Dalla Buona Scuola al Concorso a Cattedra: precari e non abilitati, quali criticità?

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di Rosanna Sanny Calvino, LeggiOggi,  1.2.2016 

–  Il parere del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione

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Le critiche e le contestazione sulla riforma complessiva della scuola avvenuta attraverso la legge 107/2015 (conosciuta come la “Buona Scuola”) sono ancora molto accese e investono in questi mesi anche il nuovo bando di concorso a cattedra atteso per la prima decade di febbraio. Il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI), organo di recente insediamento, ha espresso il proprio parere nella seduta del 27 gennaio sul bando di concorso in questione.

Il parere non è giuridicamente vincolante, ma potrebbe incidere sulle ultime determinazioni del Ministro perché gran parte delle osservazioni rilevate sono volte a impedire possibili futuri contenziosi. Il CSPI ha esaminato cinque decreti in merito a: prove d’esame e programmi, tabella di valutazione dei titoli, requisiti dei componenti di commissione, ambiti disciplinari, riconoscimento dei titoli di specializzazione in italiano L2, e in aggiunta anche un’ordinanza che riguarda la composizione delle commissioni. E’ interessante sintetizzare il parere del CSPI in quanto riflette perplessità espresse da più parti: dai sindacati a tutti gli operatori della scuola.

Il CSPI ha sottolineato le criticità di trattamento in merito alla situazione del precariato, dopo i rilievi a fine 2015 dalle commissioni istruzione di Camera e Senato, chiamate ad esprimersi sulle nuove classi di concorso in via di approvazione definitiva e di adozione anche nelle procedure concorsuali. Il CSPI ha inoltre lodevolmente ricordato in merito alla questione del precariato il monito espresso dalla Corte di Giustizia Europea del novembre 2014 circa l’abuso della PA italiana nello stipulare contratti al personale docente in contrasto con la normativa europea e ha quindi sollecitato una più ampia inclusione nelle procedure concorsuali. Il CSPI pone,quindi, alcune perplessità in particolare per quanto riguarda l’esclusione dalla procedura concorsuale dei docenti non abilitati, specie per gli Istruttori Tecnico Praticiti (ITP) e per quanto riguarda i docenti della scuola dell’infanzia, esclusi dalla fase C delle immissioni in ruolo della ‘Buona Scuola’. Le esclusioni sono infatti anche foriere di disparità di trattamento.

Circa gli ITP, il CSPI evidenzia come “il numero di docenti abilitati è molto esiguo in quanto per gli ITP, non è mai stato istituito un percorso abilitante ordinario. Per tale ragione questo concorso risulta penalizzante perché non permette la partecipazione a docenti che in molti casi possono vantare competenze acquisite anche in relazione ai numerosi anni di servizio prestato.” Il CSPI menziona che “Per le classi di concorso di nuova istituzione non esistono docenti abilitati: sarebbe opportuno prevedere in modo esplicito la possibilità di partecipazione al concorso  per  i precari  aventi  i medesimi  requisiti  dei docenti di ruolo e che possono transitare in opzione su tali insegnamenti e che tali requisiti vengano enunciati chiaramente nel bando.” Ricordando inoltre il recente contenzioso il CSPI ritiene opportuno “chiarire  esplicitamente quali diplomi conseguiti al termine del percorso di sperimentazione siano equiparati al diploma magistrale; in particolare, riguardo alle diverse sperimentazioni  linguistiche.”

Il CSPI ha sollevato dubbi in merito alla procedura specifica per l’accesso ai posti di sostegno, che potrebbe accentuare la separazione, anziché l’integrazione, tra la figura del docente curricolare e quella del docente specializzato. La proposta di bandire posti specificamente sul sostegno è infatti una caratteristica di questo bando e potrebbe costituire una separazione della carriera tra docenti curriculari e di sostegno. Si ricorda che anche l’area sostegno è oggetto di delega prevista dalla legge 107/2015 e alcune delle proposte vertono su una specializzazione del docente di sostegno sulle tipologie di handicap in contrasto con la visione della rivoluzionaria legge Falcucci.

Non sono mancate dettagliate osservazioni relative ai prove di esame e ai programmi. Secondo il CSPI“ manca qualsiasi riferimento all’ampia normativa relativa alle alunne e agli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), a partire dalla legge 170/2010, continuando con le “Linee guida” (DM 12.7.2011) e, in particolare, con la direttiva del dicembre 2012. L’unico accenno è a una didattica personalizzata, finalizzata a chi ha bisogni educativi speciali: affermazione troppo semplicistica e non al passo con la recente normativa nazionale e internazionale ed anche con le stesse “Linee guida” ministeriali (che ad esempio definiscono in dettaglio la didattica personalizzata e la didattica individualizzata).”  Il CSPI suggerisce di modificare il punto 7 dell’ Allegato A del decreto sulle prove d’esame aggiungendo un riferimento alla disabilità attraverso la seguente modifica del testo: “Conoscenza dei modi e degli strumenti  idonei all’attuazione di una didattica individualizzata e personalizzata, coerente con i bisogni formativi dei singoli alunni, con particolare attenzione all’obiettivo de/l’inclusione degli alunni con disabilità e ai bisogni educativi speciali”.

Inoltre si suggerisce al punto 9 delle avvertenze generali di sostituire tutto il punto da “padronanza …” a “…persone (studenti e docenti)” con  la seguente riformulazione: “Conoscenza della normativa vigente in materia di Sistema Nazionale di Valutazione: conoscenza della normativa vigente in materia di valutazione degli alunni”.  Il CSPI ritiene che i contenuti delle prove di alcune classi di concorso siano esaurienti e ben impostati (sia nei programmi che nell’articolazione delle prove d’esame); per altre classi di concorso, detti contenuti risultano invece estremamente sintetici, non riportando i contenuti della prova e la sua durata (A07 – A 10 -A15 – A21 – A23); per altre ancora sembrano copie di programmazioni scolastiche e non contenuti di prove concorsuali (ad es., A08, in parte ambito 4 e 8).

Secondo il C.S.P.I. “emerge un prevalente aspetto nozionistico delle prove, anche scritte, che andrebbero riequilibrate a favore di competenze didattiche, metodologiche, relazionali richieste a un docente.” Nella prova orale, che rimane confermata come nella forma della lezione simulata, appare poi eccessiva l’insistenza sugli aspetti disciplinari (“scelte contenutistiche”, “contenuti della lezione”, “padronanza delle discipline stesse”)  tenuto  conto che  gli  aspiranti,  nella  stragrande maggioranza, sono docenti laureati e abilitati nella specifica classe di concorso.” Rispetto ai  quesiti in lingua, che dovrebbero essere inseriti nella prova scritta, il CSPI, pur sottolineando il valore della conoscenza di una lingua straniera di livello B2 per tutti gli insegnanti e, quindi, l’importanza di accertarla nelle prova scritta, ritiene opportuno ridurre l’incidenza della verifica di tale competenza rispetto alla valutazione complessiva di tipo culturale, metodologica e didattica: propone quindi di ridurre da 2 a 1 i quesiti in lingua della prova scritta, focalizzando l’attenzione sulla  verifica della capacità di comprensione di un testo  di  argomento attinente all’ambito disciplinare oggetto della prova di  concorso.

Accogliendo in parte le osservazioni dei sindacati sui criteri di valutazione dei titoli, il CSPI suggerisce una ridefinizione del numero dei titoli valutabili, considerato troppo alto (e quindi generatore di ricorsi e contenziosi). Quanto alla valutazione del servizio, “l’inserimento del servizio valutabile è un fatto positivo anche se risulta sperequato il punteggio previsto per ogni anno di servizio (0,5 ogni anno) a fronte del punteggio molto più alto riservato per esempio ai titoli di abilitazione (punteggio aggiuntivo di ben 5 punti). La non valorizzazione del servizio, quale elemento legato all’esperienza professionale, potrebbe portare ad un diffuso contenzioso. Il CSPI  propone di portare a punti 1 la valutazione per ogni anno di servizio.

Nel parere, infine, “si segnala l’incongruenza presente nella valutazione dell’abilitazione specifica (A.1.1.) relativa all’attribuzione di 0 punti per l’abilitazione conseguita con punteggio inferiore o pari a 75, e alla contemporanea attribuzione di 2,5 punti in tutti i casi in cui non sia indicato alcun punteggio o lo stesso non sia quantificabile.”

Il CSPI “raccomanda poi di valutare con particolare prudenza il riconoscimento scientifico delle pubblicazioni presentate ove si tratti di testi o porzioni di testo non pubblicati in sedi editoriali note e riconosciute negli ambiti scientifici disciplinari. Si propone di valutare un ridimensionamento del punteggio attribuito a ogni testo o porzione di testo.”.

Alcuni membri del CSPI si sono astenuti nella votazione conclusiva, in ragione dell’unico punto di discordanza emerso nella discussione, in merito alla proposta di portare da 0,5 a 1 il punteggio previsto nella tabella di valutazione dei titoli per un anno di servizio. Nonostante tutto, il parere, non vincolante, alla fine è stato votato a maggioranza, con otto astensioni. Solo la pubblicazione del bando renderà chiaro se il MIUR si adeguerà alle osservazioni esposte. Noi ci auguriamo un maggiore ascolto da parte del MIUR.

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Dalla Buona Scuola al Concorso a Cattedra: precari e non abilitati, quali criticità? ultima modifica: 2016-02-01T20:50:44+01:00 da
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