Il 2018 della scuola, dalla A alla Z

tuttoscuola_logo14Tuttoscuola, 31.12.2018

– Come consuetudine da ormai tre lustri; Tuttoscuola ha realizzato il riepilogo dei principali avvenimenti che hanno riguardato la scuola italiana nell’ultimo anno.

Con l’occasione porgiamo a tutti i migliori auguri per un buon 2019!

A

Alternanza Scuola Lavoro
(ottobre) – “Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento” (PCTO). Questo è il nuovo nome assegnato all’Alternanza Scuola Lavoro. Ma non è solo il nome a cambiare. Cambia infatti anche la durata (90 ore nei licei anziché 200, 150 nel secondo biennio e nell’ultimo anno degli istituti tecnici e 210 nell’ultimo triennio dei professionali,  anziché 400) e diminuiscono i fondi ad essa destinati, che saranno assegnati alle scuole “nei limiti necessari allo svolgimento del numero minimo di ore”.
Molte e diffuse le proteste per il forte ridimensionamento di un’esperienza giudicata positivamente da molte imprese e scuole. Nel sito tuttoalternanza.it (portale promosso da Tuttoscuola in collaborazione con Civicamente/Educazionedigitale.it) è possibile reperire alcune di queste esperienze di successo, che hanno coinvolto oltre 3 mila studenti. Sono aperte le iscrizioni per il 2019.
Ma quale sarà esattamente la portata del cambiamento non è dato al momento sapere, anche perché le nuove linee guida saranno emanate dal Miur per decreto “entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio 2019”. In ogni caso la retromarcia suona come un ripiegamento della scuola tradizionale sulla propria autoreferenzialità.

Aprea
(marzo) – Valentina Aprea, già sottosegretario all’istruzione con il ministro Moratti ed ex-presidente della Commissione Cultura alla Camera, dopo l’esperienza come assessore per la Regione in Lombardia, ritorna in Parlamento da deputata, probabilmente destinata ad assumere incarichi di rilevanza (ministro dell’istruzione?) nel caso di costituzione di un governo di centro-destra.
La formazione di un governo giallo-verde, costringe Forza Italia a collocarsi all’opposizione, forse in attesa di tempi migliori.
L’on. Aprea, nell’ambito dei lavori della Commissione cultura e nel corso di diverse audizioni del ministro Bussetti, si distingue con interventi apprezzati anche da esponenti dei partiti di maggioranza e di opposizione, come nel caso della legge delega sull’educazione motoria nella scuola primaria, per la quale ha dichiarato: “Abbiamo depositato molte proposte di legge, ma abbiamo voluto partire da questa e abbiamo trovato terreno fertile. Non abbiamo dovuto faticare per convincere le altre forze politiche di maggioranza e le altre di opposizione sulla bontà di questo provvedimento“.

B

Bussetti
(giugno) – A sorpresa diventa ministro dell’istruzione Marco Bussetti, dirigente dell’USR Lombardia, preposto all’ambito di Milano, già professore di educazione fisica. A differenza del favorito della vigilia, il dirigente scolastico Salvatore Giuliano, che il M5S aveva candidato in campagna elettorale alla guida del Miur (per equilibri di coalizione poi toccato alla Lega) Bussetti non ha mai apertamente dichiarato la propria scelta politica, anche se negli ambienti milanesi lo si considerava simpatizzante della Lega.
Nelle occasioni pubbliche e nelle interviste rilasciate prima del nuovo incarico, in effetti, il nuovo ministro è sempre stato molto prudente, e si è espresso essenzialmente in qualità di tecnico, attento a osservare e far osservare la normativa vigente, compresa quella applicativa della Buona Scuola e quella riguardante temi politicamente delicati come l’inserimento scolastico dei bambini stranieri o la vaccinazione obbligatoria.
Nei mesi successivi, nell’esercizio delle funzioni di ministro, Bussetti ha tenuto fede a questa sua immagine di tecnico moderato: sull’alternanza scuola-lavoro ha dimezzato le ore (impegno contenuto nel ‘contratto’), ma ribadendo l’utilità dell’esperienza; sui compiti a casa ha invitato i docenti a “riflettere, anche collegialmente, sul loro carico”; sulla soppressione della chiamata diretta dei docenti si è limitato a ratificare l’accordo già intervenuto tra il Miur e i sindacati, e così via. Cautela e buon senso sembrano i tratti distintivi di questo tecnico prestato alla politica.

C

Concorso straordinario
(agosto) – Entra in vigore la legge ‘dignità’ n. 96/2018 che prevede, tra l’altro, un dispositivo per dare soluzione allo spinoso problema dei diplomati magistrali. Si tratta di un concorso straordinario per scuola primaria e dell’infanzia, non selettivo, che garantisce l’immissione in ruolo a tutti coloro che, possedendo i titoli di servizio richiesti (due anni nell’ultimo ottennio), vorranno partecipare.
Unica prova d’esame un colloquio per il quale è previsto l’accertamento di competenze metodologico-didattiche.
Sono trattati in ugual modo sia i diplomati magistrali sia i laureati in scienze della formazione primaria.
Per una probabile svista in sede di approvazione della legge, non viene previsto che il concorso sia riservato soltanto al personale precario, consentendo, quindi, la partecipazione anche ai docenti di ruolo i quali, forse per aggirare i lunghi tempi dei trasferimenti interprovinciali, partecipano in massa al concorso (16 mila su poco più di 42 mila candidati).
Nell’immediato i vincitori del concorso potranno accedere soltanto al 25% dei posti disponibili: per gli ultimi in graduatoria l’attesa del ruolo potrebbe durare molti anni.
Tuttoscuola organizza un corso di preparazione al concorso per scuola dell’infanzia (https://www.tuttoscuola.com/prodotto/verso-il-concorso-straordinario-scuola-dellinfanzia/) e primaria (https://www.tuttoscuola.com/prodotto/verso-il-concorso-straordinario-scuola-primaria/).

Compiti a casa
(dicembre) – In prossimità delle vacanze di Natale si riapre il dibattito sui compiti a casa. Vi partecipa lo stesso ministro Bussetti, che si dichiara favorevole al loro alleggerimento (https://www.tuttoscuola.com/insegnanti-riflettete-sul-carico-di-compiti-i-ragazzi-abbiano-il-tempo-per-svagarsi-gli-auguri-di-natale-del-ministro-bussetti/), suscitando le proteste della Gilda degli insegnanti, che considera improprio ogni intervento limitativo della libertà di insegnamento dei docenti (“una invasione di campo”…).
Torna alla carica, con la proposta di azzerarli, l’esperto genovese di scuola e formazione Maurizio Parodi, autore di un decalogo (https://www.tuttoscuola.com/compiti-a-casa-un-decalogo-per-non-farli/).

Costo standard
(novembre) – Esce in libreria un piccolo libro di battaglia, intitolato “Lettera ai politici sulla libertà della scuola”, a firma di Dario Antiseri e Anna Monia Alfieri (Rubbettino editore, Soveria Mannelli, 2018), due tra i più impegnati sostenitori della parità anche economica tra le scuole statali e quelle paritarie, da raggiungere attraverso l’adozione di uno strumento finanziario universalistico.
Risale agli anni ottanta dello scorso secolo la battaglia di Dario Antiseri, filosofo ed epistemologo, a favore dell’introduzione del ‘buono scuola’. Antiseri si mostra oggi incline al pessimismo. Uno dei paragrafi del suo contributo è intitolato “In Italia la scuola libera è libera solo di morire”… Una prospettiva catastrofica che peraltro ricadrebbe sulla scuola statale, sul Paese e sulla libertà di educazione.
Minore pessimismo, e anzi grande combattività, caratterizzano invece le tesi esposte da Anna Monia Alfieri, che punta sulla piena attuazione della legge 62/2000. Alfieri dimostra che solo l’Italia e la Grecia non mettono le scuole non statali in condizione di competere con quelle pubbliche direttamente gestite dallo Stato, e torna alla carica con la proposta di utilizzare come criterio generale di finanziamento di tutto il sistema educativo (statale più paritario) il “costo standard di sostenibilità per allievo”, che a suo avviso produrrebbe anche un sensibile risparmio per il bilancio del Miur.

D

Diplomati magistrali
(gennaio-febbraio) – Il 2018 si apre con il problema irrisolto dei diplomati magistrali che una sentenza del Consiglio di Stato ha escluso nel dicembre precedente dalle GAE (Graduatorie ad esaurimento).
Sono coinvolte in questa situazione circa 50 mila persone a cui va aggiunto, come controinteressati, un certo numero di laureati in scienze della formazione primaria a cui, in molti casi, spettava la nomina assegnata ai diplomati.
La ministra Fedeli conferma i contratti in corso, rinviando al 2018-19 la soluzione strutturale del problema.
Manifestazioni e proteste inducono i partiti, durante la campagna elettorale, a promettere soluzioni che non penalizzino i vari soggetti coinvolti, in quella che sembra quasi una quadratura del cerchio.
Bisognerà attendere l’estate per trovare una proposta attraverso il decreto legge ‘dignità’, peraltro lontana dalle promesse elettorali, anche se un gruppo di irriducibili tenta il rientro in GAE attraverso la strada dei ricorsi.

Dispersione scolastica: il dossier
(settembre) – Dal 1995 a oggi 3 milioni e mezzo di studenti hanno abbandonato la scuola statale, su oltre 11 milioni iscritti alle superiori (-30,6%). Ragazzi e ragazze spariti dai radar della scuola, che sotto questo aspetto ricorda le famigerate performance della rete idrica italiana, che perde nel nulla il 35% dell’acqua.
Un colabrodo. Di questo tratta l’ultimo dossier di Tuttoscuola, “La scuola colabrodo”, a cui “L’Espresso” dedica la copertina.
Il costo è enorme: 55 miliardi di euro. E l’emorragia continua: almeno 130 mila adolescenti che hanno iniziato le superiori quest’anno non arriveranno al diploma. Irrobustiranno la statistica dei 2 italiani su 5 che non hanno un titolo di studio superiore alla licenza media e di un giovane su 4 che non studia e non lavora.
E l’istruzione superiore? Tra chi si diploma e si iscrive all’università, uno su due non ce la fa. Su 100 iscritti alle superiori solo 18 si laureano. Ma poi un quarto dei laureati va a lavorare all’estero… E il 38% dei diplomati e laureati che restano non trovano un lavoro corrispondente al livello degli studi che hanno fatto. Un disastro.
Il dossier trova attenzione da parte del Presidente della Repubblica che invita a considerare il tema della dispersione scolastica come questione centrale non solo per la scuola ma per l’intero Paese, definendola “un’amputazione civile e anche una perdita economica per il Paese”.
Da guardare il video di Tuttoscuola: https://www.youtube.com/watch?v=e6CR8FdILX4

Dispersione scolastica: il convegno
(ottobre) – Organizzato da Tuttoscuola, si tiene a Roma un convegno sulla dispersione scolastica, dal titolo drammaticamente eloquente: la scuola colabrodo.
Al convegno partecipano i presidenti delle Commissioni parlamentari istruzione e cultura, sen. Mario Pittoni e on. Luigi Gallo; l’on. Valentina Aprea (FI) e la sen. Valeria Fedeli (PD)
Il Presidente della Repubblica fa giungere un messaggio a Tuttoscuola manifestando il suo apprezzamento per il dossier e il suo rammarico per non aver potuto accogliere il nostro invito a presenziare all’incontro a causa di precedenti impegni.
Anche il ministro dell’istruzione Marco Bussetti ha inviato una lettera ai partecipanti: “Plaudo alla giornata odierna di dialogo e di confronto e voglio esprimere il mio pieno sostegno a chi vorrà, in forma sistemica, propositiva e collaborativa affrontare concretamente la questione dell’abbandono scolastico”.
Nonostante tutto, l’istruzione conviene: la disoccupazione tra chi ha solo la licenza media è quasi il quadruplo di chi è laureato; l’istruzione incide in positivo sulla salute, riducendo i costi per la sanità; comporta meno criminalità e meno costi per la sicurezza.
Insomma prevenire la dispersione scolastica avrebbe costi molto più bassi di quelli che derivano dalla necessità di gestirne le conseguenze sociali. Servirebbe un grande piano pluriennale.
Quando entrerà nell’agenda del Paese?
La registrazione integrale del convegno è disponibile a questo link: https://www.tuttoscuola.com/la-scuola-colabrodo-ridurre-la-dispersione-e-possibile-segui-la-diretta/

Educazione finanziaria
(ottobre) – Cresce nel mondo l’attenzione per una più estesa e corretta informazione dei cittadini sulle tematiche di carattere economico e finanziario, e sono già almeno settanta, secondo dati diffusi dall’Ocse, i Paesi che hanno adottato una strategia nazionale di educazione finanziaria.
Anche l’Italia partecipa a questo movimento internazionale nel tentativo di recuperare un ritardo evidenziato dalle indagini comparative, che collocano il nostro Paese agli ultimi posti nelle classifiche riguardanti l’alfabetizzazione finanziaria.
Oltre duecento sono state le iniziative realizzate in tutta Italia durante il mese di ottobre 2018, dichiarato “mese dell’educazione finanziaria”, conclusosi il 31 ottobre con la giornata mondiale del risparmio.
Nel quadro delle azioni di educazione finanziaria rivolte agli adulti, con attenzione anche al tema delle politiche di genere, va inoltre segnalato per originalità ed efficacia il percorso di educazione finanziaria rivolto ai dirigenti e docenti del sistema educativo promosso dalla rete RIDAP (Rete Italiana Istruzione degli Adulti) in collaborazione con Tuttoscuola, che ha coinvolto ben 73 CPIA.
Per ulteriori informazioni:
https://www.tuttoscuola.com/tematiche/economia/

E

Esame di maturità
(novembre) – Anche il prudente ministro Bussetti non resiste alla tentazione di rivedere l’esame di maturità, come i suoi predecessori Berlinguer, Moratti, Fioroni e Giannini. Così, in aggiunta alle novità già previste dalla Buona Scuola per la maturità 2019 (soppressione della ‘terza prova’, maggior peso dei ‘crediti’), Bussetti annuncia due cambiamenti di rilievo per quanto riguarda la seconda prova scritta e i criteri di valutazione delle prove.
La seconda prova scritta potrà avere carattere bi o anche pluri-disciplinare, riempiendo in qualche modo il vuoto di pluridisciplinarità creato dall’abbandono della ‘terza prova’. Quanto ai criteri di valutazione, saranno fornite indicazioni e griglie nazionali, alle quali le commissioni saranno invitate ad attenersi, in modo da ridurre le eclatanti disparità di giudizio, soprattutto tra Nord e Sud, emerse con sempre maggiore evidenza negli ultimi anni.
A fronte di questi aspetti positivi ci sono però due ombre pesanti: il ridimensionamento dell’alternanza scuola-lavoro, e il rinvio di un anno (poi si vedrà) del carattere di requisito obbligatorio, ai fini della maturità, dei test Invalsi, che vengono così depotenziati, allontanando l’esame dai modelli internazionali più accreditati per quanto riguarda la verifica oggettiva e la comparabilità delle prestazioni nelle competenze di base: lingua materna, matematica, inglese.

Edilizia
(settembre) – Sul portale unico dei dati della scuola del Miur vengono pubblicate le situazioni dell’edilizia scolastica. I dati sono caricati dagli Enti locali proprietari o gestori degli edifici adibiti ad uso scolastico e consentono di conoscere le condizioni di 47.466 edifici che accolgono alunni delle scuole statali.
Sulla sicurezza degli edifici emerge che il 53,7% degli edifici dispone della certificazione del collaudo statico e che soltanto il 38,5% quello di agibilità.  Il 39,7% dispone del certificato di prevenzione incendi tra definitivo (CPI) e il nulla-osta provvisorio (NOP). Il 79,1% dispone del Piano di emergenza, e il 77,4% del Documento di valutazione del rischio.

F

Fedeli
(giugno) – Il passaggio delle consegne tra Valeria Fedeli, ministro uscente, e il successore Marco Bussetti si svolge in un clima di composta cordialità presso il Ministero di viale Trastevere.
“Con la Ministra uscente – sono le parole Bussetti – ci siamo confrontati sulle priorità relative ai settori di competenza del MIUR e sulle urgenze, a partire da quella dei diplomati magistrali. Ma anche sulla necessità di dare continuità al lavoro che il Ministero sta portando avanti sotto il profilo di quei principi guida e di quelle azioni che guardano all’interesse e al bene delle studentesse, degli studenti e delle loro famiglie”.
Pacato e costruttivo il riscontro di Valeria Fedeli: “Mi auguro che, per le decisioni che dovranno essere prese nei prossimi mesi, continui a prevalere il senso di responsabilità nei confronti delle nuove generazioni. Un senso di responsabilità che non ha colore politico, ma solo un fondamento valoriale nella nostra Costituzione. Dobbiamo andare avanti nella costruzione di una società e di una economia della conoscenza”.

Fake news
(luglio) – La sconcertante vicenda della proroga di un anno del termine entro il quale scatterà l’obbligatorietà dei vaccini per accedere alle scuole pubbliche mette in evidenza due cose: in primo luogo quanto siano gravi i danni prodotti da un sistema elettorale che ha portato ad accogliere in modo indiscriminato qualunque richiesta e protesta, e in secondo luogo quanto sia stretta la relazione tra il livello di istruzione e consapevolezza culturale di un popolo e la sua propensione a farsi condizionare da pulsioni demagogiche, leggende metropolitane e bufale – o fake news come ora si dice – più o meno ingigantite dai social networks.
Desta preoccupazione, da questo punto di vista, che l’Italia abbia tuttora uno dei più bassi livelli di istruzione tra gli adulti in Europa, e che resti in fondo alle classifiche per quanto riguarda la lettura di libri e giornali. Ciò spiega anche la scarsa considerazione nella quale è tenuta la scienza da parte di settori dell’opinione pubblica che hanno accomunato nel rancore anti-establishment le élites politiche dei partiti tradizionali e le élites culturali, comprese quelle espresse dal mondo della scienza.

G

Giuliano
(ottobre) – Dopo una prolungata attesa, il sottosegretario Salvatore Giuliano riceve dal ministro Bussetti una corposa serie di deleghe, che vanno dallo Status dello studente nel sistema scolastico alla valorizzazione dell’autonomia scolastica e alla formazione dei dirigenti scolastici. Inoltre: formazione del personale ATA, azioni di contrasto alla dispersione scolastica e rapporti con le Regioni,  indirizzi per la valutazione del sistema formativo e valorizzazione del personale scolastico; Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), e altro.

H

Homeschooling
(ottobre) – L’educazione parentale (homeschooling) resta una realtà poco nota e scarsamente diffusa soprattutto in Italia, anche se i dati mostrano un lieve aumento delle famiglie che decidono di istruire a casa i propri figli, senza iscriverli a scuola e in qualche caso anche senza far loro sostenere alcun esame. Nulla di paragonabile a quanto avviene in altri Paesi, coinvolgendo circa 60 mila bambini in Canada, 70 mila in Inghilterra e 2 milioni negli Stati Uniti. Tuttoscuola, che ha seguito l’evoluzione del fenomeno fin dal suo convegno del 2004 (“2015, fine della scuola?”) pubblica un’ampia intervista a Erika Di Martino, appassionata promotrice di questa proposta formativa nella sua forma più descolarizzata, che non prevede il reingresso nel sistema educativo formale. Si trova qui:https://www.tuttoscuola.com/homeschooling-erika-martino-perche-miei-figli-non-vanno-scuola/

I

Invalsi
(dicembre) – Spunta a sorpresa un disegno di legge allo studio del governo, “recante deleghe per le semplificazioni, i riassetti normativi e le codificazioni di settore” che contiene una disposizione (art. 5, comma 3, punto a) relativa agli enti di valutazione riguardanti la Scuola e l’Università, così formulata: “razionalizzazione, eventualmente anche attraverso fusioni o soppressioni, di enti, agenzie, organismi comunque denominati, ivi compresi quelli preposti alla valutazione di scuola e università, ovvero attraverso la trasformazione degli stessi in ufficio dello Stato o di altra amministrazione pubblica (…)”.
Le agenzie di valutazione cui si riferisce questo testo, pur senza nominarle, sono l’Invalsi e l’Anvur, che potrebbero dunque anche essere soppresse, o unificate, oppure trasformate in “ufficio dello Stato”, nel qual caso sarebbe peraltro difficile “preservarne l’autonomia”.
La questione per la verità non è contemplata nel contratto di governo, e a spingere per ridimensionare gli enti di valutazione sembra essere più il M5S (che nel programma elettorale aveva previsto la “revisione del sistema nazionale di valutazione “) della Lega, stando almeno a quanto dichiarato dal deputato pentastellato Luigi Gallo, presidente della commissione Cultura della Camera: “L’Invalsi è invasivo”, e “sulla valutazione stanno tornando indietro anche negli Stati Uniti“.
Addio (vera) autonomia? Si saprà nel 2019.

Incertezza del diritto
(luglio) – Si svolge la prova preselettiva del concorso per l’assunzione di dirigenti scolastici. Il bando prevede che siano ammessi alla prova scritta i primi 8.700 candidati ed eventualmente gli ultimi a pari punteggio.
Molti candidati che non conseguono il punteggio necessario non si danno per vinti e, come ormai avviene da anni nei concorsi pubblici, accolgono la proposta di studi legali e di sindacati interessati per presentare ricorso contando su atteggiamenti benevoli dei giudici amministrativi (Tar e Consiglio di Stato).
E centinaia di loro vengono premiati con una ordinanza cautelare che li ammette con riserva alla prova scritta suppletiva.
Per circa 600 di questi candidati ammessi alla prova scritta suppletiva il Consiglio di Stato, in evidente contrasto al bando, consente l’ammissione con punteggio di almeno 60/100.
Tra i candidati che hanno superato regolarmente la prova preselettiva c’è disorientamento, perché sembra non esserci più la certezza del diritto.
Dallo stesso Consiglio di Stato viene emanata un’altra ordinanza cautelare che mette in discussione la sentenza con cui nel dicembre del 2017 le sezioni riunite di quel Consiglio avevano escluso dalle GAE i diplomati magistrali. Altro disorientamento.
L’incertezza del diritto è ormai di casa.

L

Legge 107
(giugno) – La legge simbolo dell’era renziana, la cosiddetta “Buona Scuola”, viene corretta in alcuni suoi punti importanti, individuati nel contratto di governo giallo-verde, coincidenti peraltro con richieste avanzate fin dal 2015 anche dai sindacati, come l’eliminazione della ‘chiamata diretta’ dei docenti da parte dei presidi e nuove regole contrattate per la mobilità.
L’altra novità prevista nel ‘contratto’ è il sostanziale ridimensionamento dell’alternanza scuola-lavoro.

M

Mense
(dicembre) – Le ispezioni dei NAS in 224 mense scolastiche di varie città italiane rilevano 81 irregolarità, alcune delle quali gravi. Non è risultato in regola, dunque, il 36% delle mense ispezionate, cioè più di un terzo delle mense ispezionate.
Non può esserci giustificazione alcuna per le condizioni negative di quelle mense che possono mettere a rischio la salute degli alunni.
Non si può dedurre, però, come emerge da alcuni titoli sui media, che una mensa scolastica sia in quelle condizioni.
Complessivamente sono 25.532 le mense scolastiche funzionanti nelle scuole statali dell’infanzia e del I ciclo. Le 224 mense ispezionate dai NAS rappresentano meno dell’1% rispetto a tutte quelle mense frequentate da oltre 2 milioni e 600 mila alunni.
Si dovrebbe pensare, dunque, che quasi 9 mila mense scolastiche non siano in regola e mettono a rischio la salute di circa 900 mila alunni?

(Educazione) Motoria nella scuola primaria
(giugno) – Vengono presentate alla Camera diverse proposte di legge per introdurre nella scuola primaria l’educazione motoria come insegnamento affidato a docenti specialisti esterni.
Il ministro Bussetti caldeggia l’iniziativa, facendo intendere che tali attività sarebbero aggiuntive al normale curricolo e si svolgerebbero prevalentemente in orario pomeridiano o nel periodo estivo.
Da parte dei parlamentari proponenti, invece, sembra prevalere l’ipotesi di un insegnamento curricolare vero e proprio da inserire a pieno titolo nelle ore di lezione in tutte le classi e per almeno due ore a settimana.
Alla fine viene definito e approvato in prima lettura da quasi tutti i gruppi parlamentari di maggioranza e di opposizione una legge di delega al Governo per affidare tale insegnamento a circa 12 mila prof. di educazione motoria con trattamento giuridico ed economico uguale a quello degli attuali docenti di primaria.
Cade un tabù per la scuola primaria: per la prima volta un insegnamento obbligatorio viene assegnato a docenti non dell’organico di scuola primaria.

N

Neet
(luglio) – Escono i dati del rapporto 2017 dell’Istat sui “Livelli di istruzione della popolazione e i ritorni occupazionali”, dati che, pur non essendo una novità, sono impressionanti: l’Italia è al penultimo posto in Europa per numero di laureati, precedendo solo la Romania: solo il 18,7% dei 25-64enni possiede un titolo di studio terziario in Italia, una percentuale di poco superiore alla metà della media europea (31,4%).
Per i più giovani va un po’ meglio, ma il ritardo è sempre notevole: la quota di 30-34enni in possesso di titolo di studio terziario è pari al 26,9% mentre la media Ue è del 39,9%.
Ma la situazione più preoccupante è quella che riguarda i Neet (giovani di 15-29 anni che non studiano né lavorano): l’Italia sta peggio di tutti in Europa: sono 2 milioni e 189mila nel 2017, il 24,1% contro la media Ue del 13,4%. Al Nord i Neet sono il 16,7%, nelle regioni centrali il 19,7%, al Sud arrivano addirittura al 34,4%: più di un giovane su tre non studia e non lavora, un dramma di proporzioni colossali.
Come più volte rilevato anche da Tuttoscuola, all’origine degli scadenti risultati ottenuti dall’Italia nelle classifiche relative ai laureati e ai Neet sta – accanto a un sistema di orientamento inefficace e a un sistema di collocamento e di incrocio domanda/offerta di lavoro che non funziona – la storica carenza di corsi terziari di ciclo breve professionalizzanti, alternativi al sistema universitario: in Spagna e Francia circa un terzo dei titoli terziari dei 30-34enni ha queste caratteristiche, per non parlare della Germania, dove si arriva quasi alla metà.
Da noi, dopo vari tentativi falliti, sono stati messi in campo dal 2010 solo gli Istituti Tecnici Superiori (Its), scuole post-secondarie di alta tecnologia biennali legate al sistema produttivo, che però sono solo 98 con 435 corsi e 10.586 iscritti in tutto. Da ottobre 2018 partiranno anche le lauree triennali professionalizzanti con quindici corsi e un massimo di 600 studenti ciascuno: altri 9.000 potenziali laureati.
Non sono cifre tali da cambiare strutturalmente il posizionamento dell’Italia nell’Europa dell’istruzione terziaria.

O

Orientamento
(dicembre) – Undici gruppi di lavoro su altrettanti temi prioritari, dall’orientamento alle soft skills, passando per l’inclusione scolastica e la prevenzione del bullismo, con esperti di alto livello coinvolti per migliorare il funzionamento del sistema di istruzione italiano. Sono i tavoli voluti dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che lo scorso 3 dicembre ha incontrato a Roma, i coordinatori di quelli che dovranno configurarsi come veri e propri “laboratori di innovazione” al “servizio della scuola”. Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento; inclusione scolastica; attività sportive scolastiche; valutazione del sistema scolastico; primo ciclo e zero/sei; cultura umanistica; Istituti tecnici e professionali; soft skills ed educazione civica; quadriennali e scuole innovative; équipe territoriali; bullismo e prevenzione. Questi i temi che verranno trattati.
“Saranno gruppi operativi, composti da professionisti con competenze molto specifiche – spiega Bussetti – che svolgeranno la propria attività a titolo gratuito e agiranno, rispetto ai temi assegnati, con un approccio pragmatico. Dopo una fase di analisi e approfondimento, presenteranno proposte di carattere amministrativo o normativo che intendiamo prendere in considerazione per migliorare il nostro sistema di istruzione, innalzare la qualità dell’offerta per gli studenti, introdurre nuove metodologie e innovazioni didattiche”.

P

Palestre
(settembre) – C’è una preoccupante logica comune nelle proposte del Governo e della maggioranza parlamentare per l’innovazione nei settori dell’infanzia e della scuola primaria: l’apparente indifferenza per i servizi di supporto necessari. In particolare al Sud.
Si propone l’espansione del tempo pieno nella scuola primaria? Ok. Ma non basterà aggiungere qualche migliaio di posti di docente in più se i Comuni coinvolti non assicureranno strutture e locali idonei, spazi e servizi per la mensa.
Ad esempio, in Sicilia funzionano a orario ridotto per mancanza di mensa più del 40% delle sezioni di scuole dell’infanzia. E l’intesa tra il ministro Bussetti e il governatore Musumeci prevede il potenziamento dei posti di insegnante, tacendo però sui servizi di supporto, mense comprese.
Un’operazione analoga sta per avvenire per l’introduzione dell’insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria. Ma in quali luoghi delle scuole si svolgerà questo insegnamento? In aula? nei corridoi? nei cortili? In palestra, naturalmente! Ma le palestre ci sono nella scuola primaria?
Tuttoscuola ha esaminato in modo approfondito la presenza delle palestre di scuola primaria censite dai Comuni all’interno del database “spazi di servizio” pubblicato dal Miur, e ha scoperto che nelle 15.107 scuole primarie statali soltanto 7.456 sono dotate di palestra, cioè il 49,4%, poco meno della metà.

Pittoni
(maggio) – Si va verso la costituzione del nuovo Governo giallo-verde e nel toto-ministri la casella dell’istruzione sembra destinata ad un rappresentante della Lega.
Si fa il nome del sen. Mario Pittoni che, pur contento per simile prospettiva, confessa di non volersi caricare di tanta responsabilità, accontentandosi forse di un sottosegretariato.
Sembra sia stato il grande elettore del ministro Bussetti.
Poi gli equilibri all’interno della maggioranza finiscono per escluderlo dagli organigrammi del Miur.
Al Senato accede alla presidenza della Commissione istruzione, sede naturale del suo impegno politico che da anni lo vede primo responsabile scuola della Lega.
Poco dopo la sua elezione a presidente della Commissione, si trova al centro di una polemica con il settimanale “L’Espresso” che aveva pubblicato un servizio da cui emergeva che era in possesso della sola licenza media, per quanto lui affermi di non aver mai smesso di studiare.
Insomma, a causa del titolo di studio viene messo sulla graticola come la ex ministra Fedeli.

Q

Quizzone
(giugno) Il 24 giugno 2018, dopo 20 anni di onorata, ancorché ansiogena carriera (aveva esordito nel 1999),va in pensione il ‘quizzone’, la Terza Prova scritta introdotta nel nuovo Esame di Stato, riformato nel 1997 dall’allora ministro Luigi Berlinguer. Dal 2019 si tornerà alle classiche due prove scritte, quella di italiano e quella caratterizzante dei diversi indirizzi di studio.
Sarà rimpianta la ‘terza prova’? Un sondaggio realizzato da Skuola.net su 1500 candidati della maturità 2018 fa pensare di no.
Il ‘quizzone’ è sempre stato vissuto come un’incognita sia dagli studenti che dai loro insegnanti: per questo circa 3 ragazzi su 5 avrebbero ricevuto informazioni ‘riservate’ dai professori sulle materie oggetto della prova. Un ‘aiutino’, insomma.
Nel 2017 del resto – secondo lo stesso sondaggio – la terza prova era stata la più copiata, da circa il 32% degli studenti intervistati.

R

Reggenze
(agosto) – Nel corso di un’audizione in Parlamento il ministro Bussetti annuncia la modifica del corso-concorso DS in atto, per scongiurare nuove reggenze per l’anno scolastico 2019-20.
La modifica consisterebbe nell’annullare la fase di formazione e tirocinio dopo la prova orale. In tal modo si tornerebbe all’antico, come da tempo aveva proposto il responsabile scuola della Lega, Mario Pittoni.
La proposta di riduzione dei tempi del concorso tarda ad arrivare e si teme che non se faccia nulla in tempo utile per scongiurare un nuovo anno di reggenze.
Poco prima di Natale il Governo approva finalmente il decreto legge ‘semplificazioni’ che prevede la conclusione del concorso con la prova orale.
Nella relazione tecnica che accompagna il decreto legge si precisa che Nell’anno scolastico 2018/19 sono 1.536 i posti di dirigente scolastico vacanti e disponibili.  Nel 2017/18 le reggenze assegnate sono state 1.748, tenendo conto anche di scuole sottodimensionate e dei distacchi (comandi) presso altre amministrazioni o sindacati.”
Se si considera che sono 352 le istituzioni sottodimensionate che per legge devono essere assegnate in reggenza e che sono non meno di 80 i dirigenti scolastici distaccati presso altre amministrazioni o sindacati, si può stimare che attualmente le reggenze siano circa 1.970.
Senza la modifica, nel 2019-20 le reggenze sarebbero state più di 2.300.

S

Sovranismo psichico
(dicembre) – Il 52° Rapporto Censis chiama “sovranismo psichico” il mix di cattiveria, paura e incertezza che serpeggia nella società italiana.  Anche la scuola è stata investita da questo fenomeno, come mostra il forte aumento dei casi di contestazione violenta dell’autorità e del ruolo degli insegnanti, documentato da Tuttoscuola anche con la predisposizione di un apposito contatore. Per alcuni genitori la scuola e gli insegnanti sono diventati non i certificatori ma la causa dell’insuccesso scolastico, meritevoli perciò di essere puniti e colpiti anche fisicamente. “Prima mio figlio” sembra essere la parola d’ordine di questi genitori, che non avvertono alcun rispetto per l’istituzione scuola e i suoi operatori.
I sindacati degli insegnanti attribuiscono la responsabilità di questa caduta dell’autorità della scuola alla “disintermediazione operata nel corso degli ultimi anni”, ma la disintermediazione, segnala il rapporto Censis, è un fenomeno più complessivo, favorito dalla rivoluzione digitale, che tende a contestare il ruolo e l’autorità di tutti i corpi intermedi, compresi i partiti tradizionali e i sindacati, per arrivare alle detestate élites economiche e anche accademiche, come si è visto nella vexata quaestio dei vaccini.

Stabilizzazione del sostegno
(settembre) – Nel nuovo anno scolastico si accentua il divario tra posti di sostegno stabilizzati in organico di diritto e posti in deroga. Sono quasi 166 mila i posti di sostegno complessivamente attivati nel 2018-19.
Si tratta di una quantità considerevole in costante aumento soprattutto per effetto del contestuale incremento del numero di alunni con disabilità inseriti.
Nella media nazionale i posti di sostegno in organico di diritto (100.066) rispetto a quelli funzionanti di fatto (165.970) sono pari al 60,3%: circa due posti su cinque, dunque, sono precari, assegnati a docenti con contratto a tempo determinato fino al 30 giugno, con ciò che ne consegue anche in termini di discontinuità didattica.

T

Tempo pieno
(novembre) – Il vice premier Luigi Di Maio afferma in una diretta Facebook che “in tutte le scuole elementari italiane ci sarà il tempo pieno. Significa che i bambini potranno stare più tempo a scuola, potranno avere un percorso di istruzione più lungo, che gli consenta di stare più con gli insegnanti e di approfondire ancora di più le materie, e allo stesso tempo permetterà ai genitori che lavorano tutto il giorno di sapere che anche il pomeriggio il loro figlio o la loro figlia starà a scuola con gli insegnanti, avrà un percorso formativo ancora più ricco”.
“Il tempo pieno a scuola – aggiunge Di Maio – è (…) una misura importante per gli insegnanti, perché si sbloccano 2.000 nuovi posti di lavoro nella scuola”.
2.000 posti per portare il tempo pieno in tutte le classi di scuola primaria italiane? Ma ce ne vorrebbero venti volte di più! Mediamente nelle classi non a tempo pieno della scuola primaria operano su ogni classe 1,5 docenti. Invece nelle classi a tempo pieno i docenti sono due. Quindi per trasformare a tempo pieno tutte le 86.658 classi aperte oggi solo al mattino occorrerebbe aggiungere una mezza unità di personale a classe. Parliamo di 43.329 docenti. Non di 2.000. Il costo complessivo – includendo l’approntamento dei servizi necessari – sarebbe, secondo i calcoli di Tuttoscuola, di 3 miliardi e mezzo di euro per il primo anno e di 2,7 miliardi l’anno a regime.
L’emendamento pentastellato prevede per il solo 2019 una prima quota di 2mila posti (pari a 4 mila classi, di cui 1.200 al Sud): iniziativa meritoria, ma a questo ritmo per generalizzare il tempo pieno occorrerebbero 21 anni.
Anche il comico Crozza in Tv, prendendo spunto dai dati di Tuttoscuola, ironizza sull’uscita di Di Maio.
La domanda è: il vicepremier ignorava questi dati o intendeva deliberatamente far passare una cosa per un’altra?

T

Università
(ottobre) “Nella legge di Bilancio non ci sarà un solo centesimo tagliato al mondo della scuola né a quello dell’università, neanche un centesimo sarà decurtato per gli stipendi dei docenti”. Parola del vicepresidente Luigi De Maio.
Ma intanto il decreto fiscale (DL n. 119/2018), pubblicato sulla G.U. del 23 ottobre subito dopo le aspre polemiche interne al Governo sulla ‘manina’ altoburocratica che avrebbe “remato contro”, anticipa alcuni interventi che meritano un approfondimento per verificare l’attendibilità di questa affermazione.
Nell’allegato al decreto (Elenco 1), sono elencate, ministero per ministero, le riduzioni ai rispettivi bilanci per circa 590 milioni complessivi di euro. E in questa sforbiciata alle spese anche il Miur deve fare la sua parte.
Vengono ridotte infatti le spese per complessivi 29 milioni, di cui 14 milioni all’istruzione scolastica e 15 milioni all’istruzione universitaria e formazione post-universitaria.
La Legge di bilancio approvata in extremis il 30 dicembre riequilibra un po’ i conti per il 2019, rinviando i tagli più consistenti al 2020 e al 2021. Per l’Università anzi, sostiene il ministro Bussetti commentando la legge appena approvata, “è prevista l’assunzione di circa 1.500 ricercatori di tipo b, che sarà disposta in deroga al blocco delle assunzioni. Così come non ci sarà alcun blocco alle progressioni di carriera di chi fa ricerca negli atenei, né per scuole e AFAM. Abbiamo voluto e ottenuto un’attenzione particolare su questo punto. Così come abbiamo ottenuto maggiori assunzioni per gli atenei. È una svolta: dobbiamo tornare ad assumere di più nelle università”.

V

Videocamere
(novembre) – L’ennesimo episodio di violenze fisiche e verbali su bambini di una scuola dell’infanzia contribuirà a dare impulso al disegno di legge che prevede l’installazione di telecamere nei nidi d’infanzia, nelle sezioni di scuole dell’infanzia, nonché nelle strutture che ospitano anziani e persone disabili.
In Parlamento sembra ormai superata (o quanto meno messa in minoranza) la resistenza di chi vede in questa operazione la violazione della privacy e soprattutto il rischio di un controllo improprio da parte dei genitori.
Il via libera della Camera alla proposta di legge presentata da Forza Italia è avvenuto con 404 voti a favore e 110 astensioni, senza voti contrari.
Al Senato si attende ora l’ok definitivo.
Le registrazioni effettuate dovranno rimanere secretate, diventando visibili solamente a seguito di indagini ufficiali. “Nelle strutture … possono essere installati sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso, le cui immagini sono criptate e conservate per sei mesi, decorrenti dalla data della registrazione, all’interno di un server dedicato, appositamente installato nella struttura, con modalità atte a garantire la sicurezza dei dati trattati e la loro protezione da accessi abusivi.  L’accesso alle registrazioni dei sistemi di cui al comma 1 è vietato, salva la loro acquisizione, su iniziativa della polizia giudiziaria o del pubblico ministero, come prova documentale nel procedimento penale”.
I sistemi di videosorveglianza possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria. Inoltre il Ministro dell’istruzione dovrà stabilire le modalità per assicurare la partecipazione delle famiglie alle decisioni relative all’installazione e all’attivazione dei sistemi di videosorveglianza nei servizi educativi per l’infanzia e nelle scuole dell’infanzia.
È previsto uno stanziamento annuale di 5 milioni di euro per l’avvio sperimentale della legge.
Tuttoscuola ha stimato che occorrono non meno di 65 milioni di euro per installare gli impianti di videosorveglianza in tutte le scuole dell’infanzia. È lecito chiedersi: ma davvero è questa la vera soluzione del problema?

Violenza verso i docenti
(giugno) – L’anno scolastico 2017-18 si chiude con l’ennesima aggressione a un docente per mano di un genitore scontento della valutazione finale attribuita al figlio.
Avviene in provincia di Padova dove la madre di alunno di scuola media, insoddisfatta del voto insufficiente che la professoressa di inglese aveva attribuito al figlio, l’affronta nel cortile della scuola prima delle lezioni e, dopo un’accesa discussione, le sferra con violenza uno schiaffo, facendola cadere a terra.
Questa di Padova è la 33.ma aggressione subita da un insegnante nel corso di questo anno scolastico.
È la punta di un iceberg di un fenomeno che solamente in parte emerge pubblicamente con notizie di stampa o sul web; si stima che all’interno delle scuole il numero delle aggressioni, soprattutto da parte di studenti, sia almeno il triplo di quanto emerge all’esterno.
Quasi la metà (esattamente 15 su 33) delle aggressioni note è stata opera di genitori, come documentato da Tuttoscuola che ha attivato uno sgradevole contatore di questo fenomeno.
«Non possiamo ignorare che qualcosa si è inceppato», spiega il presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’inaugurazione dell’anno scolastico davanti a mille studenti a Porto Ferraio, all’isola d’Elba.
«Qualche tessuto è stato lacerato nella società. Il genitore-bullo non è meno distruttivo dello studente-bullo, il cui rifiuto cresce sempre di più nell’animo degli studenti, a scuola e nel web», avverte il presidente della Repubblica.

W

Webinar
(da gennaio a dicembre) – Come nel 2017 (e anche di più) ottengono grande successo i webinar di Tuttoscuola, lo strumento video che in diretta illustra e approfondisce le principali tematiche sul mondo della scuola.
Nel corso dell’anno i webinar hanno riguardato molte tematiche e, in particolare, il concorso DS con preparazione alla prova di preselezione e alla prova scritta.
Attualmente è in corso anche una fase di avvicinamento alla prova orale, seguita da moltissimi candidati, per la quale sono aperte le iscrizioni (https://www.tuttoscuola.com/prodotto/concorso-ds-verso-la-prova-orale-fase-a-10-webinar/ ).
Esperti e specialisti presentano nell’arco di un’ora e mezzo o due gli argomenti del giorno, li approfondiscono e orientano i video-ascoltatori verso nuove esperienze formative.
Rispondono a quesiti, suggeriscono percorsi di ricerca e linee operative, avvalendosi anche di slides e altri materiali. Con notevoli apprezzamenti e consensi da parte dei partecipanti.

Z

Zunino
(giugno) Corrado Zunino, una delle firme di punta di Repubblica, intervista il neoministro Marco Bussetti cercando di strappargli una notizia con la quale titolare il pezzo, qualcosa insomma che possa catturare l’attenzione del lettore. Impresa ardua, malgrado il fuoco di fila delle domande (ben 26 alla fine). Il tratto distintivo dell’homo novus giunto a sorpresa alla guida del Miur è la prudenza.
Così, al giornalista che cercava di strappargli qualcosa di sorprendente, di inatteso, o almeno di stuzzicante, il ministro dà sistematicamente risposte diplomatiche, a mezze tinte. L’eliminazione della chiamata diretta? “Era un impegno del contratto di governo”. La mobilità Nord-Sud degli insegnanti? “Dal 2019 i concorsi si faranno su base regionale”. E se poi i vincitori chiedono subito il trasferimento? “Metteremo vincoli”. Per esempio almeno tre anni sulla stessa cattedra? provoca Zunino. “Si può ragionare su questo periodo”. Il decreto per le maestre diplomate? “Rispetteremo la sentenza del Consiglio di Stato che le toglie dalle graduatorie a esaurimento, ma andremo incontro alle aspettative di tutte le maestre interessate. Diplomate, laureate”. Porrà fine al precariato? “Il precariato non scomparirà, ci sarà sempre bisogno di un serbatoio di supplenti”. E così via.
Il giornalista a questo punto cerca di rivolgere al ministro Bussetti domande che lo inducano a sbilanciarsi almeno un po’. Quanto dovrebbe guadagnare in più un insegnante di una scuola media? “Sulle retribuzioni dobbiamo recuperare gli anni persi, ma non possiamo nascondere la difficile situazione delle finanze pubbliche”. Per le scuole paritarie il Governo Renzi ha già previsto sgravi fiscali sensibili, propone Zunino. E voi? “La libertà di educazione è un valore, le scuole paritarie svolgono un ruolo complementare importantissimo. Limitare finanziamenti creerebbe nuovi costi e impoverirebbe l’offerta formativa del nostro Paese”. Insomma si lasciano le cose come stanno.
Esausto, il giornalista prova con domande più personalizzate. Che ministra è stata Valeria Fedeli? “Ha portato avanti le sue idee in modo appassionato e coerente”. E Stefania Giannini? “Ha portato avanti una riforma in condizioni molto difficili con un fuoco amico che ha danneggiato lei e la stessa Buona scuola”.
Niente da fare. Alla fine il giornalista si rassegna. Tanto che finisce per intitolare l’intervista con quella che gli è sembrata la dichiarazione più audace tra quelle rilasciate da Marco Bussetti: “La Buona Scuola non è tutta da buttare”.

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Il 2018 della scuola, dalla A alla Z ultima modifica: 2019-01-01T08:03:50+01:00 da
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