La scuola è più importante delle infrastrutture materiali, ma l’Italia spende poco: reprimenda Visco

di Alessandro Giuliani, La Tecnica della scuola, 22.9.2018

– “Bisogna accrescere il patrimonio di conoscenze e competenze di cui dispone l’economia”, tra queste l’istruzione, che “appare altrettanto se non più importante dell’investimento in infrastrutture materiali”. Tuttavia, oggi nel nostro Paese l’investimento per la scuola e l’università rimane modesto. A dirlo è stato Ignazio Visco il governatore di Bankitalia, sabato 22 settembre, nel corso del 64esimo convegno di Studi Amministrativi della Corte dei Conti a Varenna.
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Siamo sotto quasi un punto rispetto alla media Ue

Dopo avere lanciato l’allarme sulla sostenibilità del debito pubblico, richiamando l’attenzione sulla qualità della spesa (“il rapporto tra debito pubblico e prodotto potrebbe rapidamente portarsi su una traiettoria insostenibile” e bisogna calcolare che il Tesoro deve “collocare sul mercato circa 400 miliardi di debito pubblico”), Visco si è soffermato sul basso sforzo che si continua a produrre per formare le nuove generazioni.

“La spesa pubblica per istruzione – ha detto – è intorno al 4 per cento del Pil, molto più bassa che nella media dell’area dell’euro”.
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Gli ultimi dati Eurostat

A questo proposito, gli ultimi dati Eurostat ci dicono che a proposito degli investimenti per la formazione dei giovani siamo sotto la media europea (4,9%) di quasi un punto.

La spesa pubblica italiana corrisponde a poco meno della metà di quella sostenuta dalla Danimarca (7%), dalla Svezia (6,5%) e dal Belgio (6,4%).

Peggio dell’Italia fanno solo la Romania (3,1%) e l’Irlanda (3,7%).
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“Mancano competenze della forza lavoro”

Il governatore della banca d’Italia ha poi detto che il nostro Paese “risulta agli ultimi posti tra i Paesi sviluppati per le competenze della sua forza lavoro”, divario che “è pronunciato anche con riferimento all’attività di ricerca e sviluppo”.

Parlando del “rapido cambiamento tecnologico”, il governatore ha aggiunto che occorre fare fronte “promuovendo l’accumulazione di capitale umano e il suo miglioramento qualitativo”.

Più in generale, Visco ha esortato l’Italia ad “utilizzare al meglio le risorse: solo così – ha concluso – l’aumento della spesa può essere coerente con la sostenibilità del debito”.
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I numeri danno ragione a Visco

A dare ragione indirettamente a Visco è stato l’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro, che nelle stesse ore ha messo in evidenza, fra l’altro, il fenomeno della cosiddetta ‘sovra-istruzione’: quasi un laureato trentenne su 4 (23,6%) svolge un’attività che non richiede la laurea.

Nel 2017, infatti, degli oltre 1,7 milioni di trentenni che la possiedono, il 19,5% (344.000 persone) è risultato privo di occupazione, mentre un ulteriore 19% (circa 336.000) ha dovuto accontentarsi di operare in posizioni professionali che non richiedono laurea.
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Laureati però sottopagati

Eppure, quando si firma un contratto da dipendente potendo vantare un titolo di studio elevato la ‘concorrenza’ viene sbaragliata, poiché “la retribuzione mensile media è pari a 1.632 euro, ovvero il 30% in più di un occupato con la licenza media (1.139) e del 20% di un diplomato (1.299)”.

Inoltre, “nel 2017, il tasso di occupazione dei trentenni laureati (81,3%) è stato superiore di 8 punti percentuali, rispetto ai giovani diplomati di pari età, e arriva a 24 punti percentuali”, al confronto con i coetanei con sola licenza media”.

Insomma, il massimo titolo di studio aiuta ad apre le porte al lavoro. Peccato che ne siano in possesso meno del 20% degli italiani (la metà della media europea). E che poi il lavoro non sia in linea con gli studi svolti.

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La scuola è più importante delle infrastrutture materiali, ma l’Italia spende poco: reprimenda Visco ultima modifica: 2018-09-23T03:25:44+02:00 da
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