Anna Maria Bellesia La Tecnica della scuola, 24.11.2015.
I fatti di quel 13 novembre di sangue a Parigi e le successive immagini di una Bruxelles militarizzata e paralizzata ci inducono a riflettere e a chiederci perché siamo arrivati a tanto nel cuore dell’Europa.
Nel succedersi convulso delle notizie e della valanga di commenti, è difficile capire. A scuola, gli studenti chiedono spiegazioni. Non sono tutti figli delle app per smartfhone convinti che la vita sia un gioco virtuale.
Certo che non è un bel mondo quello che consegniamo alle nuove generazioni.
Se pensiamo che, agli inizi degli anni 2000, la cosiddetta “strategia di Lisbona” fissava per l’Europa il baldanzoso traguardo di diventare per il 2010 “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”, beh possiamo concludere che il fallimento è devastante.
Quello che ci aspetta, anche in Italia, sarà un Natale blindato e per niente sicuro, checché ne dicano i nostri ministri. Un Natale pesante, che fa venire in mente quel tragico Natale del 1984, quando un attentato terroristico la sera del 23 dicembre fece esplodere in una galleria dell’Appennino tosco-emiliano il treno rapido 904. La storia d’Italia, per decenni, è stata costellata di attentati terroristici: terrorismo di sinistra, terrorismo di destra, terrorismo mafioso, al quale, dopo anni di indagini e processi, è stato attribuito l’attentato del Natale 1984.
Ripensando a quell’episodio che ci insanguinò il Natale, torna di sorprendente attualità il discorso tenuto al Senato dall’allora presidente del consiglio Bettino Craxi. In aula, il 27 dicembre, Craxi cercò di rendere conto sui possibili mandanti. Le ipotesi andavano soprattutto nella direzione del terrorismo eversivo di destra visto che negli anni precedenti c’erano stati gli attentati dell’Italicus nel 1974 (i cui imputati furono però assolti nel 1983 per insufficienza di prove) e della stazione di Bologna nel 1980. Craxi non escluse neppure la pista della criminalità organizzata.
Tuttavia, il passaggio tornato di attualità è l’ampio riferimento dedicato alla pista “dell’integralismo islamico”. Sono note, disse Craxi, le minacce che da questo settore vengono rivolte a singoli stati europei. Sono noti i fatti che in più occasioni ne sono seguiti, nonché la tendenza ad esportare in altri paesi gli esiti di tensioni e conflitti. L’Italia in quel periodo si trovava minacciata per l’arresto di alcuni terroristi.
Da allora sono passati 31 anni, e “l’integralismo islamico”, che era considerato una minaccia, è stato lasciato crescere e ramificare. Nel frattempo, ci sono state le guerre in Iraq, in Afganistan, nella ex Jugoslavia (con contrapposizioni non solo etniche ma anche religiose), la guerra civile in Siria, l’attacco alla Libia. Per ricordare solo le principali.
L’unico capo di stato che, a posteriori, ha ammesso gli errori fatti è stato l’ex premier inglese Tony Blair, principalmente per non aver saputo comprendere le conseguenze della guerra in Iraq.
In mezzo c’è il giro immane degli affari sporchi ma molto redditizi intorno al mercato nero del petrolio, delle armi, dei reperti archeologici, dei trafficanti di uomini, dei sequestri, dei riscatti.
Leggere la storia aiuta a capire gli errori. Possiamo aiutare i giovani a conoscere e riflettere. Ma chi ha mai imparato qualcosa dalla storia?