Occorre quindi fare chiarezza, ma dal ministero non arrivano ancora indicazioni in tal senso. A cosa, quindi, occorre far riferimento?
Bisogna innanzitutto ricordare che mentre all’inizio di questa emergenza l’attivazione della didattica a distanza era una possibilità, essa è diventata la “modalità scuola” a partire dal DPCM 4 marzo 2020. In questo modo c’è il bypassamento degli organi collegiali. Dunque gli insegnanti sono in servizio a lezioni didattiche sospese in presenza e attivano la didattica a distanza.
Da questo momento in poi, però, emergono le problematiche. Come si organizza la didattica cercando di evitare il mero invio di compiti a casa? In che modo va esercitata una necessaria attività di programmazione, al fine di evitare sovrapposizioni tra l’erogazione a distanza, nella forma delle “classi virtuali”, tra le diverse discipline ed evitare sovrapposizioni?
Domande che allo stato non hanno avuto risposta organica ed è stata lasciata libertà ai dirigenti, spesso anche ai singoli docenti, di interpretare le disposizioni ministeriali. Ed ecco che il problema ritorna. Il Dirigente Scolastico può chiedere conto di quanto svolto in questo periodo? Può imporre orari di lavoro? le risposte sono univoche: in entrambi i casi è no.
Il docente non è tenuto al rispetto del normale orario di lavoro settimanale. D’altronde nulla è stato detto dal Ministero circa un ipotetico orario di lavoro, ben consapevole che l’utilizzo di questa modalità di insegnamento sta coinvolgendo gli insegnanti – tra formazione, aggiornamento, preparazione di materiale, videolezioni – spesso anche ben oltre il numero di ore canoniche svolte in classe. Allo stesso tempo il dirigente non può imporre altro controllo sulle attività didattiche degli insegnanti.
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