Alessandro Giuliani, La Tecnica della scuola 12.10.2015.
La “stretta” sulle pensioni sta creando effetti paradossali. Come le due compagne di banco alle elementari, classe 53, collocate in pensione a 30 anni di distanza una dall’altra.
Lo scenario è creato dall’agenzia Ansa, che ricorda come a seguito del “rinvio delle modifiche alla Legge Fornero in tema di flessibilità”, le due coetanee “potrebbero ora uscire dal lavoro con trent’anni di differenza di età: il rinvio, infatti, farà scattare l’aumento dell’età di vecchiaia delle donne, che salirà nel 2016 da 63 e 9 mesi a 65 e 7 mesi”.
Con la prima donna che ha usufruito delle baby pensioni degli anni Ottanta, seppure con un assegno fortemente decurtato. Ma che si è ritrovata in pensione a soli 36 anni di età. Mentre la seconda donna, nata nell’anno più penalizzato dalla riforma Monti-Fornero, è stata sempre costretta a rimandare l’uscita dal lavoro, per via dell’innalzamento continuo della soglia ordinaria, passata dai 57 anni di età e 35 di contributi (quota ’92) sino all’equiparazione agli uomini (quota ‘102) che si completerà entro i prossimi 36 mesi.
“L’ulteriore aumento previsto per il 2018 – ricorda l’agenzia nazionale – penalizzerà soprattutto le donne nate nel 1953 (per quelle nate nel 1952 è prevista un’eccezione che prevede, a fronte di 20 anni di contributi versati, l’uscita a 64 anni più l’aspettativa di vita) che rischiano di dover aspettare il 2020 per andare in pensione”.
L’ipotesi è che la prima donna, quella più fortunata, “abbia cominciato a lavorare nel pubblico impiego poco dopo il diploma nel 1975 e che abbia usufruito della possibilità di andare in pensione ‘baby’ dopo aver versato 14 anni sei mesi e un giorno di contributi (possibile fino al 1992 per le donne sposate con figli), quindi a fine 1989 a 36 anni”.
Ora, continua l’Ansa, “ipotizziamo che la compagna di banco si sia laureata e abbia iniziato a lavorare nel 1978 nel settore privato. Questa seconda signora, al momento 62enne, dovrà aspettare per uscire dal lavoro il 2020 quando avrà 67 anni di età (nel 2018 infatti oltre a uniformarsi l’età di vecchiaia delle donne a quella degli uomini è previsto un nuovo scatto per l’aspettativa di vita). Quindi la seconda avrà lavorato quasi 27 anni più della prima e andrà in pensione con circa 30 anni di età in più”.
L’unica cosa che pensiamo si possa dire è che nel sistema politico e legislativo c’è stata in passato un’eccessiva apertura al prepensionamento. Mentre oggi sta accadendo l’esatto opposto. Con tantissime donne condannate a pagare sulla loro pelle gli errori del passato. E pure la pensione della compagna di banco…