il Giornale, 4.2.2023.
Non ha alcuna intenzione di arretrare di un solo centimetro Maria Cristina Finatti, la professoressa colpita in classe con una pistola a pallini e filmata dai suoi studenti. Loro – una volta querelati dall’insegnante – si sono scusati dopo quei fatti avvenuti nell’ottobre scorso. Ma lei non si ritiene soddisfatta. Finatti sostiene infatti che gli studenti l’abbiano colpita “perché cercano i follower, la condivisione sui social. E subito dopo cercano i soldi. Perché non hanno educazione, né un sentimento di riconoscimento del prossimo. Perché non si rendono conto di quello che fanno e io proprio non riesco a perdonarli”. E anche nei confronti di Luciana Littizzettol’atteggiamento è tutt’altro quello del perdono.
La provocazione rivolta alla Littizzetto
La stilettata nei confronti della comica da parte della professoressa non lascia scampo. Al giornalista che le ricordava la frase della Littizzetto (“Se ti sparano in classe non hai proprio una grande empatia con i ragazzi”) Finatti risponde in questo modo: “Difficile che uno mi possa dire che non ho interessato gli studenti, solo chi non mi conosce può parlare così. Una che dice queste cose non la considero neanche. Ha una parola per tutto, la Littizzetto? E perché ha lasciato la scuola? Ha trovato di meglio nel mondo dello spettacolo? Io la scuola non la lascerei anche se dovessi trovare di meglio. E poi, mi chiedo, Luciana Littizzetto che cosa fa per i giovani? La verità è che bisogna farli lavorare e io da loro pretendo. Oggi, però, i ragazzi, tutti, non solo quelli che mi hanno fatto del male, mi spaventano”. In effetti ‘Lucianina’ Littizzetto aveva intrapreso, a metà degli anni ’80 l’insegnamento della musica alla Scuola media statale Carlo Levi di Torino: una professione che la terrà occupata per nove anni prima di cambiare completamente strada. Ma, di quel trascorso lavorativo, evidentemente si è ricordata poco o nulla visto quella battutaccia che si era lasciata scappare.
Nel frattempo la scuola ha risposto a Finatti con tre sospensioni “con obbligo di frequenza. La preside mi ha tenuto fuori da tutto, non so nulla dell’inchiesta interna. Mi ha tolto tre classi, questo sì, di nove che ne avevo. Ho temuto che me le togliesse tutte e nove”. Secondo la prof “dovrebbero ricevere una punizione superiore a quella di oggi. Sono stati sospesi per cinque giorni con l’obbligo di frequentare un’associazione collegata all’istituto. Mi sembra poco. E il resto della classe continua a prendermi in giro a distanza, anche se non sono più lì. Hanno preso una nota per questo, con un altro docente”.
Il racconto di quella giornata
La professoressa racconta così per la prima volta, in un’intervista a Repubblica, che cosa successe l’11 ottobre 2022, rivelando inoltre che la preside dell’istituto le ha tolto successivamente tre classi. Ricorda che quel martedì era alla quarta lezione con loro. “In fondo alla classe c’era quello con la pistola, a fianco a me, alla mia destra, il compagno che doveva far partire il telefonino. L’avevano appoggiato sul banco, e tenuto diritto da uno zaino. Avevano organizzato tutto”. Secondo Maria Cristina Finatti loro “hanno spinto uno dei ragazzi a sparare, lo dirà anche lui: ‘Mi hanno costretto'”.
Poi, il secondo colpo: “Ero seduta alla cattedra e ho sentito un dolore fortissimo. Mi sono alzata. Non avevo visto sparare, no. Non avevo visto neppure la pistola giocattolo”. La preside, racconta la prof, le ha intimato di andare a casa. “Mi avevano sparato ed ero io il problema, sembrava fosse colpa mia, che avessi fatto male in classe. Non ha neppure chiamato i carabinieri. Avrei dovuto andarci io, con i pallini in mano. Invece li ho consegnati al vicepreside”. Nello stesso momento gli alunni avevano già inviato il primo video su WhatsApp. “Il vicepreside l’ha visto subito, ma non ha voluto mostrarmelo. Io l’ho recuperato dopo una settimana. Successivamente, è entrato nella lavatrice social e a gennaio è riesploso. Credo che senza video, e la pubblicità al caso che ha imposto, la vicenda degli spari si sarebbe chiusa. Oggi, dico, senza quelle immagini così plateali non saprei come difendermi”.