di Orsola Riva, Il Corriere della sera, 25.1.2019
– Lo prevedono proposte di Lega e Forza Italia a margine del testo per la reintroduzione dell’educazione civica a scuola. Ma il ministro Bussetti: «L’utilizzo dei device per la didattica è uno strumento fondamentale e quindi sono a favore del loro uso».
Vietare totalmente l’uso dei cellulari a scuola? L’ipotesi prevista in alcune delle proposte di legge che mirano a reintrodurre l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole primarie e secondarie non piace al ministro Marco Bussetti che taglia corto ribadendo che «l’utilizzo dei device per quanto riguarda la didattica è uno strumento fondamentale e quindi sono a favore del loro uso ma soprattutto ho fiducia nei nostri studenti». A riaprire l’eterno dibattito «cellulari sì, cellulari no» sono state in queste ore due proposte di legge, una della leghista Giorgia Latini, l’altra dell’ex ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini (Forza Italia) che hanno riproposto l’esigenza di imporre il divieto di utilizzo del cellulare all’interno delle scuole per legge. «Per come la vedo io – dice il leghista Massimiliano Capitanio, primo firmatario del primo progetto per la reintroduzione dell’educazione civica a scuola – dovrebbe essere una norma di buon senso tenere il cellulare spento in classe. Un po’ come uno non tiene il casco in testa. Purtroppo però assistiamo continuamente alla diffusione di video registrati di nascosto a danni di compagni e docenti». Di qui l’ipotesi di esplicitare il divieto nel nuovo disegno di legge sull’educazione civica all’esame alla Camera. «Il cammino della legge è ancora lungo e non è detto che si renda necessario mettere per iscritto il no ai telefonini. Alla fine dovremo raggiungere un accordo per un testo unico e a quel punto vedremo che fare con il cellulare. Una cosa però è certa: se lo si vieta, le regole dovranno essere uguali per tutti, professori inclusi». Ma il ministro Marco Bussetti è di diverso parere: «Credo molto nel senso di responsabilità degli studenti sull’uso consapevole di questi strumenti ai fini di un migliore apprendimento. Condanno invece in maniera decisa l’uso per altri fini».
Tra permessi e divieti
In Francia il governo Macron ha bandito i cellulari da scuola vietandone l’uso alle elementari e alle media anche nelle pause tra le lezioni e durante la ricreazione in cortile. In Italia al contrario appena un anno fa l’ex ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli ha varato un decalogo per l’uso consapevole del telefonino a scopo didattico, che di fatto superava il divieto imposto nel 2007 con una circolare dell’allora ministro Giuseppe Fioroni. Il progetto di legge della Latini vuole correggere il rischio che le norme varate l’anno scorso vengano vissute dagli studenti come uno «sdoganamento» del telefonino a scuola «imponendo il divieto di utilizzare all’interno degli edifici scolastici e men che meno (sic) durante l’attività didattica, i dispositivi di telefonia mobile e i tablet». Tablet che molte scuole utilizzano normalmente per l’attività didattica. La proposta dell’onorevole Latini estende il divieto anche ai professori in nome dell’«esigenza educativa di offrire ai discenti un modello di riferimento esemplare da parte degli adulti» e si concentra sull’individuazione di «un repertorio di sanzioni volte a garantire, con il massimo rigore, l’effettivo rispetto delle regole». Quali? In realtà l’unica punizione esplicita prevista è il «sequestro temporaneo del dispositivo», mentre nel testo si pone l’accento semmai sull’importanza di corredare le sanzioni con «percorsi educativi a scopo riparatorio a favore di tutta la comunità scolastica». Tipo? «Pulizia delle aule, piccole manutenzioni, svolgimento di attività di assistenza o di volontariato nell’ambito della comunità scolastica». Capitanio però frena e spiega che la proposta della collega allo stato «è solo un’ipotesi»: il progetto è pronto ma non è stato ancora nemmeno depositato. «Per come la vedo io non dovrebbe neanche essere indispensabile scrivere per legge quello che è ovvio: e cioè che il cellulare durante le lezioni dev’essere spento. In questa fase ci stiamo confrontando, vediamo come andrà a finire».
… e la proposta Gelmini
Diverso è il caso della proposta della Gelmini che è già stata accorpata al disegno di legge sulla reintroduzione dell’educazione civica a scuola, ma in realtà non si discosta in modo poi così evidente dalle norme già in vigore. Essa infatti prevede sì il divieto di utilizzo dei telefoni mobili e degli altri dispositivi di comunicazione elettronica all’interno delle scuole, ma in base al principio dell’autonomia scolastica delega ai singoli istituti di fissare «condizioni, casi e luoghi in cui l’utilizzazione dei telefoni mobili e degli altri dispositivi di comunicazione elettronica è consentito per finalità didattiche o per esigenze indifferibili degli alunni». Proprio come già previsto dal decalogo Fedeli.
Apocalittici e integrati
Nella disputa infinita fra apocalittici e integrati, nemici giurati dei dispositivi elettronici in quanto «armi di distrazione di massa» e sostenitori dell’uso strategico delle nuove tecnologie per riuscire a tener desta l’attenzione dei millennials, una cosa è certa: finora i divieti sono serviti a poco, vista la produzione e diffusione continua di video durante le lezioni. A meno che non si voglia fare come quel liceo paritario di Piacenza che da quest’anno costringe gli studenti a consegnare i telefoni all’ingresso a scuola depositandoli nei sacchetti Yondr, quelle buste blocca-smartphone che vengono usate per esempio nelle anteprime cinematografiche in funzione anti-pirateria. Anche se così, va detto, la scuola rinuncia al suo ruolo di agenzia educativa capace di sensibilizzare le giovani generazioni a un uso responsabile dei cellulari.
.
.
.
.