di Fabrizio De Angelis, La Tecnica della scuola, 9.11.2018
Come sappiamo, la legge di Bilancio 2019 prevede diverse modifiche al reclutamento della scuola secondaria. Nello specifico, tali modifiche si trovano all’articolo 58 della bozza che dovrà essere approvata entro la fine dell’anno.
– Prima di passare in rassegna i vari interventi, alla base di tale riforma c’è l’idea, già veicolata dal Ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, di “svecchiare la classe dei docenti. Più giovani in cattedra con regole chiare. Chi vince il concorso deve essere certo di insegnare non entrare in un ginepraio di corsi e ricorsi senza avere la certezza del posto fisso”.
Addio ai tre anni di FIT: largo ad un solo anno di formazione e prova
Il primo punto su cui è necessario soffermarsi è quello relativo all’abbandono del sistema di formazione iniziale adottato dal decreto Legislativo n. 59/2017, in merito ai tre anni di formazione iniziale e tirocinio che i vincitori di concorso dovevano sostenere prima di entrare in ruolo. Infatti, in base all’articolato della bozza in legge di bilancio, il termine FIT viene sostituito in “percorso annuale di formazione iniziale e prova“.
Questo vuol dire che una volta vinto il concorso, il docente dovrà sostenere un solo anno di formazione, che varrà come anno di prova, ed in seguito sarà immesso in ruolo.
Al termine di questo anno di prova, il docente prima di entrare di ruolo, dovrà conseguire un giudizio positivo nel corso dell’anno di prova e formazione.
Considerando che sarà abrogata la titolarità su ambito, che tornerà quindi su scuola, al termine del percorso annuale di formazione e prova, l’insegnante verrà assunto sullo stesso posto e nella stessa scuola della prova dove dovrà restare però per almeno 4 anni, salvo esuberi.
Il concorso abilitante ed i 24 CFU
Adesso facciamo un passo indietro, ovvero alla procedura concorsuale che porterà alla futura assunzione dell’insegnante.
La legge di bilancio 2019 prevede che il concorso docenti per la scuola secondaria sarà aperto ai laureati, anche privi di abilitazione all’insegnamento.
Per partecipare al concorso che è previsto già dal 2019, serviranno quindi la laurea ed i 24 CFU nelle “discipline antropo-psico-pedagogiche e metodologie e tecnologie didattiche”, che restano requisito d’accesso come previsto dal Decreto Legislativo n. 59/2017.
Per quanto riguarda le prove del concorso, queste saranno articolate in tre prove complessive, composte da due scritti ed una prova orale, per il posto comune, mentre per il concorso sui posti di sostengo è previsto uno scritto a carattere nazionale e un orale.
Il primo scritto sarà valutato come superato con una valutazione di sette decimi, il suo superamento è necessario per accedere alla seconda prova, che è superata sempre con sette decimi.
Per quanto riguarda la prova orale, oltre a valutare le conoscenze nelle materie di competenze, verificherà la conoscenza di una lingua straniera europea almeno al livello B.
Ogni commissione pubblicherà la propria graduatoria per chi ha superato le prove, sommando i punteggi ai titoli.
La graduatoria di tale concorso avrà validità biennale e comunque perderà validità con la pubblicazione della successiva.
Ogni graduatoria avrà al massimo un numero di vincitori pari ai posti messi a concorso.
Valutazione titoli
Per quanto riguarda la valutazione dei titoli, che saranno poi precisati in un successivo decreto del ministero dell’Istruzione, viene stabilito che nella tabella dei titoli accademici scientifici e professionali valutabili, “comunque in misura non superiore al 20% del punteggio complessivo” … “dovrà essere valorizzato il titolo di dottore di ricerca, il possesso dell’abilitazione specifica già conseguita attraverso percorsi selettivi di accesso, il superamento di prove di un precedente concorso, il possesso di titoli accademici nell’ambito della pedagogia speciale e didattica dell’inclusione”.
Il futuro decreto ministeriale, stabilirà la costituzione di una commissione di esperti per la definizione delle tracce delle prove d’esame e delle relative griglie di valutazione.
Una volta superate tutte le prove del concorso ed il conseguimento dei punteggi minimi previsti, scatta in automatico “l’abilitazione all’insegnamento per le medesime classi di concorso”.
La riforma fa risparmiare
In tal modo, come scritto in precedenza, si determina un risparmio di spesa non del tutto irrilevante, ed è forse anche questo uno dei motivi che ha convinto il Ministro Bussetti a mettere mano al decreto 59.
Una parte dei risparmi (12 milioni di euro all’anno, per la precisione) finirà addirittura nelle casse dell’erario e contribuirà a diminuire il disavanzo pubblico.
A partire dal 2020 si prevede un risparmio di 40 milioni che aumenterà progressivamente fino ad arrivare a 120 milioni nel 20127.
Su come concretamente saranno organizzati i nuovi concorsi è necessario però aspettare i decreti ministeriali applicativi che potrebbero essere emanati non prima dell’estate del 2019.
L’appello di alcune associazioni: “Non cancellate il tirocinio”
Pur trattandosi di una bozza, appare difficile pensare che tali disposizioni non andranno a compimento, anche se è necessario mantenere le porte aperte fino al momento dell’approvazione della legge di bilancio.
E’ quello che sperano le associazioni Anfis, Adi, Associazione prof.le Proteo Fare Sapere, Cidi, Clio’92, Ddm-Go, Mce, Legambiente Scuola e Formazione, Oppi, che hanno lanciato un appello al Governo in modo che possa ritornare sui propri passi, ovvero, evitare la cancellazione del FIT: “Le modifiche introdotte dall’articolo inserito nel Disegno di Legge di Bilancio, infatti, – scrivono le associazioni – cancellano il tirocinio formativo (percorso di formazione che dovrebbe accomunare la professione docente ad altre professioni di alto profilo), e scavano un profondo solco discriminatorio fra la qualità della formazione iniziale degli insegnanti di scuola secondaria e quelli di scuola dell’infanzia e primaria, per i quali è consolidato un percorso di laurea inclusivo di un consistente tirocinio (600 ore). In ogni professione l’esperienza di tirocinio rappresenta, infatti, un necessario momento di sintesi tra saperi teorici e saperi pratici, e il tirocinio nella formazione iniziale degli insegnanti è ritenuto da tutti gli esperti del settore un momento estremamente qualificante l’esperienza formativa degli insegnanti”.
Inoltre, “con la soppressione dell’Art. 12 – (Tirocinio) del D.lgs. 59/2017 viene, inoltre, eliminata ogni possibilità di collaborazione tra scuola e università e istituzioni AFAM, andando contro ogni indicazione orientativa della comunità scientifica e delle istituzioni che si occupano di formazione e scuola in Europa, ed escludendo dalla formazione coloro che nel tirocinio hanno svolto ruoli formativi cruciali, come i tutor coordinatori provenienti dalla scuola”.
MODELLI DI RECLUTAMENTO A CONFRONTO (A CURA DELLE ASSOCIAZIONI)
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