Huffington Post, 8.12.2018
– Intervista allo psicanalista che nel suo ultimo libro “Adolescenti senza tempo” spiega come un periodo della vita si è trasformato in condizione permanente.
Dentro ogni adolescente di oggi c’è un Ulisse che “affronta un’odissea personale lunga e tempestosa prima di ritrovare dentro di sé il proprio luogo delle origini”. Ed è un peregrinare controverso, che a volte acquisisce una dimensione infinita, quello raccontato nel suo ultimo libro “Adolescenti senza tempo” (Raffaello Cortina Editore, pp. 219) dallo psicanalista Massimo Ammaniti, professore onorario di Psicopatologia dello Sviluppo alla Sapienza di Roma e padre dello scrittore Niccolò (“sono stato un padre autorevole. Con mio figlio abbiamo un rapporto amichevole”). Il saggio – che si struttura secondo una complessa, ma comprensibile, analisi del fenomeno – sottolinea come l’età transitoria per eccellenza si sia trasformata in “una condizione permanente. Si vive – spiega Ammaniti – in un qui e ora dove il futuro è nebuloso, e dove il passato è quello lontano da cui ci si vuole staccare. I giovani così ristagnano in una passiva rassegnazione, nella quale le cose importante sono i social network, i telefonini e il consumismo. Sintetizzando: un tempo l’adolescenza finiva con i 20 anni, ora è pressoché eterna”.
Di chi sono le responsabilità?
Della fluidità della famiglia, delle difficoltà a trovare lavoro, ma anche dalla diffusione della cultura del narcisismo. A causa di tutto questo viene meno la stabilità intergenerazionale del passato. Il mondo è più complesso, le persone sono molto più insicure, tutto è più fluido e instabile. Le famiglie non sono chiaramente più quelle del passato.
A soffrirne di più sono i genitori o i figli?
Entrambi. E ognuno ha la sua responsabilità. I genitori forse ne hanno di maggiori. Quando un genitore compra al bambino di 8 anni il cellulare e lo asseconda in ogni moda, facendolo diventare fin dai primi anni preda del consumismo, la colpa è sua.
È una situazione che si ritrova solo in Italia?
È tipica dei paesi del Mediterraneo, come Spagna e Grecia. Ma il tema dell’adolescenza, oggi più che mai, è il tema dell’identità: del raggiungimento di un’identità personale, che apre le porte al mondo adulto. È la necessità di prendere una direzione, di riconoscersi, di comprendere le proprie vocazioni e i propri interessi arrivando alla costruzione di un sé stabile.
Quanto si è trasformata l’adolescenza negli ultimi decenni?
Adesso gli adolescenti, che si staccano dal gruppo famigliare, trovano un riferimento nei coetanei. Tutto è poi molto amplificato dai social network, e dalla cultura del like.
Ma la ricerca dell’identità non solo riguarda i teenagers, perché scivola fino ai trent’anni. Oggi sempre più i giovani vivono in famiglia e hanno un problema a distaccarsi dal mondo dei genitori. Come dice Adam Phillips: “I genitori si trovano ad affrontare un bilancio personale, cercando di nascondere il tempo che passa. Mentre i figli cercano di distaccarsi per cercare di liberarsi dalla setta familiare”.
Me la descrive questa setta famigliare?
Negli ultimi anni nascono molti meno figli all’interno della coppia. E questi pochi figli, fin dalla nascita, sono al centro dell’universo dei genitori. Un universo dove le differenze generazionali vengono meno. Se prima c’era il sottosistema dei figli e dei genitori, adesso il figlio si trova sulla stessa barca dei genitori. Come diceva Bauman: la famiglia è liquida.
E così le distanze generazionali tendono a sfumare. Gli stessi genitori sono, per citare i protagonisti di un altro suo libro, degli adultescenti.
Sono adulti che cronologicamente potrebbero essere dei genitori, ma continuano ad avere delle caratteristiche adolescenziali. Sono presi da loro stessi, dall’affermarsi, non vogliono invecchiare. Hanno un atteggiamento di deresponsabilizzazione assoluto.
Le radici degli adultescenti dove potremmo trovarle?
Nel giovanilismo imperante, che si nutre di una spasmodica ossessione per la giovinezza. In passato i genitori affrontavano un percorso che li portava ad essere adulti. Ora si vestono tutti allo stesso modo, con la felpa e con i blue-jeans, tutti vanno con il motorino e lo zainetto. Tende ad esserci un’omologazione che riguarda fasi diverse.
Pare che stia descrivendo uno stile proprio di alcuni protagonisti della nostra politica.
Anche loro, penso a Matteo Salvini e a Matteo Renzi, appartengono a questa generazione, e forse è il motivo per cui a entrambi manca l’autorevolezza. Pensi a personaggi del passato come De Gasperi o Moro. E poi pensi soltanto all’uso di Twitter, dove il problema della continenza non c’è più. Questo riflette il mondo adultescente.
Qual è uno dei problemi principali degli adolescenti?
La mancanza di genitori con cui confrontarsi, e non dei genitori-amici che si pongono sul loro stesso piano. Spesso, mentre in passato i genitori erano convinti del loro ruolo, oggi è come se avessero bisogno della conferma dei figli per essere tali. E un po’ come succede in politica.
In che senso?
Oggi non potrebbe esistere Churchill che dice “vi prometto lacrime e sangue”. Anche i politici di oggi vogliono il consenso, vogliono essere amati, e questo crea delle confusioni enormi. Non c’è più Edipo che lotta per affermare se stesso, ma spunta un narciso che si pone al centro dello scenario e che ha bisogno dei riconoscimenti e degli apprezzamenti altrui. Siamo sprofondati nella psicologia del follower.
Esiste una soluzione?
Credo che l’unica strada possibile sia cominciare a capire che questo percorso porterà dei guai, e già li cominciamo a vedere. Ormai il primato non è più della conoscenza, ma delle affermazioni personali. Forse si arriverà a una situazione tale che bisognerà rimettere un po’ tutto in discussione.
Allora cosa accadrà?
Forse arriveremo a capire che certi valori non si possono perdere. E così ricondurre le cose là dove l’uomo, fin dall’origine, ha avuto una sua evoluzione.
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