Il nuovo regolamento di contabilità per la scuola. Così non va

di Fabrizio Reberschegg, dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 29.11.2018

– Il regolamento sulla nuova contabilità deve essere rivisto e rielaborato.

L’applicazione deve essere rinviata di almeno un anno.

E’ stato pubblicato in G.U. il nuovo regolamento di contabilità per le scuole. E’ un provvedimento tecnico che al suo interno però evidenzia alcune scelte politiche di fondo che non condividiamo e che risalgono ad una visione della scuola-istituzione-azienda che ha permeato le riforme degli ultimi trent’anni.

In primis resta il principio che l’edificio scolastico, pur essendo di proprietà del comune, della provincia o della città metropolitana, è gestito complessivamente dal dirigente scolastico e dagli organi collegiali di riferimento (Consiglio di Istituto, Giunta Esecutiva). Si tratta quindi di un bene pubblico che, invece di essere gestito, al di là dell’orario delle attività scolastiche, dall’ente locale per finalità collettive è monopolizzato dall’istituzione scolastica: che può quindi concedere l’utilizzo dei locali a condizione che ciò sia compatibile con finalità educative, formative, ricreative, culturali, artistiche e sportive e con i compiti delle istituzioni medesime” (art 38 comma 1).
La decisione della concessione passa pertanto sempre in capo alla scuola (DS e Consiglio di Istituto). E’ una scelta politica che scarica sulla dirigenza scolastica la totale responsabilità nella gestione degli immobili liberando l’ente locale da oneri e responsabilità che dovrebbero invece essere connaturati allo status di proprietario. A riguardo hanno ragione le associazioni dei dirigenti che lamentano un eccesso di responsabilità dirette e indirette sulla gestione degli immobili. L’unica seria soluzione dovrebbe invece essere quella di demandare le responsabilità relative agli immobili (sia in senso strutturale – si pensi ad esempio alla gestione della sicurezza – che di gestione extra attività del PTOF) all’ente locale che affida al dirigente scolastico i locali per lo svolgimento solo dell’attività scolastica. Ma tali proposte sono troppo rivoluzionarie per essere fatte proprie dalla sfera della politica, anche perché i sindaci, le giunte e i consigli comunali nonché gli organi degli altri enti locali sono composti da politici che non vedono di buon occhio un aumento delle responsabilità per gli enti locali.

Nelle more di una visione diversa della gestione dei beni pubblici, il nuovo regolamento accentua addirittura la responsabilità dirigenziale. All’art. 39 “le istituzioni scolastiche possono effettuare interventi di ordinaria manutenzione, previa delega dell’ente territoriale competente”, “procedono all’affidamento di lavori e alla manutenzione degli immobili acquisiti con fondi derivanti da attività proprie, ovvero per effetto di eredità, legati e donazioni”, “possono effettuare, con eventuali fondi propri e d’intesa con il proprietario. Interventi di manutenzione straordinaria degli edifici scolastici e delle loro pertinenze”. Rimane inoltre l’obbligo di fatto per le scuole di intervenire per lavori indifferibili e urgenti di piccola manutenzione per garantire lo svolgimento delle attività didattiche chiedendo poi all’ente competente il rimborso. In concreto si tratta di una sorta di privatizzazione strisciante degli edifici scolastici in capo al dirigente scolastico e agli organi collegiali.

Nel regolamento contabile appare inoltre preoccupante i ruolo affidato ai revisori dei conti che all’art.51  dovrebbero verificare la coerenza nell’impegno delle risorse in funzione degli obiettivi individuati nel PTOF entrando quindi nel merito delle decisioni didattiche e organizzative della scuole.

Infine rimangono le norme concernenti le opere dell’ingegno per le quali il diritto patrimoniale delle opere dell’ingegno fatte dai docenti della scuola (dalla dispensa, al power point, ecc.) sono in capo alla scuola, lasciando agli autori il “diritto morale” della paternità dell’opera. Lo sfruttamento economico delle opere dell’ingegno a favore degli autori potrebbe essere liberalizzato solo in caso di omissione da parte del Consiglio di Istituto nello sfruttamento delle opere. Sono norme che, mutuate dal settore delle imprese private, creano incertezza nella progettazione didattica. Ad esempio un docente che costruisce dispense per unità di apprendimento in una scuola, dopo il suo trasferimento ad altro istituto, dovrebbe chiedere il nulla osta all’utilizzazione del suo lavoro alla scuola di provenienza?

Il regolamento sulla nuova contabilità è ormai atto avente valore di legge. Per modificarlo serve una legge o regolamento delegato. Chi scrive ritiene che debba essere rivisto e rielaborato con una nuova visione della scuola e delle responsabilità legate alla sua governance. L’unica cosa da proporre è che l’applicazione sia rimandata di almeno un anno per consentire alla politica un intervento migliorativo.

Fabrizio Reberschegg

Gilda degli Insegnanti

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Il nuovo regolamento di contabilità per la scuola. Così non va ultima modifica: 2018-11-29T21:07:27+01:00 da
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