Il Corriere della sera, 17.11.2022.
Il rapporto della fondazione Rocca: nella scuola italiana tante riforme ma nessun cambiamento per il capitale umano. Il ministro: manderò una lettera a tutte le famiglie per spiegare le opportunità di lavoro.
«Al governo chiediamo una prospettiva lunga – dice Gianfelice Rocca – perché sono cambiati troppi ministri ma i numeri della scuola non sono cambiati». «Ci vuole un patto ventennale», gli fa eco l’ex ministro dell’Istruzione Francesco Profumo , ora presidente della fondazione della Compagnia di San Paolo. E infatti a scorrere le 120 pagine del rapporto «Scuola, i numeri da cambiare» (Fondazione Rocca, euro 10), presentato ieri a Roma nel convegno moderato da Ferruccio de Bortoli, è un impressionante susseguirsi di grafici che testimoniano come le debolezze e le difficoltà delle scuole italiane dal 2010 al 2020 non sono state superate. Non sono peggiorate, è vero ma neppure migliorate. Eppure, dopo i tagli del 2008 un po’ di risorse sono arrivate e soprattutto molti cambiamenti legislativi (e molte assunzioni) sono stati fatti. Ma restano il 7,3 per cento di dispersione implicita (studenti con diploma ma senza competenze), un’età media degli insegnanti che è la più alta d’Europa (50,2 anni), il 15 per cento di differenza nella preparazione tra Nord e Sud, un massimo salariale che si raggiunge dopo 39 anni di professione e soltanto un laureato su 100 che sogna di fare l’insegnante. Tutto con una spesa per la scuola, che in termini assoluti non è molto inferiore a quella degli altri Paesi europei. Una situazione di emergenza secondo il presidente di Confindustria Carlo Bonomi: «Tra un po’ avremo più insegnanti che studenti a causa della crisi demografica. Non possiamo permetterci il 27 per cento di Neet: purtroppo le riforme finora sono state fatte più per gli insegnanti che per gli studenti con uno scambio sindacale che non è la strada giusta neppure per insegnanti e dirigenti scolastici. E questo non ha inciso sull’occupabilità degli studenti alla fine del percorso».
«Una lettera a tutti i genitori»
Una risposta il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara la accenna. Vuole far ripartire l’ascensore sociale che «è bloccato dal ‘75. Ci sono oltre un milione di posti di lavoro non coperti e le imprese non trovano le competenze adeguate». Due i filoni sui quali il ministro si vuole muovere. Il primo è l’orientamento: entro la fine dell’anno scolastico le famiglie degli studenti di terza media riceveranno una lettera del ministro che conterrà tutti i dati sulle opportunità non solo scolastiche ma occupazionali dell’area di residenza»: «Voglio un’alleanza per il merito – ribadisce – che risolva i problemi concreti, vorrei che passassimo dalla scuola della selezione sociale a quella della valorizzazione dei talenti, che non perda chi ha un’intelligenza pratica e non astratta». Ricorda l’aneddoto del suo amico di scuola che faceva fioriere con i copertoni e che una scuola più adeguata avrebbe saputo valorizzare tanto quanto «me che avevo otto in latino e greco». E qui viene la seconda proposta di Valditara: cambiare l’insegnamento della matematica, renderlo adeguato ai ragazzi. «Basta con l’insegnamento astratto, ci vuole una formazione sempre più personalizzata con un docente che si faccia carico di coloro che hanno difficoltà e di coloro che sono studenti eccezionali».
«Recuperare il ritardo dovuto al Covid»
Un approccio che convince i presenti, come Luca Cordero di Montezemolo. Attilio Oliva, della Fondazione Treellle propone di aprire le scuole anche ai privati perché «il sistema monopolistico può essere pericoloso», ritorna su temi a lui cari da sempre come la valutazione dei docenti, con un sistema di premi, e più in generale sull’idea di dover «cambiare il modello organizzativo della scuola che non funziona più». Anche Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli punta la sua attenzione sulla preparazione e la formazione dei docenti: «Va bene invocare l’autonomia delle scuole ma se la preparazione degli insegnanti non è adeguata, anche l’autonomia è fittizia. E’ stata approvata in primavera la riforma della formazione iniziale che ora prevede un master e tirocinio per chi vuole diventare insegnante, ma va affrontato anche il tema della carriera dei docenti». Non solo, anche la questione degli effetti (devastanti) del Covid sulla scuola e sugli apprendimenti, secondo Gavosto va riproposta nel dibattito: «Purtroppo è stata rimossa ma riguarda un’intera generazione: nessuno si pone il problema del recupero degli apprendimenti».
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