Astolfo sulla luna, 19.3.2020
– Alla fine è arrivata: il MIUR ci ha messo quasi un mese per emanare in merito alla didattica a distanza una direttiva, non è ancora dato di capire quanto cogente, in forma di “nota”, firmata da Marco (noto come Max) Bruschi.
Nella medesimo documento si legge (nota n.388/2020, fonte: Vita online del 18/3/20):
“Le attività di didattica a distanza, come ogni attività didattica, per essere tali, prevedono la costruzione ragionata e guidata del sapere attraverso un’interazione tra docenti e alunni. […] Il solo invio di materiali o la mera assegnazione di compiti, che non siano preceduti da una spiegazione relativa ai contenuti in argomento o che non prevedano un intervento successivo di chiarimento o restituzione da parte del docente, dovranno essere abbandonati, perché privi di elementi che possano sollecitare l’apprendimento.” (sottolineatura e corsivi miei)
Sembra di capire che il neodirigente ministeriale (dopo una brillante carriera presso l’USR lombarda) punti il dito sulla diffusa prassi consistente nel “caricare” documenti di natura didattica su qualche piattaforma online, o più probabilmente, nel registro elettronico che da qualche anno è stato adottato nella quasi totalità delle scuole italiane. A tempo di record infatti, come lo stato di calamità che stiamo vivendo impone, il dott. Bruschi deve aver analizzato i questionari che con scadenza lunedì 16 gli sono pervenuti da tutte le scuole del nostro sfortunato paese, deducendone quanto sopra.
Ora, dopo aver ricordato che “ La didattica a distanza prevede infatti uno o più momenti di relazione tra docente e discenti, attraverso i quali l’insegnante possa restituire agli alunni il senso di quanto da essi operato in autonomia,” (sottolineatura e corsivo miei), l’estensore della nota spiega come sia necessario accertare l’efficacia degli strumenti adottati in funzione dell’apprendimento degli studenti. Pare quindi inoppugnabile il motivo per cui sia da escludere dalle prassi corrette la didattica a senso unico. Si aggiunge che “È ovviamente da privilegiare, per quanto possibile, la modalità in «classe virtuale»”.
Tradotto in pratica, ed è bene che l’opinione pubblica ne sia informata, tutti gli insegnanti sono tenuti a trasformare la loro prestazione professionale in lavoro agile (preferiamo tradurre in questo modo il neologismo smart working, in uso nel nostro paese ma completamente sconosciuto nei paesi anglosassoni dove si parla di flexible work arrangements[1]), ossia in un numero di ore di lavoro quotidiano imprecisato ed imprecisabile. In altre parole, da inizio di marzo tutto il nostro lavoro si è trasformato improvvisamente e completamente in lavoro sommerso.
Come sostiene dottamente il dirigente Bruschi “La didattica a distanza, in queste difficili settimane, ha avuto e ha due significati. Da un lato, sollecita l’intera comunità educante […] a continuare a perseguire il compito sociale e formativo del «fare scuola» […] Dall’altro lato, è essenziale non interrompere il percorso di apprendimento”. In poche parole ciò significa in primo luogo adottare quella didattica a doppio senso di marcia ben chiarita prima. In secondo luogo, e per usare le parole dell’estensore “Mantenere viva la comunità di classe, di scuola e il senso di appartenenza, combatte il rischio di isolamento e di demotivazione”. Questo doppio ruolo di noi insegnanti, spiega bene il perché anche noi si deve essere tendenzialmente disponibili ad interagire con i nostri studenti a qualsiasi ora del giorno.
La fonte a cui ho attinto sostiene la tesi secondo cui “l’obiettivo della nota, ferma restando l’autonomia di ogni scuola, è dare un quadro rispetto alla sostenibilità operativa, giuridica e amministrativa della didattica a distanza, cominciando dai tanti problemi legati alla privacy degli studenti.” (sottolineatura mia) A mio modesto parere, il quadro fornito dalla nota, se è chiaro dal punto di vista operativo, lo è molto meno dal punto di vista amministrativo, considerata proprio la risposta autonoma data da ciascun istituto scolastico all’emergenza sanitaria via via più stringente. Sempre a parer mio, tale nota non può avere nessuna rilevanza giuridica, proprio perché non è pensabile ora l’inserimento nel contratto collettivo degli insegnanti (e tantomeno nel contratto di ogni singola istituzione scolastica) dell’istituto giuridico del lavoro agile. Da escludere totalmente è invece la rilevanza della nota in esame riguardo al diritto alla privacy, considerati i giganteschi problemi creati proprio dall’utilizzo di piattaforme, portali didattici, social e quant’altro – in modalità asincrona ma soprattutto sincrona – tecnologie assolutamente indispensabili per gestire la modalità didattica consigliata dal dirigente ministeriale.
Ecco perché il documento si chiude con un “Siamo tutti consapevoli della sfida che il Paese tutto sta affrontando e che richiede a ciascuno sacrifici e responsabilità nei comportamenti. La scuola è in prima linea . […] Nessuno deve essere in sosta, in panchina, a bordo campo.«Ibi semper est victoria, ubi concordia est»”. Aldilà della vieta metafora sportiva (in grassetto nel testo), ho trovato più interessante la dotta citazione, che rivela il neodirigente come uomo di lettere: non essendo del campo, mi è stato necessario scoprire che fra le più note sentenze del drammaturgo Publilio Siro, liberto vissuto ai tempi di Cesare e suo cantore quando il console sconfisse l’ultimo re della Numidia, si ricorda anche «Etiam capillus unus habet umbram suam». Ci auguriamo che l’esile ombra proiettata dal lavoro, speriamo intelligente, che ognuno di noi compie entro le propria mura domestiche, possa infondere una qualche speranza alla nostra collettività, nel pensiero di chi sta lottando duramente in prima linea.
19 marzo 2020 Astolfo sulla Luna
[1] Per una definizione vedi https://www.entrepreneur.com/encyclopedia/flexible-work-arrangements
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Didattica a distanza e lavoro agile ultima modifica: 2020-03-20T05:27:00+01:00 da