di Flavia Amabile, La Stampa 15.2.2018
Che farebbe oggi Giovanni Pascoli o Natalino Sapegno, che un tempo insegnavano alle superiori? Come affronterebbero gli studenti e soprattutto i loro genitori? Come si troverebbero in un mestiere che ogni giorno di più diventa uno scontro (a volte anche fisico) con adulti e ragazzi?
Possiamo solo immaginare il loro disorientamento così come assistiamo alle enormi difficoltà che incontrano gli insegnanti contemporanei. Le aggressioni per un brutto voto, un rimprovero, un no sono sempre più frequenti. Nei casi più gravi diventano un caso di cronaca come è capitato non solo ieri ma anche sabato scorso quando un genitore ha aggredito un vicepreside che aveva rimproverato il figlio. E dieci giorni fa, quando una professoressa era stata accoltellata da un alunno e qualche settimana fa quando un dirigente scolastico era stato minacciato dal padre di un altro.
Molto più spesso le aggressioni restano insulti o molestie senza conseguenze penali – dunque non escono dalle mura scolastiche -, ma non per questo non esistono o creano problemi. Anzi, sono un motivo di sempre maggiore tensione e sono in costante aumento, come sostengono tutti coloro che hanno a che fare con il mondo della scuola.
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Gli unici dati aggiornati e rappresentativi sono quelli raccolti dal sito Skuola.net. Tra coloro i cui genitori hanno partecipato ai colloqui (la stragrande maggioranza, 8 su 10), il 7% riporta un litigio tra uno dei prof e il proprio genitore. Questi fenomeni sono più presenti al Nord (12%) e nelle scuole professionali (20%). Nella metà dei casi il litigio si limita a insulti o comunque si ferma alle parole. Nell’altra metà dei casi, invece, diventa violenza fisica che può partire sia dai genitori che dai docenti.
È cambiato il rapporto tra genitori e scuola, vanno ripetendo da tempo insegnanti e dirigenti. Roberta Fanfarillo rappresenta i dirigenti scolastici della Flc-Cgil. Dalle sue parole emerge la «crescente difficoltà di fare da cuscinetto tra le richieste delle famiglie sempre più personali e quelle delle scuole che invece devono tener conto degli interessi di un gruppo». Secondo Fanfarillo, il rapporto si è rovesciato: «Le famiglie sono sempre più protettive nei confronti dei figli e chiedono alle scuole di adattarsi alle esigenze degli alunni, mentre un tempo era l’alunno a doversi adattare alle regole delle scuole. Un esempio è la richiesta – che prima non esisteva in questi termini – di mandare via dalle classi delle scuole primarie alunni con disturbi di apprendimento. Negli ultimi tempi iniziano ad arrivare lettere ufficiali di gruppi di genitori firmate da avvocati. Tutto questo crea un clima teso che ha serie ripercussioni sulla classe».
È stato svilito il ruolo dei professori, non hanno più l’autorevolezza di un tempo. A sostenerlo non sono i professori, i dirigenti o comunque qualcuno del mondo degli adulti, ma gli stessi ragazzi. Giammarco Manfreda, coordinatore nazionale della rete degli studenti medi (vale a dire gli studenti delle scuole superiori): «Il fenomeno dei genitori aggressivi esiste. D’altra parte dopo tutti questi anni in cui le istituzioni hanno messo in discussione il ruolo e il valore sociale dei professori è anche inevitabile che possa accadere. La violenza è sempre di più nelle nostre vite, basta vedere quello che accade nella politica. Ed è entrata anche nelle scuole». Anche fra i ragazzi? «Purtroppo molto spesso le scuole non riescono più ad aprire canali di comunicazione con gli studenti, soprattutto con quelli che hanno maggiori difficoltà», risponde Manfreda.
Oppure Daniele Grassucci, di Skuola.net: «Basta leggere i Rav, i documenti di autovalutazione delle scuole, per comprendere il disagio sempre più diffuso di un rapporto con i genitori che, come denunciano gli istituti, delegittima la funzione istituzionale delle scuole e ostacola la crescita serena e consapevole dei ragazzi».
I genitori dell’Age (Associazione Italiana Genitori) non nascondono le responsabilità di madri e padri ma chiedono «strumenti concreti per accompagnare i genitori all’interno della scuola e nell’educazione dei figli, e rivalutare il ruolo e la funzione sociale dei docenti all’interno della scuola», afferma la presidente Rosaria D’Anna.
Angela Mambretti Nava, presidente del Coordinamento Genitori Democratici, invece, chiede l’intervento del Miur «che ha più filo da tessere» perché «sembra quasi che con questa crisi che investe l’immagine della scuola pubblica ci si senta autorizzati a comportarsi male nei confronti della stessa» ed è come se tra scuola e famiglia «si fossero create due corporazioni contrapposte, non in grado di comunicare fra loro. Inoltre va ricordato che nonostante studi e concorsi i professori non vengono formati a comunicare con le famiglie». E non risulta che di questo si sia mai nemmeno per sbaglio parlato durante la trattativa del rinnovo del contratto di queste ultime settimane.
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Docenti sviliti e genitori in cattedra, il paradosso della scuola al contrario ultima modifica: 2018-02-19T05:28:09+01:00 da