Lucio Ficara, La Tecnica della scuola 10.10.2015.
Gli insegnanti italiani hanno la memoria molto lunga, tanto da ricordare molto bene una accesa diatriba, avvenuta nel 2012, tra l’On. Valentina Aprea di Forza Italia, già sottosegretario al Miur nell’era Moratti e Presidente della Commissione Cultura nell’era Gelmini, e l’attuale responsabile scuola nella segreteria nazionale del partito democratico Francsca Puglisi.
A quale diatriba ci stiamo riferendo? Stiamo parlando del tentativo di fare approvare una legge in regione Lombardia, in via puramente sperimentale, sulla chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici.
Riguardo questa legge l’On. Aprea così si esprimeva: “Tale iniziativa legislativa tende esclusivamente a valorizzare l’autonomia scolastica riconosciuta dalla Costituzione. Non è una modifica della modalità di reclutamento, ma una sperimentazione che vuole esplorare la possibilità per le singole scuole o reti di scuole di selezionare con criteri trasparenti i docenti da utilizzare sui posti vacanti per le supplenze annuali. Si tratterà di un’iniziativa collocata nell’ambito delle norme generali statali e in accordo con lo Stato. Non saranno toccati i diritti acquisiti dei docenti cui spetteranno gli incarichi annuali. Le assunzioni, come noto, è lo Stato che può e deve provvedere ad esse”.
L’On. Francesca Puglisi, nel 2012 quando era ancora bersaniana, così rispondeva: “Se la regione Lombardia dovesse approvare la legge della chiamata diretta degli insegnanti da parte dei dirigenti scolastici, il ministro dell’Istruzione deve ricorrere alla Corte Costituzionale, perché tale tipologia di reclutamento è anticostituzionale. Inoltre il Parlamento non ha dato nessuna delega per stravaganti sperimentazioni sul reclutamento degli insegnanti, che devono rimanere un compito dello Stato e non del dirigente scolastico”.
Oggi, dopo appena tre anni da questa diatriba, l’on. Francesca Puglisi folgorata sulla via di Damasco si è convertita all’idea che la chiamata diretta dei docenti, da parte dei dirigenti scolastici, è pienamente costituzionale perché i docenti restano assunti sempre dallo Stato ma solo la loro assegnazione ad una scuola verrà decisa dal dirigente scolastico. L’idea originale dell’on. Valentina Aprea è stata introdotta dal partito democratico, senza dubbi e consapevolmente, nella legge 107/2015: Infatti nel comma 18 di tale legge è scritto che il dirigente scolastico individua il personale da assegnare ai posti dell’organico dell’autonomia. In buona sostanza il dirigente scolastico propone e conferisce gli incarichi ai docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento, prioritariamente sui posti comuni e di sostegno, vacanti e disponibili. Tuttavia il dirigente scolastico è tenuto a dichiarare l’assenza di cause di incompatibilità derivanti da rapporti di coniugio, parentela o affinità, entro il secondo grado, con i docenti stessi.
Questa nuova regola legislativa della chiamata diretta dei docenti, da parte dei dirigenti scolastici, sono in evidente contrasto con il codice di comportamento dei dipendenti dell’amministrazione pubblica. In tale codice deontologico, ai sensi dell’art.7 del DPR 62/2013 , è scritto quanto segue: “Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza”.
Tenendo conto che i codici deontologici sono scritti sulla base delle norme Costituzionali e dei codici civile e penale, forse bisognerebbe chiedersi se la chiamata diretta è legittima oppure un grave errore politico.