di Federico Marcon, l’Espresso, 1.2.2018
– E’ la materia più bistrattata dall’insegnamento. Grazie alle ultime riforme sta lentamente scomparendo.
Tutti la riscoprono, ma i ragazzi non la studiano. La geografia nell’ultimo decennio è diventata la cenerentola delle materie scolastiche. Riforma dopo riforma, il ministero dell’Istruzione ha drasticamente ridotto le ore dedicate al suo insegnamento.
È stata soprattutto Maria Stella Gelmini, quando era titolare del ministero di viale Trastevere, a tagliare fortemente il monte orario della geografia nelle scuole. Con la sua riforma, tra il 2008 e il 2010, sono diminuite le ore settimanali dedicate alla materia nelle scuole elementari da tre a due, così come nelle scuole medie.
Nei licei classico e scientifico, invece, lo studio della geografia, relegato ai soli primi due anni già dalla riforma Moratti, è stato quasi completamente accantonato. Sono state eliminate le due ore settimanali dedicate alla materia, sostituita da un nuovo insegnamento creato dal nulla, la “geostoria”. A questo sono dedicate tre ore settimanali, da spartire a discrezione del docente tra geografia e storia. Il risultato è che sempre più spesso l’insegnamento della disciplina viene relegato ai ritagli di tempo.
La riduzione delle ore di geografia ha colpito anche gli istituti tecnici e quelli professionali, dove si studiava la materia in alcuni suoi aspetti più specifici: come quello economico o turistico.
Il monte orario prospettato dalla riforma Gelmini è in vigore ancora oggi.
Per risollevare la situazione, quattro anni fa il governo Renzi aveva promesso di investire 13,2 milioni di euro tra il 2014 e il 2015 per reinserire un’ora di geografia negli istituti tecnici e professionali. Una notizia che aveva fatto ben sperare, in particolare le associazioni degli insegnanti. Tuttavia, nella riforma delle classi di concorso del decreto “Buona Scuola” è stato consentito ai professori abilitati in italiano e scienze di insegnare la geografia «pur in assenza di requisiti e di abilitazione» specifici. Gli insegnanti abilitati hanno presentato ricorso al Tar del Lazio che, il 7 novembre 2017, gli ha dato ragione: solo loro possono occuparsi dell’argomento. Una piccola rivincita per la materia più bistrattata della scuola italiana.
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