inviata da Giovanni Vianello, 22.11.2023.
Bisogna ricominciare a parlarne cercando la più ampia convergenza delle sigle sindacali e con una forte campagna di comunicazione alle famiglie, agli studenti e all’opinione pubblica
Valditara ha dichiarato la sua soddisfazione per i dati della partecipazione allo sciopero del 17 novembre indetto da CGIL e UIL che hanno dimostrato l’assenza di un numero significativo di adesioni tra docenti e personale della scuola.
Le ragioni di un simile risultato sono evidenti. Hanno sbagliato CGIL e UIL a non coinvolgere tutte le sigle sindacali della scuola come se lo sciopero fosse un momento per stabilire una sorta di egemonia della rappresentanza sindacale anche nel comparto della scuola.
I docenti e i lavoratori della scuola si sentono da anni indifesi di fronte alla valanga di riforme che hanno aumentato in maniera esponenziale il loro lavoro senza che ad esso corrispondano significativi miglioramenti della loro situazione stipendiale. Provvedimenti e riforme che hanno determinato uno scadimento progressivo della qualità del sistema scolastico.
Da anni gli scioperi della scuola non funzionano a causa della frammentazione sindacale e delle contraddittorie richieste portate avanti mobilitazione dopo mobilitazione. Non si capisce ad esempio perché i docenti dovrebbero scioperare per aumentare stipendi e poteri dei dirigenti scolastici (che si definiscono “datori di lavoro”) o per rafforzare una “autonomia scolastica” di stampo aziendalista che spinge alla progressiva impiegatizzazione della professione.
Solo nell’ultimo periodo sembra che ci sia un ripensamento degli errori fatti nel passato da parte di alcune sigle sindacali, ma resta ancora confusione nelle modalità e negli obiettivi da porre in essere. Il risultato attuale è il senso di disagio e disillusione che esprimono gli insegnanti, sempre più soli e sempre più sotto attacco da parte di dirigenti scolastici e famiglie.
Nella legge di bilancio pochi sono i presumibili aumenti stipendiali per la scuola, molto distanti da quegli incrementi dignificativi che dovrebbero almeno coprire la perdita di potere di acquisto dell’ultimo decennio. Il governo Meloni sta lavorando per una ulteriore riforma che porterà alla decostruzione dell’istruzione tecnica e professionale, all’applicazione dell’autonomia differenziata regionale che potrebbe spingere alla distruzione completa della scuola della Repubblica. Resta la preoccupazione per il futuro contratto di lavoro che potrebbe mettere mano alla parte normativa da cui discendono le prerogative della libertà di insegnamento e dei diritti della categoria.
Molti ripetono che lo strumento dello sciopero tradizionale è inefficace ed obsoleto.
Ma cosa si può proporre in alternativa?
Lo sciopero delle attività aggiuntive e “volontarie”?
Il blocco delle gite scolastiche e dei viaggi di istruzione?
Il blocco della scelta dei libri di testo?
Sono tutte modalità sperimentate da alcune sigle sindacali nel passato, tra le quali anche la Gilda, ma con risultati spesso deludenti che sono stati determinati spesso dalla mancanza di appoggio delle grandi sigle sindacali che sembrano ancora troppo sensibili alla gestione dell’accessorio con la contrattazione delle RSU e che hanno paura del fatto che, se nessuno si offre a fare l’’accessorio”, la scuola si blocca come macchina burocratica e come erogatrice di servizi a domanda individuale (i mitici progetti..).
Eppure forse bisogna ricominciare a parlarne cercando la più ampia convergenza delle sigle sindacali e con una forte campagna di comunicazione alle famiglie, agli studenti e all’opinione pubblica. Bisogna rilanciare l’idea di una forte associazione professionale dei docenti, trasversale alle varie sigle sindacali, che sappia rappresentare gli interessi della categoria, come del resto hanno fatto i presidi, ora dirigenti scolastici, fondando l’Associazione Nazionale Presidi che ha molto più potere delle varie sigle sindacali del comparto.
Era il vecchio obiettivo della Gilda degli Insegnanti. Ora appare sempre più attuale.
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Sciopero del 17 giugno: poche adesioni nella scuola, ma le ragioni della mobilitazione restano tutte ultima modifica: 2023-11-22T04:35:14+01:00 da