“Educazione civica a scuola? Politica impone ai giovani ciò che non sa offrire con l’esempio”

la Repubblica ed. di Parma, 4.1.2019

– Il dirigente scolastico Eramo: “Le competenze sociali e civiche si imparano facendo non studiando l’ennesimo libro sulle regole e sulla Costituzione”

“Finché era l’Anci a proporla, un po’ la scusavamo…i sindaci vedono il degrado dei comportamenti e pensano che la scuola debba fare di più (come sempre, come tutti). Ora però ci si è messo pure il ministro, che di scuola dovrebbe capirne”.

Ecco allora che Pier Paolo Eramo, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo Jacopo Sanvitale – Fra Salimbene di Parma, offre qualche riflessione per scongiurare “una riforma inutile”.

“Le competenze sociali e civiche – di questo si parla – non possono essere confinate a una materia, ma sono le condizioni di ogni apprendimento significativo. Confinare l’educazione alla cittadinanza a un solo docente con un’ora settimanale significa in primo luogo deresponsabilizzare gli altri; in secondo luogo minare tutto il lavoro fatto da dieci anni a questa parte sulle competenze, che sono appunto un insieme di conoscenze e abilità che vanno ben oltre le singole materie e che devono dimostrarsi in comportamenti concreti nei confronti dei compagni, degli adulti, dell’ambiente di vita.

Chi insegna a un ragazzo il senso della raccolta differenziata, il rispetto del turno di parola, l’empatia verso chi ha bisogno, l’ascolto di un compagno che sta parlando, l’importanza dell’onestà e dell’impegno personale, l’importanza di spegnere la luce o di lasciare in ordine un’aula? il docente di educazione alla cittadinanza?

Chi gli farà capire che è sbagliato estorcere la merenda, rubare i soldi, pisciare fuori dal vater, copiare i compiti, dare la colpa agli altri di un’azione commessa, prendere in giro sui social il compagno meno figo, meno trendy, meno ricco, meno bianco?

L’intera scuola deve essere impegnata in questa battaglia di civiltà, e prima della scuola la famiglia, e, fuori dalla famiglia e dalla scuola, gli adulti di questo paese gli uomini delle istituzioni, che devono ricordarsi tutti i giorni di essere esempio per i ragazzi ed esercitare costantemente il loro ruolo educativo.

Ma, soprattutto, le competenze sociali e civiche si imparano facendo, ricoprendo ruoli e responsabilità fin dalla scuola elementare, non studiando l’ennesimo libro sulle regole e sulla Costituzione (temi già presenti in tutti i libri di testo).

I bambini e i ragazzi devono apparecchiare e sparecchiare la tavola a mensa, lavorare nell’orto della scuola, prendersi cura dell’ordine e della pulizia, partecipare alla gestione della vita di classe e alla soluzione dei conflitti, scrivere e riscrivere le regole negoziandole con gli adulti, esprimere loro rappresentanti, essere chiamati a rispondere dei loro comportamenti, a riflettere sui loro errori e sui loro progressi, come si fa con gli adulti. Tutte cose che non hanno a che fare con una materia.

Così come devono fare fin da subito attività di volontariato, viaggiare all’estero, fare scambi di classe, scoprire esperienzialmente la solidarietà, la povertà, l’impegno per gli altri. Organizzare una raccolta fondi, una merenda solidale, un ballo della scuola, un servizio d’ordine, una mostra, un concorso.

Devono sedersi tra i banchi del Consiglio comunale – come meritoriamente si fa a Parma – imparare sul campo i meccanismi della democrazia, incontrare da subito la vita vera delle nostre città. Basta trattarli da sottosvilupati da iperproteggere e farcire di nozioni.

Per fare questo la scuola deve cambiare, certo, e le famiglie devono aiutarla. Gli insegnanti devono sempre più comportarsi come gli allenatori sportivi o i maestri di arti marziali o come quegli artigiani anziani che danno l’esempio, creano le condizioni, offrono lo spazio e gli attrezzi e poi fanno provare e riprovare, sbagliare e ripetere, fino ad arrivare a un apprendimento che non è mai solo teorico e che nasce prima di tutto dalla consapevolezza del proprio posto nel mondo e dal confronto con problemi reali.

Queste tristi ore di educazione alla cittadinanza sono invece una poverissima foglia di fico di un ceto politico incapace esso stesso di rispettare le istituzioni e la persona umana, che vorrebbe imporre ai giovani con le parole quello che non sa fare con l’esempio.

In questa proposta c’è un po’ lo scandalo del quaranta/cinquantenne che non si capacita del fatto che un undicenne lo mandi a …e dica parolacce inaudite, le stesse che ogni giorno sente per strada, in televisione e sulla rete. Rassicuriamo il nostro ministro, e pure l’Anci: quell’undicenne continuerà a mandare a …anche la sua prof di educazione alla cittadinanza”.

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