I giovani sono “choosy”, “sdraiati”, “bamboccioni”? Ripassatevi l’esempio di Andrea Masi

linkiesta_logo2Linkiesta, 3.11.2018

– Morto sul lavoro, per un banale incidente, il diciottenne Andrea Masi. È il simbolo di una generazione villipesa, che invece esce di casa e si dà da fare. Un esempio da tenere a mente quando si parla di “sdraiati”.

Andrea Masi, anni 18, morto nella città shopping di Portello mentre alle quattro di mattina lavorava alla manutenzione dell’impianto elettrico, è uno di cui dovremo ricordare il nome per citarlo ogni volta che dalla politica, dall’impresa, dalla sociologia, dal giornalismo, viene fuori il raccontino dei giovani choosy, schizzinosi, sdraiati, insieme alla narrazione del ragazzo italiano medio che pretende la luna ma è allergico alla parola lavoro. L’immagine di questo adolescente appena uscito dalla scuola che di notte, in piedi sul retro di un muletto, monta fibre ottiche per consentirci la mattina dopo di posteggiare e andare a fare spese in sicurezza, è un potente anticorpo anche nel dibattito sul cosiddetto reddito di cittadinanza, dove anziché discutere su come far funzionare il collocamento si indulge nell’idea che qualunque sussidio sia beneficienza ai parassiti perché, figuriamoci, «chi di questi ha voglia di lavorare», «se davvero volessero un lavoro se lo sarebbero trovato», «la verità è che i giovani non hanno voglia di far niente».

Ragazzi come Andrea, più fortunati perché ancora vivi, affollano ogni giorno i luoghi dove noi adulti passiamo il tempo libero per necessità o per perdere tempo. Guardatevi intorno da Ikea, da Decathlon, da Leroy Merlin e in qualsiasi altro ipermercato, provate a passare la mattina molto presto – quando finisce il turno di notte – davanti ai centri di smistamento Amazon a Casirate, Passo Corese, Vercelli. Vedrete solo ragazzi e giovani uomini, tra i venti e i trenta, che la birra del sabato o la borsa nuova se le pagano con un lavoro da formiche, in genere precario, quasi sempre sottopagato.

Guardatevi intorno da Ikea, da Decathlon, da Leroy Martin e in qualsiasi altro ipermercato, provate a passare la mattina molto presto – quando finisce il turno di notte – davanti ai centri di smistamento Amazon. Vedrete solo ragazzi e giovani uomini, tra i venti e i trenta

Andrea in questo senso era un’eccezione. Aveva un contratto vero, a tempo indeterminato (pare). L’ha ucciso, forse, una fatale imprudenza: il guidatore della piattaforma elevatrice su cui lavorava è passato sotto una travatura bassa, lui era seduto di spalle, ha preso un tremendo colpo alla nuca e non c’è stato più niente da fare. Per le statistiche è uno dei due morti sul lavoro che si registrano in Italia ogni giorno. La magistratura ha aperto come è ovvio un’inchiesta, indagando per dovere d’ufficio il titolare dell’ipermercato. Ma quel che colpisce in questa storia è altro, è la biografia di questo operaio, maggiorenne da soli quattro mesi, appena diplomato all’istituto professionale di Saronno, che dieci minuti dopo aver finito le superiori era già in cerca di un lavoro, e alla prima offerta aveva detto sì, e la notte di Halloween invece di andarsene in giro con gli amici stava montando cavi nei sotterranei di Piazza Portello. Colpisce perché, a dar retta alla narrazione corrente, ragazzini così non esistono. Sono roba antica, da libro Cuore – Il Piccolo Scrivano Fiorentino, L’Infermiere di Tata – che non ha più cittadinanza nella realtà di oggi.

E allora, guardando l’ultimo selfie di Andrea Masi, con i guanti da lavoro e la sigaretta in bocca, dovremmo vergognarci, noi adulti, delle etichette che abbiamo appiccicato per anni al mondo dei ragazzini, prima tra tutte quella di bamboccioni. Lo abbiamo fatto per giustificare i nostri fallimenti, per dare un alibi all’Italia censitaria che abbiamo costruito, dove il lavoro ormai è solo questione di relazioni, e soprattutto per sentirci migliori. «Noi il nostro ce lo siamo preso, se non siete capaci di fare altrettanto è colpa vostra»: questo, alla fine, era il retropensiero di ogni invettiva moralistica sulla generazione “dei nullafacenti”. Ecco, la biografia di Andrea svela la malafede e l’inganno, ci impone di vedere le centinaia di migliaia di Andrea che fanno funzionare le cose che usiamo, i posti che frequentiamo, spesso invisibili nei magazzini o ai piani sottoterra.

Certo, sarebbe ingenuo aspettarsi che un fatto come questo scuota la cattiva coscienza collettiva. E tuttavia, prima che gli Andrea spariscano – già ne emigrano duecentomila l’anno – lasciandosi dietro solo i più garantiti e i più pigri, magari potremmo cominciare a chiederci che cosa possiamo fare per restituire ai disprezzati under 30 almeno il riconoscimento dei loro sforzi e delle loro difficoltà nel farsi strada, oltre la retorica dell’«era tanto bravo» che esercitiamo quando ne muore uno.

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I giovani sono “choosy”, “sdraiati”, “bamboccioni”? Ripassatevi l’esempio di Andrea Masi ultima modifica: 2018-11-03T22:43:37+01:00 da
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