TuttoscuolaNews, n. 1066 del 30.1.2023.
Non è un fenomeno solo italiano. Negli USA, che pure hanno un sistema scolastico molto più decentrato e flessibile del nostro, prosegue la fuga degli insegnanti dalle scuole, e molti Stati fanno fatica a rimediare ai vuoti di personale registrati nel periodo della pandemia: almeno 300.000 dimissionari dal febbraio 2020 a maggio 2022, secondo la National Education Association, hanno contribuito ad aumentare il fenomeno della Great Resignation (dimissioni di massa), che peraltro tocca anche altre categorie di lavoratori, ma che nella scuola assume dimensioni preoccupanti.
Anche in Italia mancano insegnanti, soprattutto quelli di matematica e di discipline tecniche, in particolare nelle scuole del Nord, che stentano a trovare supplenti anche ricorrendo alle domande cosiddette MAD (Messa A Disposizione), riservate ad aspiranti non inclusi in alcuna graduatoria della stessa o di altra provincia, spesso studenti universitari o persone che fanno un altro lavoro e non hanno mai insegnato.
Qual è la ragione di questa fuga, e della carenza di aspiranti insegnanti nelle citate cattedre? Molte sono le ragioni addotte (dal burn out alla caduta del prestigio sociale dei docenti alla mancanza di una adeguata formazione in servizio), ma una sembra prevalere su tutte: il basso livello degli stipendi, evidenziato dal Report dell’Ocse Education at a Glance 2022 (dal 2015 al 2021 la retribuzione media di un insegnante di scuola secondaria di I grado è aumentata del 6% nell’area OCSE, ma solo dell’1% in Italia). Anche il sondaggio di Tuttoscuola su cosa dovrebbe fare il nuovo governo, reperibile sul nostro sito, mette al primo posto la voce “Aumentare lo stipendio ai docenti” (62%), che stacca nettamente le altre due (“Riconoscere la professionalità e il ruolo sociale del docente al 24% e “Contribuire allo sviluppo di una nuova didattica concreta e operativa” al 13%).
Ma anche supponendo che l’attuale governo riuscisse a trovare le cospicue coperture necessarie (secondo alcuni studi servirebbero almeno 300 euro netti al mese per allineare gli stipendi dei docenti a quelli medi dei laureati impiegati in altri settori lavorativi) basterebbe una distribuzione a pioggia – la stessa somma uguale per tutti – per risolvere il problema, invertendo la tendenza a fuggire dalla scuola? Secondo noi no. I tempi sono più che maturi per andare verso la differenziazione degli stipendi, e anche dei profili professionali e delle carriere. Ma il dibattito sulla questione, al quale non si sottrae lo stesso ministro Valditara, è aperto e segnato da importanti dilemmi. Nel parliamo nelle notizie successive.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
La grande fuga degli insegnanti dalla scuola ultima modifica: 2023-01-30T06:23:04+01:00 da