Presunti casi Covid, il cerino rimarrà in mano alle scuole?

di Gianfranco Scialpi, Scuola in Forma, 22.9.2020.

Gilda Venezia

Presunti casi Covid, i genitori e i pediatri si lamentano della prassi adottata dalle istituzioni scolastiche. Tra protocolli e proteste si rischia che il cerino acceso rimanga in mano al personale scolastico.

Presunti casi Covid, le scuole chiamano e i genitori…

Presunti casi Covid, l’anno scolastico è appena iniziato. Un anno che sarà caratterizzato da protocolli e dalla paura che paralizza, amplifica le ombre, costringendo tutti a seguire le regole in modo rigido. I rischi sono tanti! Non solo sanitari, ma anche civili e penali.

Ecco spiegati i motivi che portano, al minimo sintomo riconducibile al Covid -19, il personale scolastico a contattare i genitori che non sempre reagiscono bene. Il quotidiano Il Messaggero riporta le parole di due mamme che ben sintetizzano lo stato d’animo dei genitori “Mio figlio, 4 anni, mandato via da scuola solo per uno starnuto“, “A ogni starnuto saltiamo un giorno di lavoro e andiamo a fare il tampone?
Esagerazione? Probabile! Occorre però chiarire che la scuola è obbligata a contattare i genitori. Sono le linee guida del Ministero della Salute (agosto 2020) che impongono l’obbligo: “Nel caso in cui un alunno presenti un aumento della temperatura corporea al di sopra di 37,5°C o un sintomo compatibile con COVID-19, in ambito scolastico… Il referente scolastico per COVID-19 o altro componente del personale scolastico deve telefonare immediatamente ai genitori/tutore legale.

Anche i pediatri protestano…

Al malumore dei genitori per le frequenti chiamate della scuola, si aggiungono anche i rilievi tecnici e professionali dei pediatri. Ha dichiarato P. Biasci, Presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp) “ll certificato medico per il rientro in classe senza la prova del tampone è inutile e dannoso. La richiesta di reintroduzione dell’obbligo del certificato medico per il rientro a scuola è priva di fondamento scientifico e contraddice le raccomandazioni sin qui promosse per contenere l’epidemia.

Il mondo della scuola dovrebbe volere insieme a noi le misure che consentano a bambini e ragazzi di frequentare le lezioni in sicurezza. E la reintroduzione del certificato, che si basa solo sulla valutazione delle condizioni cliniche, offrirebbe invece una falsa sicurezza sulle condizioni di contagiosità degli alunni

Cosa bisogna tener presente

A questo punto sorge la domanda: Cosa possono fare gli insegnanti?
Innanzitutto informarsi da quando scatta l’obbligo della certificazione.
A tal proposito si legge su ItaliaOggi (22.09.20) ” Nel Lazio, che aveva eliminato il certificato medico, la regione lo ha appena ripristinato, occorre esibirlo dopo 3 giorni di assenza per i bambini del nido e della materna, mentre per gli studenti delle scuole, dalla primaria alle superiori, scatta dopo 5 giorni. Tuttavia, se ci si assenta per motivi diversi da una malattia, basta che la famiglia ne dia tempestiva comunicazione alla scuola, che non richiederà la certificazione medica per la riammissione in classe.

In Veneto, Liguria e Piemonte è sufficiente l’autocertificazione dei genitori con preventivo via libera del pediatra. In Lombardia, Emilia Romagna, Umbria, Marche, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, invece, fa fede il Patto di corresponsabilità scuola-famiglia, dunque, la fiducia reciproca tra entrambe le parti. Dieci sono i giorni di assenza dopo i quali in Sicilia scatta l’obbligo del certificato medico. Per tutte le altre regioni resta la certificazione obbligatoria dopo 5 giorni di assenza.

Purtroppo nessuna regione ha accolto l’appello di A.Giannelli (ANP) a portare l’obbligo della certificazione dopo il terzo giorno di assenza.

L’autocertificazione è una soluzione impropria

Per cautelarsi di fronte al diniego di produrre certificazione medica per un numero di giorni di malattia inferiori a quelli stabiliti dalla regione, diversi docenti stanno richiedendo un’autocertificazione ai genitori.

Sul sito del Mi (pagina Faq), purtroppo la procedura non è autorizzata: “No, attraverso le dichiarazioni sostitutive non è possibile autocertificare il proprio o l’altrui stato di salute. L’art. 49 del DPR 445/2000 prevede infatti la non sostituibilità dei certificati medici e sanitari.

Breve riflessione

Presentata sinteticamente la situazione il singolo docente dovrà esprimere un atto di fede verso le autorità sanitarie e sperare di non dover passare molto tempo davanti a un giudice. Sarà molto difficile per la controparte provare che il proprio figlio ha contratto il Covid-19 in classe. Intanto, però, dovrà dedicare parte del proprio tempo a seguire il procedimento civile e, nei casi più gravi, penale.

La situazione sarebbe stata più favorevole se nel Decreto semplificazione fosse stato accolto “lo scudo penale per presidi, docenti e Ata per l’applicazione delle norme anti contagio da Coronavirus” (ItaliaOggi 22.09.20). Purtroppo, ” non è stato accolto l’emendamento con la clausola di salvaguardia per dirigenti e personale scolastico” conclude il quotidiano economico.

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Presunti casi Covid, il cerino rimarrà in mano alle scuole? ultima modifica: 2020-09-23T04:50:32+02:00 da
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