico in questa situazione emergenziale a scuola non sono sostanzialmente possibili, per questo motivo si sta ricorrendo allo strumento del collegio telematico. Ma questa procedura è lecita, legittima, solo se caratterizzata da previa regolamentazione. Può essere utile come principio quanto affermato ad esempio dall’articolo 2370 del Codice civile che pur riguardando la fattispecie delle assemblee nelle società, il principio può essere estendibile anche a questa casistica quando si scrive che “lo statuto può consentire l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione ovvero l’espressione del voto per corrispondenza o in via elettronica. Chi esprime il voto per corrispondenza o in via elettronica si considera intervenuto all’assemblea”. Il Tribunale di Bologna(sezione specializzata societaria) con sentenza 18 marzo 2014, ha affermato che lo statuto sociale di una cooperativa quotata può autorizzare l’utilizzo dei “centri di voto” collegati”a distanza”all’assemblea mediante un sistema telematico, in modo legittimo, dal combinato disposto tra l’articolo127 del decreto legislativo 58/1998 (il Tuf) e l’articolo 2370 del Codice civile. Se non regolamentato a priori una riunione collegiale telematica può essere illegittima, come illegittime saranno le determinazioni che ne deriveranno. Sul punto se si verrà coinvolti in siffatte convocazioni, andranno fatte mettere a verbale, telematicamente, le proprie osservazioni. Ricordiamo che è la circolare Ministeriale 16 aprile 1975, n. 105 che invita proprio a dotarsi di un proprio regolamento in materia di funzionamento dell’organo collegiale.
Questione della sospensione dell’attività didattica e didattica a distanza
E’ lo stesso MIUR che nelle sue FAQ ricorda in cosa consiste la sospensione dell’attività didattica: “La sospensione delle attività didattiche comporta l’interruzione delle sole lezioni. Pertanto, le scuole rimarranno aperte e i servizi erogati dagli uffici di segreteria continueranno ad essere prestati. Il Dirigente Scolastico e il personale ATA (Amministrativo, Tecnico e Ausiliario) sono tenuti a garantire il servizio ed eventuali assenze devono essere giustificate. Le assenze degli alunni nei periodi di sospensione “forzata” delle attività didattiche non saranno conteggiate ai fini della validità dell’anno scolastico. Allo stesso modo, l’anno scolastico è comunque valido, anche qualora non dovesse raggiungere il minimo di 200 giorni previsti, in quanto si tratterebbe di una situazione dovuta a cause di forza maggiore”.
Questo significa che, dal combinato disposto tra l’articolo 1256 e 1258 del C.C e le interpretazioni sussistenti in materia, il personale docente non è tenuto a prestare alcun tipo di attività lavorativa, salvo quelle già calendarizzate, programmate, ma che nel contesto dato dell’impossibilità di recarsi a scuola, sono de facto ineseguibili. Ma qui si sta assistendo ad un qualcosa di bizzarro e che sta dando luogo alla produzione di direttive ai limiti della legittimità. Il via libera è stato in parte dato dal DPCM che è attuativo del Decreto Legge del 6 febbraio 2020. Il DPCM del 4 marzo (articolo 1, comma 1, punto g) prevede: “i dirigenti scolastici attivano, per tutta la durata della sospensione delle attività didattiche nelle scuole, modalità di didattica a distanza avuto anche riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità”. Dal D. Lgs 165/2001 fino alla legge 107/2015 tutte le leggi o atti aventi forza di legge prevedono che i poteri del dirigente scolastico siano esercitati nel rispetto delle competenze degli organi collegiali. Nel DL n. 6/2020 non si rinvengono deroghe a tali previsioni legislative. Il DPCM è un atto amministrativo, una fonte secondaria di diritto, che deve armonizzarsi con il contesto legislativo primario esistente.
La zona grigia della didattica a distanza. La libertà d’insegnamento va tutelata
Si sta affrontando in questo periodo emergenziale una mera zona grigia. Quella dell’attività didattica sospesa, che pone mille problematicità che dovrebbero trovare la soluzione nella condivisione, nell’essere comunità educante e non nel decisionismo dirigenziale. In teoria l’attività didattica è stata sospesa, ma nello stesso tempo si rende obbligatoria l’attività didattica a distanza. Una sorta di contraddizione. La libertà d’insegnamento va preservata, come va preservato il diritto all’istruzione degli studenti. Sono illegittime le imposizioni di metodologie didattiche. Ai docenti spetta la libera scelta di quale metodologia fare strumento per garantire la didattica a distanza. L’art. 7 del TU (Dpr. N. 297/1994) afferma chiaramente che il Collegio dei docenti ha competenza specifica e speciale in materia di funzionamento dell’attività didattica. Da ciò si desumerebbe che il Dirigente ha l’obbligo di attivare la didattica a distanza, ma che questa è rimessa nell’attuazione alla discrezionalità dei singoli docenti, nel rispetto del sacrosanto diritto della libertà d’insegnamento che non può essere determinato in via decisionista, unilaterale, arbitraria da parte del DS. Lo stesso MIUR nella sua nota del 6 marzo, evidenzia che “È essenziale, nella definizione delle modalità di intervento, il più ampio coinvolgimento della comunità educante”. La libertà d’insegnamento viene riaffermata dallo stesso MIUR anche con la nota dell’ 8 marzo quando scrive: “Alcuni docenti e dirigenti scolastici hanno posto il problema della valutazione degli apprendimenti e di verifica delle presenze. A seconda delle piattaforme utilizzate, vi è una varietà di strumenti a disposizione. Si ricorda, peraltro che la normativa vigente (Dpr 122/2009, D.lgs 62/2017), al di là dei momenti formalizzati relativi agli scrutini e agli esami di Stato, lascia la dimensione docimologica ai docenti, senza istruire particolari protocolli che sono più fonte di tradizione che normativa”. Dunque, va ribadito che la libertà d’insegnamento quale libertà individuale costituisce un valore costituzionale (art. 33 comma 1 Cost.),e che detti principi costituzionali trovano conferma negli artt. 1 e 2 del T. U. Scuola (D.Lgs. n. 297 del 1994 ) e che “la libertà d’insegnamento in ambito scolastico, quindi, è intesa come “autonomia didattica” diretta e funzionale a una “piena formazione della personalità degli alunni”, titolari di un vero e proprio “diritto allo studio.” Non è libertà fine a se stessa, ma il suo esercizio, attraverso l’autonomia didattica del singolo insegnante, costituisce il modo per garantire il diritto allo studio di ogni alunno e, in ultima analisi, “la piena formazione della personalità” dei discenti “( Corte d’Appello Bolzano Sez. lavoro, Sent., 01-06-2019 ).
Il lavoro agile è previsto espressamente solo per gli ATA
La Direttiva n.1 del Ministero per la Pubblica Amministrazione del 25 febbraio 2020, afferma “le amministrazioni sono invitate, altresì, a potenziare il ricorso al lavoro agile, individuando modalità semplificate e temporanee di accesso alla misura con riferimento al personale complessivamente inteso, senza distinzione di categoria di inquadramento e di tipologia di rapporto di lavoro”. Il lavoro agile, come ricorda la nota MIUR del 6 marzo, nella scuola è contemplato espressamente solo per il personale ATA, non per il personale docente. Il lavoro agile previsto ai sensi dell’articolo 4, comma 1 lettera a) del DPCM 1° marzo 2020 è disciplinato dall’articolo 18, al 23, della legge 22 maggio 2017, n. 81. E nella legge in questione si specifica che “La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”. Tutto ciò ad oggi per il personale docente non è espressamente previsto,anche se con la didattica a distanza sostanzialmente si è in presenza di una forma di lavoro agile non riconosciuto.
Il personale docente può recarsi a scuola per la didattica a distanza, ma vanno garantite misure di sicurezza
Bisogna osservare che qualsiasi direttiva disposta da DS che imponga il rispetto dell’orario di lavoro ordinario, con la didattica frontale a distanza, rischia di essere illegittima, perché non contemplata dalla legge. In più bisogna tenere conto del fatto che il personale docente non è stato formato sul punto, che non tutti hanno una connessione internet in grado di soddisfare queste esigenze, che non si può pretendere in mancanza di disponibilità del lavoratore di utilizzare proprie strumentazioni o applicazioni, o strumenti privati di comunicazione, per soddisfare presunti obblighi di lavoro non contemplati da alcune fonte certa normativa. Sul punto, va osservato che la nota dell’ 8 marzo, che ricordiamo, è una nota, e non può innovare nulla dal punto di vista giuridico, e neanche essere vincolante, prevede che “per quanto concerne il personale docente, la presenza nelle istituzioni scolastiche è strettamente correlata alle eventuali esigenze connesse alla attività didattica a distanza”. Quindi si rileva che il personale docente per garantire l’attività didattica a distanza può recarsi a scuola, ma ciò significa che debbano essere garantite le più idonee misure di sicurezza, come previsto dall’articolo 2087 del Codice Civile, e soprattutto si conferma la contraddizione che sta emergendo nella sospensione dell’attività didattica. Non è superfluo rimarcare che è necessaria la disponibilità del docente in questione, per recarsi a scuola per l’esercizio dell’attività didattica a distanza, stante il fatto che si sarebbe formalmente nello status giuridico di sospensione dell’attività didattica.
Serve il consenso delle famiglie per l’utilizzo di strumentazione della didattica a distanza
Il Patto educativo di corresponsabilità, negli ordini di scuola dove contemplato, è il documento – firmato da genitori e studenti – che enuclea i principi e i comportamenti che scuola, famiglia e alunni condividono e si impegnano a rispettare. È mero un impegno formale e sostanziale tra genitori, studenti e scuola con la finalità di rendere esplicite e condivise, per l’intero percorso di istruzione, aspettative e visione d’insieme del percorso formativo degli studenti. Dunque, la collaborazione tra scuola e famiglia è fondamentale. In più, quando si tratta di minori si deve tenere conto che è necessario anche il consenso. Nel caso della didattica a distanza si può parlare di consenso digitale. Il DECRETO LEGISLATIVO 30 giugno 2003, n. 196 all’ Art. 2-quinquies (Consenso del minore in relazione ai servizi della societa’ dell’informazione) afferma: “In attuazione dell’articolo 8, paragrafo 1, del Regolamento, il minore che ha compiuto i quattordici anni puo’ esprimere il consenso al trattamento dei propri dati personali in relazione all’offerta diretta di servizi della societa’ dell’informazione. Con riguardo a tali servizi, il trattamento dei dati personali del minore di eta’ inferiore a quattordici anni, fondato sull’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), del Regolamento, e’ lecito a condizione che sia prestato da chi esercita la responsabilita’ genitoriale. 2. In relazione all’offerta diretta ai minori dei servizi di cui al comma 1, il titolare del trattamento redige con linguaggio particolarmente chiaro e semplice, conciso ed esaustivo, facilmente accessibile e comprensibile dal minore, al fine di rendere significativo il consenso prestato da quest’ultimo, le informazioni e le comunicazioni relative al trattamento che lo riguardi.)
Pertanto, il consenso delle famiglie è richiesto per poter utilizzare gli strumenti informatici per la didattica a distanza nel caso di chi non ha compiuto 14 anni. Per gli altri, è sicuramente consigliabile, anche perché come ha avuto più volte modo di ricordare la Polizia Postale, è sempre bene monitorare l’attività dei minori quando si utilizzano certe e date strumentazioni informatiche e comunque mette al riparo la scuola ed il personale scolastico al riparo da eventuali contestazioni . Esiste d’altronde il Codice di autoregolamentazione ‘Internet e minori’ che riconosce il diritto del minore a uno sviluppo equilibrato, riconosce la funzione educativa, che può essere agevolata da un corretto utilizzo delle risorse presenti sulla rete telematica al fine di aiutare i minori a conoscere progressivamente la vita e ad affrontarne i problemi ed i pericoli ma si afferma l’esigenza di bilanciare i diversi diritti fondamentali eventualmente contrapposti: la tutela dei minori, il diritto all’informazione e la libertà di espressione dei minori e di tutti gli altri individui e pertanto appare necessario provvedere alla tutela generalizzata del minore nell’ambito dell’uso sicuro delle tecnologie della società dell’informazione e delle comunicazioni elettroniche.
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