di Claudio Tucci, Il Sole 24 Ore, 30.4.2017
– Ancora 48 ore e per i primi 1,1 milioni di alunni, quelli della scuola primaria, mercoledì 3 maggio, scatteranno i consueti test Invalsi: si partirà con le domande d’italiano, seguite, solo per gli studenti di seconda primaria, da una prova di lettura della durata di due minuti. Il giorno 5 si replicherà con la matematica; per poi proseguire il 9 maggio con i 543mila ragazzi di seconda superiore, e chiudere il 15 giugno con i 571mila studenti di terza media (per loro è l’ultimo anno in cui l’Invalsi fa parte dell’esame di licenza). Complessivamente, anche quest’anno, si cimenteranno con i test oltre 2,2 milioni di alunni, sparsi in quasi 24mila istituti (poco più di 116mila classi). L’Invalsi invierà osservatori esterni in circa 750 scuole primarie, 1.200 superiori, non solo per “controllare” il regolare svolgimento delle operazioni, ma anche, specie nella secondaria, «per poter stimare le differenze tra macro-indirizzi», spiega il responsabile prove Invalsi, Roberto Ricci.
L’agitazione dei sindacati di base
Con l’avvicinarsi dei test – un film che si ripete ogni anno – i sindacati di base (Usb, Cobas, Unicobas) hanno indetto l’ennesima giornata di sciopero (per il 3 maggio); e dagli insegnanti “più radicali” è già partito il pressing per spingere genitori e studenti a boicottare le rilevazioni nazionali. In realtà, già da diverso tempo ( a eccezione del 2015 quando la protesta del mondo della scuola fu molto forte con mezzo milione di insegnanti in piazza – ma non per l’Invalsi, bensì per contestare la riforma Renzi-Giannini all’ultimo miglio in Parlamento) la partecipazione alle prove è sempre stata quasi totale: nel 2016, per esempio, ricorda Ricci, «le prove sono state svolte dal 97% di istituti della primaria, e dal 91% di quelli della secondaria di secondo grado, a testimonianza di come queste rilevazioni siano ormai condivise da tutti, a partire dai professori, perché rappresentano un’opportunità di miglioramento dei processi di insegnamento e apprendimento dei ragazzi».
Per questo, dal prossimo anno, con un decreto attuativo della “Buona Scuola” che entrerà in vigore in settimana con la pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale», l’Invalsi, dopo 10 anni, andrà incontro a una mini-rivoluzione che porterà a completamento il disegno riformatore sulla valutazione degli apprendimenti voluto nel 2007 dall’ex ministro, Giuseppe Fioroni.
Le modifiche in arrivo
Le novità in arrivo sono tre e tutte di peso: due per i ragazzi, una per i docenti. Oggi le prove, a carattere nazionale, in italiano e matematica sono somministrate (Dpr 80 del 2013) solo in alcuni anni del ciclo di studi: seconda e quinta primaria, terza media, seconda superiore. In terza media sono inserite nell’esame di Stato e gli esiti concorrono alla votazione finale del diploma.
L’Invalsi debutta in quinta superiore
Dal prossimo anno, il 2017/2018, si cambia: alla scuola media le prove si svolgeranno entro il mese di aprile (alla primaria rimane tutto invariato, cioè maggio). In terza media, quindi, il test non farà più parte dell’esame di licenza, non inciderà sul voto finale del diploma e gli esiti saranno inseriti nella certificazione delle competenze. A fianco della prova di italiano e matematica, poi, in quinta primaria e terza media, saranno introdotte, per la prima volta in Italia, prove sulle abilità di comprensione e uso della lingua inglese, coerenti con il Qcre per le lingue (Quadro comune di riferimento europeo).
Dal 2018-2019, è la seconda novità per gli studenti, i test in italiano, matematica e inglese sbarcheranno anche in quinta superiore, in aggiunta alle normali prove somministrate al secondo anno. Tali verifiche si svolgeranno durante l’anno. I livelli di apprendimento conseguiti e la certificazione dell’inglese saranno indicati, in forma descrittiva, in una specifica sezione del curriculum dello studente allegato al diploma finale di maturità. Per gli alunni di terza media e quinta superiore la partecipazione alle prove sarà obbligatoria, pena la non ammissione agli esami di Stato. In caso di assenze per gravi e documentati motivi, valutati dal consiglio di classe, saranno previste sessioni suppletive. I test, poi, saranno computer based, e ciò «ridurrà i carichi di lavoro e gli aspetti adempitivi per i docenti – aggiunge Damiano Previtali, a capo della direzione Valutazione del Miur – rendendo le prove maggiormente flessibili e riducendo comportamenti opportunistici, come il cheating» (l’aiutino degli insegnanti durante i test).
Attività ordinaria per i docenti
La novità principale per i professori è che l’Invalsi diventa «attività ordinaria d’istituto». Non sarà più, come adesso, volontaria, ma rientrerà nei normali compiti del personale scolastico (ciò renderà più difficili eventuali boicottaggi, dando ai presidi uno strumento in più per garantire, da Milano a Palermo, il regolare svolgimento delle prove).
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Scuola, al via i test Invalsi per oltre due milioni ultima modifica: 2017-04-30T12:41:24+02:00 da