Maturità 2021, il caso inglese: se a giudicare gli studenti sono i loro prof i voti sono gonfiati

di Luigi Ippolito, Il Corriere della sera, 26.2.2021.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

«Sarà il Far West dei voti», ha ammonito il capo della commissione scuola del Parlamento di Westminster: perché il governo britannico, in assenza di esami di maturità – cancellati per il secondo anno consecutivo causa Covid – ha deciso di affidare agli insegnanti il compito di valutare gli allievi. Potrebbe apparire come una decisione sensata, soprattutto alla luce del fiasco dell’anno scorso: quando il governo era stato costretto alla marcia indietro dopo aver affidato i voti di maturità a un algoritmo, col risultato di penalizzare le scuole e gli allievi più svantaggiati. Ma in realtà l’idea di basarsi solo sulla valutazione dei docenti è altrettanto problematica, soprattutto alla luce delle caratteristiche del sistema britannico: e sta infatti sollevando parecchie polemiche.

Il far west

In Gran Bretagna il voto di maturità non è un inutile orpello da appuntarsi sul bavero: è ciò che decide l’intera esistenza futura di una persona. Perché da quel voto dipende a quale università si potrà accedere, dato che gli atenei selezionano gli allievi sulla base del merito: e solo se si entra in una università di eccellenza – tranne rare eccezioni – si può aspirare a una carriera di altrettanto prestigio e remunerazione. Di più: le aziende, quando devono assumere, valutano i candidati anche sulla base del voto di maturità (spesso con soglie minime di accesso). E’ per questo che la maturità è standardizzata a livello nazionale, con una commissione centrale di valutazione che mette tutti sullo stesso piano: mentre invece affidarsi ai docenti delle singole scuole espone a una estrema variabilità di criteri da istituto a istituto. Il Far West paventato all’inizio, per l’appunto.

I voti gonfiati

Inoltre è noto che i voti assegnati dai professori sono inflazionati: anche quest’anno ci si aspetta, come accaduto l’anno scorso, che siano «gonfiati» del 10-15 per cento rispetto alla norma. Il che pone una serie di problemi alle università: molte più persone riusciranno a qualificarsi per gli atenei d’élite, che quindi dovranno attrezzarsi per far posto a un numero di studenti maggiore del solito; mentre le università di fascia bassa dovranno provvedere ad allievi che in altre circostanze non si sarebbero neppure qualificate per l’istruzione superiore. Infine c’è la distorsione del mercato del lavoro: la classe del 2021, grazie ai voti inflazionati, avrà un vantaggio competitivo su chi verrà l’anno prossimo, quando si presume si tornerà alla valutazione nazionale. Insomma, in un sistema altamente competitivo e selettivo come quello britannico fare a meno degli esami e affidarsi alla discrezionalità dei docenti è una toppa peggiore del buco.

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