TuttoscuolaNews, n. 879 del 22.10.2018
– A leggere i commenti e le reazioni di tanti candidati alla vigilia della prova scritta del concorso per dirigenti scolastici, sorpresi dalle ordinanze dei Tar ai quali si è opposto con fermezza il Miur e del Consiglio di Stato a ridosso della prova, si può rilevare un diffuso sentimento di sconforto e di indignazione per quel fumus di messa in discussione della certezza del diritto che trapela dalle ‘creative’ decisioni dei magistrati amministrativi.
Non è la prima volta – e purtroppo non sarà nemmeno l’ultima – che si percepiscono ombre, tentennamenti e contraddizioni su quanto decidono i giudici amministrativi.
La cultura del contenzioso amministrativo sembra consolidarsi giorno dopo giorno, alimentando nella nostra società, pervasa da forti individualismi, la messa in discussione delle regole come strumento di difesa dei propri interessi.
L’uso crescente del ricorso contro gli atti amministrativi, anche quando questi sono speculari delle norme di legge di cui dispongono l’attuazione, confermano questa preoccupante tendenza, favorita da almeno due condizioni propizie.
Nonostante respingimenti di diversi ricorsi, si ha l’impressione che un fumus boni iuris ormai non lo si neghi a nessuno (soprattutto se i legali dei ricorrenti sono attrezzati e soverchianti).
Questa prima condizione di accoglimento cautelare (nel concorso DS l’ammissione con riserva), oltre a portare scompiglio e pregiudizio, prepara una seconda condizione che rafforza la messa in discussione delle regole: il trasformarsi dell’ammissione con riserva in garanzia di un diritto di fatto.
I tempi non brevi della giustizia portano spesso alle sentenze di merito quando le procedure concorsuali si sono ormai concluse (la spinosa questione dei diplomati magistrali ne è una riprova), favorendo sanatorie delle situazioni di fatto che vedono il mondo politico particolarmente sensibile.
Su questa speranza di una conclusione accomodata fanno affidamento gli studi legali, sbandierando un successo facile a basso costo (un centinaio di euro o poco più per il ricorso e l’equivalente del primo stipendio a causa vinta).
Nell’assalto alla certezza del diritto e al rispetto delle regole, il Tar diventa spesso il cavallo di Troia per abbattere le mura di Gerico della giustizia.
E in questo modo, comunque vadano a finire i ricorsi, un vincitore sicuro c’è sempre: è il cassiere degli studi legali e dei sindacati patrocinanti. E parallelamente, comunque si concluda il contenzioso, uno sconfitto c’è sempre: la certezza del diritto che vacilla sempre più sotto i colpi delle picconate dei ricorsi.
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Quando la certezza del diritto barcolla sotto le picconate dei ricorsi ultima modifica: 2018-10-22T06:14:12+02:00 da