di Orsola Riva, Il Corriere della sera, 31.1.2020
«E vengono tutti questi genitori stanchi, in #libreria, a comprare #libri per i figli grandi, che poi sentono al telefono, per chiedere conferma, per essere sicuri – ma perché non vengono loro, i figli, che cazzo fanno, dove sono mentre mamma va a comprargli libri?». C’ha ragione da vendere, Emiliano Gucci, scrittore e libraio part-time di Prato, autore di questo post su Twitter . Ma la domanda andrebbe posta prima di tutto a noi, madri e padri, che abbiamo dimenticato com’era bello essere figli di genitori che magari si facevano un po’ più i fatti loro ma ci lasciavano fare i nostri. Che se entravano in libreria per comprarci un libro era per farci un regalo, non certo un commissione. Perché ai libri di scuola ci pensavamo noi. Genitori che dei nostri voti si interessavano solo quando glieli portavamo a casa (bei tempi quando non c’era il registro elettronico!). Ma anche in quel caso, mantenevano la giusta distanza. Eri andato bene: bravo, avevi fatto il tuo. Certo non gonfiavano il petto per questo. Eri andato male, allora ti toccava pedalare. Ma era un tuo problema.
Una stanza tutta per sé
Genitori che quando si era tutti quanti a casa, noi stavamo in camera e loro in salotto e se noi stavamo in salotto voleva dire che loro erano fuori a cena. Che quando uscivamo con gli amici ci chiedevano una sola cosa: a che ora torni? Punto e basta. L’importante era che fossimo puntuali. E noi, puntualmente, guardavamo l’orologio quando era già troppo tardi e allora scappavamo a casa a rotta di collo perché sapevamo che la libertà ha un prezzo. Mentre adesso che siamo genitori ci siamo ridotti a fare da servi ai nostri figli senza renderci conto che così non li rendiamo liberi. Tutto il contrario.
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