dal blog di Gianfranco Scialpi, 8.11.2011
– La scuola- carcere si sta affermando come il modello prevalente. Certifica la degenerazione educativa del sistema scolastico, dove gli alunni e ai ragazzi sono impossibilitati a completare la loro formazione in un ambiente educativo allargato.
La scuola-carcere e la triste mutazione
La scuola-carcere è un profilo che si sta affermando. Progressivamente sta colonizzando la quotidianità. L’immagine più vicina è quella del castello assediato. I suoi antagonisti sono il contesto sociale ed economico, i genitori e i giudici.
Il primo invia messaggi contraddittori: scuola ad alta formazione, ma senza bocciature.
I genitori, invece delegano alla scuola molti compiti educativi, salvo poi trasformarsi in materassi o in sindacalisti “senza ma e senza se”, arrivando in alcuni casi anche alla violenza fisica vs i docenti.
L’elenco si chiude con i magistrati. Sottopongono alla lente di ingrandimento l’evento con risvolti civili e/o penali. E’ il loro lavoro! Genera, però stress e paura nei docenti.
Quest’ultimi si difendono come possono. Privati del riconoscimento sociale ed economico, del rispetto e impotenti di fronte al rullo compressore della magistratura, non resta che la strategia della difesa che porta alla trasformazione della scuola in un carcere. Di conseguenza le aule diventano tante celle che impediscono ai ragazzi il movimento e la fruizione di ambienti formativi alternativi.
L’intervista e la conferma del “quadretto” sconfortante
Esagerazione. Forse! La scuola è un sistema complesso che sfugge ad ogni etichettatura. Esistono e convivono in essa più profili che interagiscono tra loro, presentando un immagine-scuola difficilmente riconducibile ai tradizionali e lineari modelli del passato.
Comunque su “Repubblica.it” è proposta una lucida intervista alla D.S. Franca Principe che ha vissuto sulla sua pelle (pagando di persona) le disfunzioni del sistema-scuola. Ovviamente dalla sua prospettiva che però implicitamente presenta tutte le criticità sperimentate dai docenti.
“Non possiamo trasformare le scuole in carceri. Ma non vogliamo nemmeno essere capri espiatori di un sistema che ci fa responsabili della sicurezza senza darci risorse ed edifici a norma per garantirla.
Dopo la tragedia di Milano i presidi irrigidiscono le regole. Alla primaria Virgilio di Mestre ora si fa l’intervallo in classe. Come giudica questa reazione?
Immagino che la collega abbia valutato di non avere personale sufficiente per sorvegliare gli alunni durante le pause. Ma noi non vorremmo arrivare a questo.
Occorrono risposte urgenti, altrimenti succederà che le attività nelle scuole si paralizzano».
In che senso?
Un po’ come è successo per le gite: sono diminuite perché i docenti accompagnatori si rifiutano di andare dopo le tragedie di ragazzi caduti dal balcone dell’albergo.
Non si farà più nulla di questo passo. Dobbiamo arrivare a mettere le grate anche alle finestre del primo piano perché uno studente può comunque sporgersi? La scuola non è un carcere. Noi vogliamo restituire l’intervallo ai bambini e serenità a insegnanti e famiglie».
In che modo?
Occorrono strutture adeguate.
Prendiamo il caso delle tende che devono essere ignifughe, è così in tutti gli istituti? Purtroppo no, in molte scuole non ci sono nemmeno. Da anni nel mio istituto c’è un pavimento sconnesso, abbiamo costellato il percorso di cartelli ma questo non garantisce che qualcuno non si faccia male.
Dunque ci vogliono fondi e interventi per avere edifici sicuri.
Poi va data risposta alla carenza di personale ausiliario guardando anche alla qualità. I bidelli ora hanno mansioni di pulizia e di sorveglianza generica, non sono formati a un contesto che è cambiato, tra alunni disabili gravi, bambini iperattivi e adolescenti con minore capacità di autocontrollo”.
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La scuola-carcere la strisciante mutazione ultima modifica: 2019-11-09T04:34:44+01:00 da