– Su tutto il territorio nazionale, esiste già da anni il cosiddetto fenomeno della “trasformazione della cattedra di seconda lingua comunitaria”, purtroppo è anche da rilevare che l’incresciosa questione tocca con ripetitività alcune lingue straniere rispetto ad altre.
Le conseguenze della trasformazione determinano un vulnus nella titolarità del docente ovvero perdita della stabilità nell’istituto. E’ infatti l’aumento di ore di una lingua a vantaggio di un’altra che concretizza la trasformazione che poi progressivamente genera il passaggio da una cattedra interna ad esterna, con impossibilità di recuperare le ore di titolarità perdute. Che dire poi quando le cattedre vengono trasformate per aumentare nella scuola le ore di una lingua in cui non è presente nemmeno il titolare.
Quasi sempre la giustificazione dell’incremento di ore di una lingua viene ricondotta alle scelte delle famiglie che proprio sul punto, se possono vantare una priorità di scelta questa è del tutto marginale a fronte della salvaguardia della titolarità dei docenti interni con cattedra di 18 ore. Tale assunto dovrebbe essere pertanto rispettato in sede di determinazione degli organici di istituto, non dimenticando che ogni anno il Miur emana una specifica nota al riguardo, dove sottolinea appunto che la trasformazione delle cattedre di seconda lingua comunitaria è possibile laddove, all’interno della scuola, non siano presenti titolari, con contratto a tempo indeterminato.
Da un punto di vista normativo è proprio l’art.14 del D.P.R. n.81 del 2009, chiarissimo sul punto, a tutelare dal pericolo della ‘trasformazione’ delle cattedre interne; oltretutto il suddetto articolo è stato oggetto di una ordinanza del Tribunale di Fermo, risalente al 15 febbraio 2013, la quale ha esplicitato bene il concetto: “è ancora evidente come per trasformazione [l’art.14] intenda la creazione di prime classi con seconda lingua comunitaria diversa da quella insegnata dal docente titolare di cattedra”. Nell’Ordinanza la parte ricorrente lamentava che l’Amministrazione era tenuta a “verificare il rispetto del metodo che doveva essere utilizzato nella formazione dell’organico, volto a tutelare, per legge, la titolarità delle cattedre già esistenti”. Nei fatti il rispetto di questo metodo non viene preso in considerazione e la tutela derivante dall’art.14 viene del tutto ignorata.
Nel caso di trasformazione di cattedra esiste per il docente un pregiudizio attuale e concreto che comporta il ricorso al giudice del lavoro per porre rimedio alla illegittimità dell’atto amministrativo adottato. Nell’Ordinanza il giudice afferma che il POF pur essendo determinate nelle scelte pedagogiche, organizzative e gestionali delle scuole, non “ha nulla a che vedere con la gestione degli organici dei docenti (…) la normativa soprarichiamata, infatti ha una precisa ratio, che è quella di tutelare la titolarità di cattedra dei docenti di ruolo, arginando la rincorsa alle mode ed alle richieste delle famiglie per l’attivazione di nuove lingue”. In assenza avremmo infatti cattedre di seconda lingua comunitaria ‘liquide’, soggette ai desiderata delle famiglie o alle scelte dei collegi dei docenti, i quali potrebbero di per sé determinare la soprannumerarietà dei titolari.
La cattedra va salvaguardata a prescindere dalle condizioni di titolarità, su ambito, su scuola o su posto di potenziamento, non giustificandosi quindi la trasformazione per effetto delle scelte delle famiglie. Anche due ore ritagliate alla cattedra interna ne pregiudicano, a regime, la titolarità. Spetta ai dirigenti scolastici il rispetto della normativa sopra richiamata e agli uffici scolastici territoriali il controllo sugli atti dirigenziali adottati.
Concludendo, tutelare la titolarità spetta al docente che ha l’obbligo di denunciare agli uffici competenti l’eventuale trasformazione subita sulla propria titolarità, anche se gli Uffici scolastici regionali hanno l’obbligo di controllare gli organici. Purtroppo il fenomeno è in aumento e i contenziosi proliferano di pari passo.
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