di C.L. Redattore sociale, 17.3.2020
– L’ultimo decreto approvato dal Consiglio dei Ministri contiene, tra l’altro, tre misure che riguardano direttamente la disabilità: lavoro e permessi (congedi parentali e legge 104), chiusura dei centri diurni e prestazioni domiciliari. Per FFISH e FANDe va bene.
I caregiver: “Siamo abbandonati e senza forze”.
ROMA. Aumentano i giorni di permessi lavorativi previsti dalla legge 104/199, così come le tutele per i lavoratori – con e senza disabilità – in “sorveglianza attiva” e i congedi parentali; chiudono i centri diurni; resta attiva – ma nel rispetto di tutte le misure di sicurezza – l’assistenza domiciliare. Sono questi tre gli ambiti d’intervento, in materia di disabilità, del decreto “Cura Italia” che il Consiglio dei ministri ha approvato ieri sera. Misure a cui guardano con interesse tutte le persone con disabilità e le loro famiglie, che al tempo stesso chiedono chiarimenti su alcuni aspetti non ben definite. Evidenziamo dunque qui di seguito cosa è stabilito in ciascuno di questi ambiti e ciò che invece resta da chiarire, con l’aiuto dell’analisi pubblicata su HandyLex da Carlo Giacobini, il quale precisa: “nel momento in cui andiamo in linea, il documento non è ancora ufficializzato”. Se ne attende infatti la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Permessi lavorativi (legge 104/1992) e non solo
“Il numero di giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa di cui all’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, è incrementato di ulteriori complessive 12 giornate usufruibili nei mesi di marzo e aprile 2020”: questo è quanto recita l’articolo 23 del decreto che però lascia aperte alcune diverse interpretazioni: quella “più favorevole è: a regime normale i giorni di permesso sono 3 mensili; con il nuovo decreto saranno 15 mensili. Se ne aggiungono quindi 12 mensili – spiega Giacobini – La seconda lettura, meno favorevole e condizionata da quel ‘complessive’ è che per marzo e aprile si aggiungano 12 giornate totali di permesso. Il che significherebbe che il totale dei permessi sia: 3 (già previsti a marzo) + 3 (già previsti ad aprile) + 12 (a distribuire fra marzo e aprile) = 18 giorni totali di permesso fra marzo e aprile. Quale sia l’interpretazione corretta – conclude – spetta solo al Legislatore dirlo; peraltro non illumina nemmeno la lettura della relazione accompagnatoria al decreto”.
Ma c’è un aspetto ancor più ambiguo e critico nell’articolo 23: “Il testo del decreto si riferisce ai permessi previsti dal comma 3 dell’articolo 33 della legge 104/1992: sono le tre giornate (non i permessi ad ore) e sono quelle concesse ai genitori e ai familiari di persone con disabilità grave accertata e documentata. Propriamente i permessi ai lavoratori con disabilità grave, invece, sono riconosciuti dal comma 6 dello stesso articolo 33. Ad una lettura restrittiva la nuova disposizione non riguarderebbe i lavoratori con disabilità. Ad una lettura estensiva il comma 6 in questione richiama a sua volta il comma 3 oggetto dell’attuale estensione. Si tratta di un cono d’ombra che verrà sanato, molto probabilmente nel modo più favorevole e anche logico nei prossimi giorni – ipotizza Giacobini – Nei prossimi giorni verosimilmente ci saranno anche indicazioni operative di Inps e della Funzione Pubblica se non anche del ministero del Lavoro”.
Sempre in tema di lavoro, l’articolo 25 sulla “sorveglianza attiva dei lavoratori” ha un impatto anche su quelli con disabilità: esso di fatto equipara il periodo della cosiddetta “quarantena” al ricovero ospedaliero retribuito e soprattutto prevede che l’assenza dal lavoro in questo periodo “non sia computata ai fini del comporto, cioè di quel periodo di assenze per malattia oltre il quale non si ha più diritto alla conservazione del posto di lavoro e si può essere licenziati per eccesso di morbilità (malattia) – spiega Giacobini – Lo stesso status (ricovero ospedaliero) viene riconosciuto fino a fine aprile, indipendentemente dalla condizione di ‘sorveglianza attiva’, anche ai lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n.104, nonché ai lavoratori in possesso di certificazione ‘rilasciata dai competenti organi medico legali’, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita anche se non sono in possesso della certificazione di handicap con connotazione di gravità (basta il comma 1 dell’articolo 3)”.
I dubbi non mancano, anche in questo caso: “Quello più delicato è sull’esatta individuazione dei ‘competenti organi medico legali’ chiamati a rilasciare le attestazioni previste dal Legislatore – spiega Giacobini – La lettura più coerente vorrebbe che siano i servizi di medicina legale delle Asl anche se dal punto di vista operativo e di tempi ciò desta non poche preoccupazioni”.
Per quanto riguarda i congedi parentali, il decreto ne introduce una nuova formula rispetto a quelli tradizionali: tutti i genitori (anche affidatari) hanno diritto a 15 giorni mensili retribuiti al 50% (anziché al 30% di altre formule) per ogni figlio fino ai 12 anni, Ma nel caso di persone con disabilità grave, viene meno il requisito dell’età, purché il figlio stesso sia iscritto a una scuola o a un centro diurno assistenziale.
Il decreto parla poi di “lavoro agile” o “smart working”: per quanto riguarda la disabilità, l’articolo 38 prevede che in via eccezionale (fino a fine aprile), i lavoratori dipendenti con disabilità grave o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità grave, abbiano diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile “salvo che questo sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”. Commenta Giacobini: “Si tratta di un diritto piuttosto volatile e comunque limitato alle situazioni in cui sia effettivamente possibile svolgere le proprie mansioni in remoto. Un testo che, non marginalmente, è foriero di contenzioso essendo piuttosto discrezionale la valutazione di quella ‘compatibilità'”..
Chiudono i centri diurni.
Di forte impatto la misura che prevede la chiusura dei centri diurni per persone con disabilità, siano essi a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario per persone con disabilità. “Annotiamo che sono praticamente tutti ad esclusione dei centri di riabilitazione estensiva ambulatoriali e simili”, osserva Giacobini, che precisa: “L’Azienda sanitaria locale, può, d’accordo con gli enti gestori dei centri diurni (ma solo quelli socio-sanitari e sanitari) attivare interventi ‘non differibili ‘ in favore delle persone con disabilità ad alta necessità di sostegno sanitario,quanto la tipologia delle prestazioni e l’organizzazione delle strutture stesse consenta il rispetto delle previste misure di contenimento”. Quali siano però questi interventi “non differibili”, “La norma non lo dice – osserva Giacobini – lasciando quindi discrezionalità alle Asl”. Il decreto chiarisce inoltre che, per tutta la durata dell’emergenza, l’assenza dal centro non potrà naturalmente comportare la dimissione da esso. Come avviene in condizioni di normalità.
Assistenza domiciliare.
Il decreto affronta poi la questione dell’assistenza domiciliare, ma lo fa “timidamente”, commenta Giacobini, “lasciando margini alle amministrazioni”. Queste, secondo il decreto, sono chiamate, in questa situazione di emergenza, a fornire prestazione individuali domiciliari, ma “tenuto conto del personale disponibile” già impiegato in tali servizi. In alternativa quelle prestazioni possono essere rese o a distanza o nel rispetto delle direttive sanitarie negli stessi luoghi ove si svolgono normalmente i servizi ma senza ricreare aggregazione e quindi “assembramenti”. “Quei servizi si possono svolgere secondo priorità individuate dall’amministrazione competente – riferisce Giacobini – tramite co-progettazioni con gli enti gestori, impiegando i medesimi operatori ed i fondi ordinari destinati a tale finalità, ‘alle stesse condizioni assicurative sinora previsti, anche in deroga a eventuali clausole contrattuali, convenzionali, concessorie, adottando specifici protocolli che definiscano tutte le misure rispettino le indicazioni per il contenimento del contagio”.
FFISH e FAND e “apprezzano” il decreto e ne “comprendono lacune e imperfezioni da imputare alla convulsa emergenza”. Ma famiglie e caregiver sono allo stremo: “Siamo abbandonati e senza forze, senza assistenza e senza aiuti, soli con i nostri figli” (cl)
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Coronavirus, disabilita’, caregiver: ecco cosa prevede il Cura Italia ultima modifica: 2020-03-18T05:37:46+01:00 da