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Gilda Venezia

 di Fabrizio Reberschegg, dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 3.7.2022.

Un contratto che introduce da subito modifiche

allo status giuridico dei docenti e obbliga alla formazione non pagata.

Gilda Venezia

Come è noto stanno continuando gli incontri tra ARAN, che rappresenta l’amministrazione, e le organizzazioni sindacali senza che siamo comunicate formalmente le necessarie bozze contrattuali sulle quali esprimere pareri, emendamenti e controproposte.
Si tratta di un rituale pericoloso che rischia di portare in piena estate e a scuole chiuse ad accelerazioni verso una firma quasi imposta dal Governo.

Un fatto è chiaro: i soldi per i pochi aumenti stipendiali ci sono perché già stanziati dalle precedenti leggi di bilancio.
Altre poste in bilancio non ci sono.
Stiamo discutendo di un contratto che doveva essere rinnovato nel 2018. I quattro anni di ritardo sono da addebitare interamente all’inerzia strumentale dei governi che si sono succeduti.
Un ritardo nell’apertura dei contratti nel pubblico impiego significa, soprattutto per il comparto scuola, un risparmio netto nella spesa pubblica a spese del personale e dei docenti. L’atto di indirizzo sul contratto emanato da Bianchi in maggio 2022 si muove nell’ambito della rigidità di bilancio: è vincolato da una serie di “valorizzazioni” dell’attività di formazione e di funzioni organizzative nell’ambito dell’autonomia scolastica “senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato” e toglie alla contrattazione anche integrativa le “materie relative alle determinazioni per l’organizzazione degli uffici, le misure inerenti alla gestione del rapporto di lavoro, l’articolazione dell’orario di lavoro, compresi turnazioni e reperibilità, nonché l’organizzazione del lavoro nell’ambito degli uffici”.
In concreto: il potere di organizzazione complessiva è attribuito unilateralmente all’amministrazione e nel contesto della scuola dell’autonomia ai dirigenti scolastici, non saranno riconosciute a livello stipendiale aggiuntivo (al di là del risibile riconoscimento del FIS) le funzioni organizzative (coordinatori di classe, tutor, ecc.), sarà imposta la formazione obbligatoria derivata ormai da disposizioni di legge senza retribuzione accessoria.

Questo è il desolante panorama che contraddistingue l’apertura della contrattazione per il CCNL (2019-2021..). A questo punto i sindacati dovrebbero prendere atto dell’impossibilità di firmare un CCNL che aumenta i carichi di lavoro del personale e dei docenti in cambio di aumenti stipendiali netti che vanno da € 50 a € 80.
In una situazione difficilissima dal punto di vista economico (inflazione galoppante, guerra in Ucraina, aumento della quota di inoccupazione, effetti del cambiamento climatico, ecc.) l’unica soluzione è quella di stralciare la parte economica da quella giuridica, pretendendo almeno in pagamento di quanto dovuto senza alcuna modificazione dello status lavorativo dei docenti e del personale; e spostando ogni ulteriore contrattazione a settembre con l’apertura del vero contratto 2022-2024 con adeguate garanzie da parte del governo di incrementi stipendiali significativi da finanziare con il bilancio 2023.
Si tratterebbe di una sorta di tregua nelle relazioni sindacali che eviterebbe tensioni e conflittualità che probabilmente sono destinate ad esplodere all’inizio dell’a.s. 2022-23.

Sulla questione delle norme approvate dal Parlamento nell’ambito dell’attuazione del PNRR, responsabilità politica del governo che continua a legiferare a colpi di voto di fiducia, è necessario interloquire con le forze politiche vecchie, nuove, nuovissime e futuribili per modificarne i contenuti che entrano direttamente nell’ambito del CCNL e della libertà di insegnamento.
Le elezioni saranno il campo di prova per verificare la volontà del possibile nuovo ceto di governo.

 

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