di Maurizio Tiriticco, Educazione & Scuola, 25.3.2016
– In una società in cui ormai si pensa con le mani e si fa con il cervello, il rapporto tra scuola e lavoro non dovrebbe essere solo un’alternanza, ma una vera e propria continuità. Oggi, in una società avanzata, non c’è prima il pensare e poi il fare: sono tristi eredità di un mondo in cui pochi pensavano sfruttando i molti che lavoravano… e solo con le mani. Apprendere per tutta la vita significa oggi e domani conoscere e fare in perfetta sintonia e continuità. L’ALTERNANZA non solo non va cancellata ma trasformata in CONTINUITA’. Si veda anche la mia recente polemica con Umberto Galimberti, a cui ho opposto le sagge, ma inascoltate, argomentazioni di Martha Nussbaum.
Occorre anche pensare che non parlare OGGI – e operare conseguentemente – in materia di continuità studio/lavoro (attenzione! Non c’è un trattino, che divide, ma una sbarretta, indice di continuità/contiguità) è anche inutile, vago nonché scorretto in un sistema di istruzione in cui dobbiamo proporci di fare acquisire competenze. E queste quando mai si raggiungeranno da parte dei nostri studenti, se non insegniamo loro a coniugare fin da piccoli mani e cervello, conoscere e fare? Il fatto che di competenze si chiacchiera ormai da anni, almeno dal 1997, quando con la legge 425 tentammo di riformare l’esame di maturità (a tutt’oggi ancora non riformato!!!), ma che siano tuttora e chissà fino a quando una vaga chimera, ci deve far riflettere.
Che alla fine della quinta primaria e della terza media si certifichino “profili di competenza” è solo risibile e ne potremmo fare anche a meno. Preoccupa invece che alla fine dell’obbligo di istruzione la certificazione delle competenze, dopo un decennio (l’innalzamento dell’obbligo è del 2007) è a tutt’oggi un’operazione di sola facciata (eppure si tratta del livello secondo dell’EQF)! Per don dire del vuoto “incompetente” dell’esame dei nostri 19enni (eppure si tratta di un livello quarto EQF)!!! Insomma, l’Europa è sempre lontana mille miglia da noi anche in materia di istruzione! In conclusione, uno dei mille pasticci combinati dalla 107 è anche questo: di non avere posto il problema dell’alternanza nei modi corretti.
E mi piace sempre ricordare che un certo Talete, a cui si attribuisce l’inizio del pensare filosofico, era un semplice idraulico! E ho già scritto in qualche parte che sono d’accordo con il Giusti quando dice a Gino Capponi: “Gino mio, l’ingegno umano partorì cose stupende, quando l’uomo ebbe tra mano meno libri e più faccende”. Non c’è libro senza faccenda. Non c’è pensiero se non c’è azione. Non sto a tirar fuori la teoria delle dodici categorie kantiane o del cervello plastico di Marx: ormai le neuroscienze hanno fatto passi da gigante. Ma è noto a tutti che sono le condizioni materiali – l’aria, la luce, i suoni, il latte per il neonato e tutto ciò che poi segue per chi cresce/apprende – che provocano situazioni, stimolano problemi che poi in quanto viventi/operanti dobbiamo affrontare/risolvere. Il pensare svincolato dal fare produce sogni e illusioni se non, nel peggiore dei casi, disperazione e follia.
Quando la Montessori adottò quella strumentazione che oggi è parte viva di ogni nido o sezione di scuola per l’infanzia, venne tacciata da molti di pressappochismo: come se la pretesa spiritualità del bambino innocente – “il fanciullo tutto intuizione, fantasia, sentimento” dei programmi del 1955, ispirati dal pensiero di Maritain: di fatto la lezione montessoriana, a tanti anni di distanza ancora non era stata del tutto assimilata – dovesse emergere da chissà che cosa! Ebbene, sono i condizionamenti materiali che provocano crescita, sviluppo, apprendimento. Lo spirito, anche quello più elevato, non si regge da solo! Per analogia, è il toccar con mano gli oggetti che provoca reazioni e apprendimento.
Per tutte queste ragioni, a mio avviso, parlare di alternanza significa persistere nel dare ragione all’attualismo di Gentile e alla sua riforma, della quale non siamo ancora riuscirti a liberarci: i licei sono ancora oggi scuole di pura contemplazione! Il pensare regna sovrano e le contaminazioni con le cose concrete, con le faccende del Giusti, sarebbero letali! Di qui l’unica concessione che viene fatta alla scuola secondaria ancora per tanti versi sputatamente gentiliana, è quella dell’alternanza! No! Non ci libereremo mai da Gentile, finche non cominceremo a parlare di continuità o, se si vuole, di contiguità.
Il che comporta un’organizzazione scolastica diversa, certamente! Occorrerebbe superare e liquidare tante barriere, quelle che gli articoli 3, 4, 5 e 6 del dpr 275/99 suggeriscono con tanta chiarezza. Ma sono barriere che le istituzioni scolastiche da sole non possono superare, se a monte non si vara una legge di riforma, che intacchi realmente l’organizzazione ancestrale per classi, cattedre e orari, una legge che in tanti continuiamo ad aspettare… e che non è davvero la 107! La quale, invece, introduce nuove e più pesanti e ambigue chiusure. Per cui, pessimisticamente, di CONTINUITA’ non parleremo mai, ma zoppicheremo con ALTERNANZE di difficile realizzazione e scarsamente costruttive. E la tripartizione tra licei tecnici e professionali procederà all’infinito! E la certificazione delle competenze – ma quali? – saranno ancora una difficile chimera! E i nostri giovani vanteranno inutili diplomi e l’UE continuerà a produrre Raccomandazioni che il nostro governo continuerà, di fatto, ad ignorare…
Dall’alternanza alla continuità ultima modifica: 2016-03-26T04:43:37+01:00 da