Il premier: «Noi i primi a dare 3 miliardi per la scuola». Giannini: sciopero politico.
In piazza Fassina e Civati. Cortei in sette città, molte le scuole chiuse contro la riforma
di Antonella De Gregorio, Il Corriere della Sera 5.5.2015
Il popolo della scuola, studenti, insegnanti e personale amministrativo in piazza, da nord a sud, contro la riforma voluta da Renzi. Sette cortei in sette città, e comizi, flash mob e dibattiti per manifestare il dissenso per i contenuti del disegno di legge 2994, in corso di approvazione al Parlamento. A sfidare il governo, insieme a sindacati e studenti, anche alcuni esponenti della minoranza Pd, come Stefano Fassina – che è stato oggetto di contestazione da parte dei manifestanti – e Pippo Civati.
Scuole chiuse
Centomila i manifestanti a Roma, decine di migliaia le persone nelle altre piazze, per quello che alcuni sindacalisti hanno definito «lo sciopero più grande di sempre». Centinaia le scuole chiuse in tutta Italia, con tassi di adesione fino all’80%, secondo gli organizzatori.
«Ascoltiamo le proteste»
Una giornata che sembra aver smosso le acque: da Bolzano, dove ha partecipato a una convention Pd, il premier Matteo Renzi (contestato da un centinaio di studenti, radunati gridando slogan contro la riforma della scuola davanti al teatro della città, dove era atteso l’intervento del premier), a fine mattinata ha aperto a possibili modifiche: «È giusto ascoltare la protesta e affrontarla nel merito», ha detto. «Ma – ha puntualizzato – abbiamo messo 3 miliardi sulla scuola. Qualcuno dice che sono pochi, ma certo più di prima che non c’erano». Poco prima l’apertura del Presidente del Senato, Piero Grasso: «C’è la disponibilità del Senato a sentire i docenti che oggi hanno scioperato», ha detto. «Perché per la buona scuola serve un confronto positivo per arrivare a soluzioni possibilmente condivise. La scuola è dei docenti e dei ragazzi ed è il futuro del Paese».
I Cobas
La manifestazione è stata indetta dalle principali sigle sindacali (Flc-Cgil, Cis e Uil Scuola, Snals, Gilda) in sette città: Aosta, Milano, Roma, Bari, Catania, Palermo, Cagliari. Hanno manifestato anche i Cobas – Usb, Unicobas, Anief e sigle minori – in dodici città. Protesta, quella dei Cobas, che proseguirà anche mercoledì 6 e martedì 12, per tentare di boicottare i test Invalsi, che avrebbero dovuto svolgersi oggi nelle seconde e quinte delle primarie, rinviati all’ultimo momento per non farli coincidere con la giornata di protesta.
In piazza
Scuole vuote, dunque. Strade e piazze piene. E dietro ai sindacati con lo striscione più utilizzato – «L’unione fa la scuola» – anche lavoratori di comparti diversi dalla scuola. Gli studenti erano 80mila, afferma l’Uds. Mentre gli organizzatori snocciolano i dati complessivi, città per città: oltre ai centomila di Roma, i trentamila di Milano (i cortei più partecipati), ci sono stati i 25mila di Bari, i 5mila di Cagliari, i seimila di Palermo, le migliaia a Catania e Aosta.
Le ragioni della protesta
A scioperare i precari della scuola, ma anche i prof assunti, contro gli albi territoriali e la mobilità. Gli studenti sono scesi in piazza contro gli sgravi alle scuole paritarie decisi dal ddl, contro i finanziamenti privati alla scuola pubblica, per chiedere più soldi per l’edilizia scolastica, la riforma dei cicli, un ripensamento dell’autonomia. In piazza anche parlamentari e leader delle principali sigle sindacali. «Se il Governo non ci ascolterà – hanno scritto gli studenti in una nota – continueremo a mobilitarci: boicotteremo i test Invalsi il 12 maggio e lotteremo congiuntamente agli insegnanti per bloccare gli scrutini».
Le ragioni della protesta
A scioperare i precari della scuola, ma anche i prof assunti, contro gli albi territoriali e la mobilità. Gli studenti sono scesi in piazza contro gli sgravi alle scuole paritarie decisi dal ddl, contro i finanziamenti privati alla scuola pubblica, per chiedere più soldi per l’edilizia scolastica, la riforma dei cicli, un ripensamento dell’autonomia. In piazza anche parlamentari e leader delle principali sigle sindacali. «Se il Governo non ci ascolterà – hanno scritto gli studenti in una nota – continueremo a mobilitarci: boicotteremo i test Invalsi il 12 maggio e lotteremo congiuntamente agli insegnanti per bloccare gli scrutini».
In prima fila nel corteo contro la riforma della scuola di marca renziana il segretario federale della Cgil, Susanna Camusso. «Qui in piazza – dice – c’è il mondo che la scuola la fa: c’è il mondo degli studenti, degli insegnanti, del personale tecnico e delle famiglie. Sarà una minoranza rumorosa del Paese ma è quella che costruisce il futuro del Paese». Un riferimento, quello della Camusso, a una frase del sottosegretario Davide Faraone che bollava appunto come «minoranza rumorosa» il fronte dei docenti contrario al Ddl. Camusso ha poi affermato: «Ora vedremo gli effetti di questa protesta. Se sarà necessario troveremo altre modalità per continuare la nostra lotta». E ha parlato di «grande arroganza» nel voler tirare dritto di fronte a ogni obiezione. Annamaria Furlandella Cisl, in piazza a Milano, ha detto: «questa riforma l’ho letta bene, non mi piace»; mentre Carmelo Barbagallo, della Uil, ha affermato che la scuola italiana «non ha bisogno di podestà», ma di essere «pubblica, libera e democratica».
«Agnese? Non ha i nostri problemi»
Tra slogan e canti si sono sentite anche le voci dei professori: quelle polemiche, come la professoressa che al rilievo della giornalista («Ma la moglie di Renzi oggi non sciopera») replica: «La signora Agnese Landini (che insegna a Pontassieve e stamane è entrata regolarmente in classe, ndr) non ha i nostri problemi: lei ha la certezza che alla fine del mese uno stipendio entrerà in casa». Criticano anche la consultazione «aperta» che il governo dice di aver garantito per arrivare a una riforma condivisa: «Uno pseudo ascolto – replica un’altra insegnante -. Un flop, lo dicono i numeri». E al premier suggerisce: «Se vuol sapere che cos’è davvero l’ascolto, consiglio a Renzi di leggere il libro di un grande sindaco di Firenze: “L’attesa della povera gente” di Giorgio La Pira».
«Pd ha tradito impegni elettorali»
La riforma della scuola presentata dal governo «ha dei punti inaccettabili». Lo ha detto Stefano Fassina, deputato del Partito Democratico, sfilando per la vie di Roma nel corteo. «Va cambiata – ha sottolineato – la parte che riguarda i poteri dei presidi che riproduce il modello di “un uomo solo al comando” che Renzi vorrebbe per le istituzioni italiane». E Pippo Civati, anche lui in piazza, ha affermato: «Ho letto oggi una frase del ministro Giannini che poteva essere pronunciata dai suoi predecessori come la Moratti e la Gelmini – ha detto Civati -. Il ministro ha detto che questo è uno sciopero politico. Questo invece è uno sciopero non politico perché la politica non rappresenta più nessuno, perché il Pd ha tradito i suoi impegni elettorali e ha fatto una riforma della scuola lontanissima dalla nostra cultura politica».
La replica del governo
Secca la replica del ministro Giannini che, in diretta su Radio24,alla domanda su come mai da sette anni non si verificava uno sciopero con così larga adesione, ha risposto: «Perché da sette anni non ci si occupava di scuola per cambiarla». E metaforicamente, a proposito degli insegnanti idonei al concorso del 2012 che non rientrano nel piano di assunzioni, ha risposto: «Non hanno vinto un concorso. Una cosa è avere la patente, una cosa è acquistare la macchina». «Nel 2007 avevamo il 18% di insegnanti precari – ha poi puntualizzato il ministro -. Con questo ddl portiamo il precariato ad una percentuale del 2,5% che e un dato fisiologico». E il ddl cambierà «l’assegnazione degli insegnanti nelle scuole. Non c’è una chiamata diretta, si sostituisce la graduatoria con un elenco che mette in chiaro curriculum e profilo degli insegnanti».
«Sui presidi non si torna indietro»
Della contestata figura dei presidi prevista dalla riforma ha parlato invece, a Radio anch’io Faraone, per dire che «sul ruolo del dirigente scolastico il governo non torna indietro. Abbiamo rafforzato sì il ruolo del collegio dei docenti e del consiglio d’istituto, ma il ruolo del preside-sindaco non è in discussione».
Il blitz
Un blitz notturno degli studenti di Università e scuole davanti al ministero dell’Università e la Ricerca ha dato il «la» alla protesta. Davanti alla sede del ministero, in Viale Trastevere a Roma, è comparso nella notte uno striscione con la scritta «Vogliamo una scuola buona davvero». Un gruppo di ragazzi ha inscenato un flash mob le cui immagini sono state poi caricate su Youtube. Poi, di primo mattino, i primi assembramenti, per raggiungere i luoghi di ritrovo per la partenza dei cortei. Sempre a firma degli studenti un altro blitz, martedì mattina al Pincio: dal balcone sovrastante piazza del Popolo a Roma, i ragazzi dell’Uds hanno srotolato uno striscione: «Il Governo rifiuta l’ascolto – ha detto Danilo Lampis, che dell’organizzazione è coordinatore nazionale – e propone una scuola totalmente contraria alle proposte dell’AltraScuola, scritte dagli studenti negli ultimi mesi».