Scuola e Università sono comunità, non contemplano la distanza

di Andrea Pertici, Huffington Post, 7.6.2020.

La politica guarda solo all’immediato, ma la Scuola è un investimento sul futuro. E’ un’istituzione aperta a tutti che non si risolve in attività di “erogazione” di “servizi” che possono avvenire anche a distanza. La Scuola è una comunità di persone necessarie per il compimento dei principi della Costituzione che fondano la nostra società, come quelli di democrazia, uguaglianza e solidarietà.

Gilda Venezia

Scuola e Covid-19

Negli ultimi giorni si è parlato un po’ della Scuola, finalmente. Si tratta di un ambito sul quale le misure di contenimento del Covid-19 hanno inciso moltissimo, ma che sembra essere rimasto marginale nel lungo e teso dibattito sulle riaperture. Come se la Scuola – e l’Università, che pone questioni non del tutto sovrapponibili, ma certamente connesse – fosse meno rilevante delle attività economiche.

La scuola di Calamandrei

Non stupisce se consideriamo che la politica è da tempo impegnata soltanto sull’immediato, mentre la Scuola è un investimento sul futuro. Come spiegava Piero Calamandrei, nel suo discorso al III congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale, nel 1950, essa è “organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente […], non solo nel senso di classe politica […], ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico”. È grazie alla Scuola, infatti, che la classe dirigente riesce a non essere “una casta ereditaria, chiusa, una oligarchia, una chiesa, un clero, un ordine”. E infatti – prosegue Calamandrei – “nel nostro pensiero di democrazia, la classe dirigente deve essere aperta e sempre rinnovata dall’afflusso verso l’alto degli elementi migliori». In questo senso la Scuola «è il completamento necessario del suffragio universale”.

Scuola e Costituzione

È la Scuola come istituzione, che per questo ”è aperta a tutti” (art. 34 Cost.) e deve essere regolata e istituita (anzitutto) dallo Stato (art. 33 Cost.).

Il Covid-19  ha eliminato l’attività in presenza

L’emergenza pandemica ha messo sotto stress anche questo segmento della vita democratica. Naturalmente, ci rendiamo conto che l’ambiente scolastico è potenzialmente molto pericoloso, a fronte del diffondersi di un virus. E infatti proprio a scuola, di solito, si diffondono le malattie anche meno contagiose. Nessuno nega, quindi la necessità che vi è stata di una interruzione delle attività in presenza e la loro sostituzione con attività a distanza. Queste, però, oltre a poter incappare in alcuni comprensibili problemi di funzionamento tecnico e ad avere evidenziato esperienze di emarginazione sociale, scontano comunque l’impossibilità di sostituire le attività in presenza. E ciò tanto più per gli scolari più giovani.

Non servizi ma principi costituzionali

La Scuola – come l’Università – non si risolve in attività di “erogazione” di lezioni, verifiche, esami, ricevimenti, che, in qualche modo, oggi può avvenire anche a distanza. La Scuola – come l’Università – è una comunità di persone, che si incontrano in un luogo (fisico) che è lo stesso per tutti, dove tutti sono circondati dallo stesso ambiente, entrano in contatto con le stesse persone, sentono parlare nello stesso modo (anche fuori dall’orario di lezione) e ciò riduce certamente le distanze sociali. Senza considerare che molte volte una domanda posta mentre si sta uscendo da lezione o l’incontro in corridoio con un collega o uno studente anche degli anni precedenti, apre un interessante confronto, fornisce un’idea da sviluppare, stimola riflessioni critiche utili allo sviluppo del sapere.

La distanza non funziona

Questo non può avvenire a distanza, dove tutto è programmato, compresso in un piccolo spazio (virtuale), privato di una piena gestualità, di un incontro pienamente umano. L’utilizzo di tecnologie che ci hanno consentito di svolgere attività a distanza, soprattutto all’Università, può rappresentare anche un’utile modalità con cui continuare a fare alcune cose (se non altro quando siano impossibili in presenza), ma, se vogliamo che la Scuola – e l’Università – rimangano comunità di persone, necessarie per il compimento degli stessi principi fondanti della nostra società, come quelli di democrazia, uguaglianza e solidarietà, che la nostra Costituzione indica in apertura, occorre tornare, con tutte le cautele del caso, alle attività in presenza. Saranno certamente necessarie misure di salvaguardia, che, dopo molti mesi, occorrerebbe essere stati in grado di individuare ed assumere. Magari anche comprendendo che servono maggiori investimenti, per migliorare ed allargare gli ambienti, renderli più igienici, ampliare gli orari, ridurre il numero di presenze nelle classi (o i corsi), migliorare il trattamento dei docenti e così via.

Durante la lunga fase del “lockdown” si sentiva spesso dire che da tutto quello che stava accadendo avremmo dovuto imparare qualcosa. I primi riscontri non sono molto positivi, a dire la verità, ma forse proprio sulla Scuola e l’Università si potrebbe cominciare a dare l’esempio.

Andrea Pertici, Professore ordinario di diritto costituzionale nell’Università di Pisa.

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