Il rebus Istruzione: è guerra nel Pd (e si scalda Pera)

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 Tuttoscuola, 11.12.2016

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– “Ci sono tutte le intenzioni di restare uniti. Non sono partite espulsioni. La direzione sarà la prima occasione per dirsi cosa non ha funzionato. A me non sono piaciute le scene di giubilo mentre il nostro presidente del Consiglio si dimetteva e mentre cadeva uno degli ultimi governi di centrosinistra in Europa. Ma avremo occasione di tornarci su. Come su altri elementi, per esempio la riforma della scuola, che ci consentiranno di arrivare alle elezioni con un programma compiuto”. Così la vicesegretaria del Pd Debora Serracchiani sull’Unità, prima della direzione convocata per domani alle 12.

E’ il segno di un grande disagio all’interno del partito di maggioranza relativa. Ed è la conferma che c’è anche la situazione della scuola tra le ragioni del mal di pancia del Pd. La riforma della Giannini non è stata affatto digerita e non è un caso che Roberto Speranza, leader della sinistra del partito democratico, abbia già messo le mani avanti: “il governo di transizione deve rimettere al centro la questione sociale dove si è consumata la rottura con la società italiana. Penso a due provvedimenti del governo che hanno provocato questa rottura – spiega Speranza – e cioè la riforma della scuola che ci ha messo in rotta di collisione con larga parte di insegnanti e studenti e una parte del Jobs Act. Bisogna porre rimedio a questi errori».

Arriverà allora un rottamatore della “Buona Scuola”?. E come fare per ricucire un rapporto di dialogo con quel mondo che ha girato le spalle al partito che storicamente – dopo la Dc – gli è sempre stato accanto? Oppure vincerà anche per la scuola la preoccupazione di garantire continuità? Certamente la scelta del nuovo ministro dell’Istruzione sarà tra le più delicate per il presidente incaricato Gentiloni. Nomi, ufficialmente, non se ne fanno. E i mormorii sono spesso più autocandidature o tentativi di bruciare possibili soluzioni più forti. Pare ormai chiaro, per esempio, che Gianni Cuperlo, della minoranza del Pd, ma che ha poi votato sì al referendum, non sia intenzionato a dedicarsi ai problemi di viale Trastevere. Troppi rischi, per un incarico di appena qualche mese.

Più facile allora pensare, se la poltrona dovesse restare in campo democratico, a una figura magari più addentro ai problemi della scuola. Come ad esempio quella di Francesca Puglisi, che, inoltre, potrebbe essere una nomina di continuità: l’attuale componente della commissione Cultura del Senato è infatti stata sempre considerata una delle principali sostenitrici della riforma della Buona Scuola. E che ha ora in mano alcune partite dei Decreti Delegati che andrebbero approvati entro il 18 gennaio prossimo.

Così come quella di Simona Malpezzi, la prof deputata che ha fatto il giro delle Feste dell’Unità per “sbugiardare” i critici della “Buona Scuola”. Ma contro di loro già si levano voci di protesta. “I docenti non accetteranno mai come ministro dell’istruzione, sia pure pro tempore, un membro dello staff che ha elaborato la legge 107/2015“, ha tuonato il comitato dei “Partigiani della scuola pubblica”. Un siluro bello e buono per le due docenti renziane, che potrebbero però essere ripescate tra i sottosegretari del nuovo ministro.

La scelta di Gentiloni potrebbe allora cadere altrove, magari nel gruppo dei verdiniani. Lì, a scaldare i motori, c’è un ex berlusconiano doc: l’ex presidente del Senato Marcello Pera.

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