I nuovi ITS: le miniuniversità private pagate con i soldi pubblici

Gilda Venezia

 di Fabrizio Reberschegg, dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 19.7.2022.

E’ necessario tornare a investire sugli attuali Istituti Tecnici

e sugli attuali Istituti Professionali Statali.

Gilda Venezia

Gli ITS (Istituti Tecnici Superiori) sono stati introdotti nel 2008 dal Governo Berlusconi IV e dalla ministra Gelmini. Erano immaginati in “fase sperimentale” come bienni post diploma organizzati in fondazioni gestite da privati (imprese, consorzi, ecc.) e Stato finalizzati a creare le competenze richieste da alcuni segmenti del mercato del lavoro strettamente legati alle esigenze di produzione territoriale I settori di riferimento erano : mobilità sostenibile, nuove tecnologie per la vita, nuove tecnologie per il Made in Italy, tecnologie innovative per i beni e le attività culturali-turismo, tecnologie dell’informazione e della comunicazione, efficienza energetica.

Nella mente di Gelmini erano considerabili come percorsi di specializzazione dopo il conseguimento di un diploma tecnico o professionale strutturati sulle specifiche esigenze delle imprese con una forte propensione all’inserimento diretto in produzione. Gli ITS hanno avuto in tutti questi anni una storia tormentata e legata a settori di nicchia. Bisogna prendere atto che in alcuni casi hanno raggiunto obiettivi positivi favorendo l’inserimento lavorativo di molti studenti. Con un decreto del ministero dell’Istruzione Bussetti (Conte I) ha introdotto, nel 2018, i Programmi di sviluppo nazionale che dovevano supportare la “filiera formativa” degli ITS, i quali, in stretta collaborazione con le imprese, “progettano e realizzano percorsi di alta formazione tecnica destinati a giovani e adulti e promuovono processi innovativi, tecnologici e organizzativi, prioritariamente correlati al Piano nazionale impresa 4.0.

Con il PNRR il governo ha deciso di puntare molte risorse sui nuovi ITS. ha stanziato circa 1,5 miliardi di euro in 5 anni, per favorire la creazione degli Its, e dunque la formazione a favore delle imprese. In concreto si può calcolare che ognuno dei 20.000 iscritti previsti più costerà ogni anno allo Stato circa 15.000 euro che finiranno nelle tasche dei formatori e delle aziende private che forniranno il  servizio di formazione e insegnamento. Si copia quasi integralmente il modello statunitense delle Corporate Academy, centri di formazione e di innovazione di tipo universitario, gestiti e finanziati direttamente dalle imprese. Nel caso italiano le imprese mettono poco, lo Stato molto. Nel progetto di riforma si ampliano gli ambiti di intervento degli ITS seguendo i desiderata delle imprese “innovative” con picchi di creatività sconcertanti. Si fa riferimento ad esempio a digital comunication e fashion styling, della eyewear product manager junior, della fashion shoes coordinator, ecc.

La preoccupazione è che, inseguendo una tale politica della formazione,  si indebolisca il settore degli Istituti Tecnici e, soprattutto, il segmento dell’istruzione professionale già fortemente penalizzata dalle “riforme” degli ultimi vent’anni. Nella visione di alcune forze politiche bisognerebbe tornare al progetto Moratti che immaginava l’istruzione secondaria di secondo grado organizzata tutta in Licei con percorsi post-diploma professionalizzanti e con una università legata a doppio filo con le esigenze produttive nazionale e dei territori. I nuovi ITS si collocano in questa contesto. Il Ministro Bianchi si è incensato e lodato per essere fautore della riforma degli ITS approfittando della confusione fatta dai giornali e dai media che crede che la riforma degli ITS rafforzi l’istruzione tecnica e professionale del sistema italiano. Tutto il contrario. E’ necessario invece tornare a investire sugli attuali Istituti Tecnici e sugli attuali Istituti Professionali Statali.

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I nuovi ITS: le miniuniversità private pagate con i soldi pubblici ultima modifica: 2022-07-19T07:28:31+02:00 da

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