Scuola, “Soldi per tutor e piani inutili, ma niente per le classi pollaio e gli stipendi dei prof”

di Corrado Zunino, la Repubblica, 25.5.2024.

Scuola, appello da cento insegnanti contro il “progettificio “del Pnrr: “Soldi per tutor e piani inutili, ma niente per le classi pollaio e gli stipendi dei prof”.

Gilda Venezia

ROMA – C’è una scuola che non si rassegna, e chiede che l’istruzione sia fatta di insegnamento, libero rapporto tra docenti e alunni, non solo di progetti che rincorrono i finanziamenti europei (Pon, nazionali, e Pnrr, europei e straordinari) senza una coerenza. “Per difendere e rilanciare la professione insegnante e il futuro dei giovani”, si legge nella lettera-appello di 105 docenti di istituti scolastici di ventitré città italiane, che si sono appena incontrati a Torino, “stop alla scuola-progettificio, tutti i soldi vadano a una scuola che sia davvero di cultura e conoscenza”.

“Una valanga di soldi”

Sui cattivi investimenti del Pnrr abbiamo già visto: dirigenti scolastici costretti a spendere in droni e visori per arrivare a chiudere la lista della spesa e, poi, il grosso dei finanziamenti in forte ritardo (anche per responsabilità degli enti locali, chiamati in causa per l’edilizia scolastica). Ora un blocco di docenti impegnati scrive questo: “Una valanga di soldi è arrivata alle scuole negli ultimi anni. Cifre enormi, che non sono mai state disponibili per ridurre il numero degli alunni nelle classi, aumentare gli stipendi dei docenti tra i più bassi d’Europa, stabilizzare i precari, rendere sani e sicuri gli edifici. Un calcolo approssimativo ci dice che ad oggi, solo per il Pnrr, un solo istituto comprensivo può aver ricevuto più di 500.000 euro. Sommati ai vari Pon e alle tranche di Pnrr ancora in arrivo si può superare il milione per istituzione scolastica”.

Il mercato della formazione

La lettera, e il dibattito che l’ha preceduta, sono entrati nel dettaglio dell’utilizzo ministeriale di questi fondi: “Si è formato un grande mercato di agenzie, formatori, strumenti tecnologici, esperti esterni. Con quale risultato? Chi è legato alla didattica, al rapporto formativo ed educativo con la classe, a un curricolo organico da portare avanti con coerenza, non può che constatare come questo enorme mercato abbia portato con sé una frammentazione dell’insegnamento e una burocratizzazione sempre più pervasiva. Ciò finisce per alimentare una formazione a spot, a finestre decontestualizzate, a un rapporto con la cultura fatto di micro-competenze sprovviste di un quadro d’insieme”.

“Così è difficile trasmettere le discipline”

Ancora: “Il docente che ama il proprio lavoro, la disciplina che insegna, che vuole svilupparla nel rapporto con gli alunni, si trova sempre più intralciato, ingessato da meccanismi burocratici assurdi, sostituito da esperti esterni, con la classe che viene divisa, smembrata. Quelli che fino a pochi anni fa erano progetti complementari a un percorso didattico strutturato e uguale per tutti, gestiti in modo semplice, sono diventati un vero e proprio tumore che tende ad allargarsi e a devastare la scuola, la professione insegnante, la comunità scolastica. Il tempo per insegnare viene a mancare e, così, si rimette in discussione il saper leggere e scrivere, la conoscenza della Storia, della Geografia, delle basi scientifiche, delle arti”.

La selezione esclude studenti

Questa scuola esclude, sostengono i centocinque docenti. “Assistiamo sempre più spesso a un’istituzione che seleziona gruppi, fa attività per pochi, differenzia. La pretesa di mettere al centro ‘la persona’, ‘l’individuo’”, un mantra dell’attuale ministro Giuseppe Valditara, “si sta rivelando per ciò che nascondeva: una scuola che instrada i ragazzi sulla base delle promesse e delle esigenze di un mercato del lavoro che nel giro di qualche mese può cambiare e tradire ogni aspettativa. È il significato stesso di scuola che viene rovesciato”, si legge infine, “da luogo che, nella prospettiva dell’articolo 3 della Costituzione, dovrebbe dare a tutte e a tutti le basi dell’emancipazione, sta diventando una scuola che nega gli strumenti per raggiungerla. La parola ‘insegnante’ non appare più nei progetti Pnrr, sostituita da ‘esperto’, ‘tutor’, ‘organizzatore’”.

Il “salario al merito” (Berlinguer 2000, Gelmini 2010, Renzi 2015) e la chiamata diretta dei docenti (Renzi 2015) stanno penetrando con una differenziazione salariale “ottenuta attraverso funzioni che non riguardano l’insegnamento e che lo attaccano”, nonché con i “bandi” per selezionare esperti, associazioni, no profit che hanno la pretesa di dire ai docenti che cosa fare, o perfino di farsi da parte”.

La “Conferenza nazionale per la riconquista di una scuola che istruisce”, questo il nome che si è dato il gruppo, si rivolge a tutte le forze politiche, sindacali, di difesa della scuola pubblica: “Questo modello di non-scuola va fermato, è urgente rimettere al centro un’istruzione fondata sulle discipline, sull’organicità della progressione didattica, sul rapporto stabile tra docenti e allievi nella classe, sulla libertà d’insegnamento su programmi uguali per tutti”.

Scuola, appello da cento insegnanti contro il “progettificio “del Pnrr: “Soldi per tutor e piani inutili, ma niente per le classi pollaio e gli stipendi dei prof” La denuncia: “Investimenti sbagliati, didattica frammentata. Il business dell’istruzione sta impoverendo gli alunni”.

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