di Lorena Loiacono, Il Messaggero, 14.2.2020
– I risultati delle prove Invalsi non rientreranno nel curriculum dello studente. Ancora un passo indietro per quei test che, fin dal primo giorno, sono stati contestati da molti docenti e studenti. Una valutazione che, per forma e sostanza, non piace alla scuola.
Ma, professoressa Anna Maria Ajello, presidente dell’Invalsi, perché tanta paura di una valutazione? C’è davvero da aver paura?
“Esiste una paura atavica dell’esame, un’idea dell’esame che provoca inevitabilmente ansia. Ma in Italia su questo aspetto dovremmo davvero cambiare prospettiva: l’esame viene vissuto come una forma di controllo punitivo quando invece, nel caso specifico dei test Invalsi, si tratta della promozione dell’autonomia”.
In che senso?
“Se capiamo dove sbagliamo, possiamo correggerci. Migliorare una prestazione andata male ci fa capire che un giudizio non è mai definitivo. E che possiamo migliorarci. Senza contare poi la carica positiva che può dare un esame”.
La carica di adrenalina?
“Intende il saper reggere la tensione dell’esame? Sì, anche quello aiuta a diventare grandi. L’ansia per un esame è normale e non va temuta. Anche perché sfuggire da un esame non serve: evitare l’Invalsi non garantirà comunque una vita tranquilla. Gli esami sono ovunque, dall’università ad un colloquio di assunzione. Mi riferivo anche alla sensazione di positività post esame”
Quando va bene?
“Certo. Si pensa sempre alla bocciatura ma pensiamo invece alla promozione, ad un esame andato bene: ci gratifica enormemente e ci dà quella dose di autostima necessaria per affrontare sempre nuove sfide”. Anche all’estero i test sono così contestati? “Ci sono polemiche nei paesi, come gli Usa, dove in base ai risultati delle prove le scuole vengono finanziate meno o addirittura sottodimensionate”.
In Italia non accade.
“Assolutamente no. Anzi, abbiamo adottato il percorso opposto: con l’iniziativa avviata quest’anno per colmare i divari territoriali potremmo ottenere ottimi risultati”. Divari Nord – Sud? “Sì ma non solo quelli geografici: nello stesso territorio, a pochi chilometri di distanza, può capitare che una scuola abbia ottimi risultati e un’altra no. Non dipende né dal luogo né dal ceto sociale. Con questa iniziativa potremo intervenire dove serve, del resto abbiamo una mappatura capillare”.
Una valutazione potrebbe scoraggiare i ragazzi dell’ultimo anno?
“No, innanzitutto perché non c’è un punteggio e poi perché i risultati vengono restituiti dopo gli esami di maturità quindi non c’è alcuna forma di influenza sull’andamento scolastico e degli esami”.
Quindi che cosa riporta?
“Viene descritto il livello raggiunto dallo studente e come si colloca nei 5 previsti”. Come può essere usata una valutazione capillare? “Avere risultati precisi e disporre di dati attendibili significa fornire agli studenti esattamente il supporto adatto a loro, per migliorare. Ogni scuola ha le sue necessità e non sono assolutamente tutte uguali”.