D’amore e mascherine

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Astolfo sulla luna, 11.1.2022.

Gilda Venezia

Nell’era delle pandemie, che vede il trionfo della statistica, restiamo in attesa dei numeri promessi dal ministro dell’istruzione che dovrebbero fornire un quadro realistico della prima giornata di apertura della scuola.

Preceduta da infiniti dibattiti/ polemiche e da un accordo cacofonico nella maggioranza sulle nuove misure sanitarie in vigore negli istituti scolastici di ogni ordine e grado, il 10 gennaio c’è stata l’apertura delle scuole e, contemporaneamente, si son delineate alcune prese di posizione: da un lato l’Associazione Nazionale Presidi presagisce il dilagare della DAD già entro la prima settimana, dall’altro il governo ha ribadito il fermo proposito di non prorogare la data di apertura, anche contro le iniziative di sindaci e governatori che, chi più o chi meno, chi sottovoce, chi manifestamente, si battono per spostare tale data. Ovviamente i i soliti mezzi ufficiali di informazione danno spazio ad autorevoli intellettuali che almanaccano di “professori innamorati dello stipendio e non d’insegnare” o danno risalto alla preside pugliese che ha installato gli aereatori nelle classi.

Dato che un politico che preferisco non nominare ha rilasciato una dichiarazione con cui, elargendo un encomio solenne alla preside di cui sopra, osservava che a tutti presidi è stata assegnata la stessa somma (sembra 400 milioni), domandandosi perciò come mai non avessero fatto altrettanto, mi permetto di suggerire una umile risposta: forse altre scuole hanno dovuto destinare tali fondi (che non è detto siano stati direttamente erogati agli istituti scolastici) ad altre urgenze, ad esempio a reperire nuovi spazi per gli studenti tali da garantire il prescritto distanziamento fra le famose “rime buccali”. Fra i tanti esempi di possibile impiego di tali somme mi è venuto in mente questo per due motivi: il primo è che, nonostante un notevole investimento nella costruzione di container per alloggiare le classi del mio istituto, diverse aule, pur con il dovuto distanziamento, restano alquanto sovraffollate; il secondo motivo è che il solerte operatore che ha girato il servizio contenente l’intervista al politico summenzionato, con l’intento di mostrare i modernissimi aereatori comandabili dagli studenti stessi, ha mostrato aule dagli ampi spazi, con distanze interbuccali ben oltre il prescritto metro.

A questo punto una domanda me la pongo io: se i nostri rappresentanti democratici hanno una conoscenza del mondo della scuola pari a quella dimostrata da costui, allora si capisce come mai il famoso banchiere assurto a mediatore politico abbia potuto – nella tardiva conferenza stampa dedicata ufficialmente alla spiegazione delle misure di contenimento della quarta ondata, concessa proprio il giorno di apertura delle scuole – bypassare quelle regole dell’un, due, tre poste a freno del contagio e che rischiano di far impazzire il personale scolastico, con l’elegante formula del “la scuola è il fondamento della democrazia”.

Volete sapere cosa ne pensano i miei ragazzi in proposito? Che sì, d’accordo, ma che la prima scuola di democrazia è la famiglia, non solo, ma che bisognerebbe trovare i metodi migliori per continuarla questa scuola anche quando, forse presto, si sarà di nuovo in DAD: molto concreta e diretta, questa next generation, non è vero?

Ora, vorrei tornare all’emerito professore filosofo nonché psicanalista che la sera prima del fatidico giorno di apertura si è lanciato in un ragionamento a mio modesto parere non all’altezza della sua meritata fama. Ammesso anche che molti insegnanti abbiano approfittato dell’emergenza sanitaria per restarsene a casa nel dolce far nulla, qualcuno avrà pur dato loro il permesso di farlo: in ordine crescente di importanza, segreterie compiacenti, strutture sanitarie inefficienti, medici sbadati, normativa inapplicabile. . . non  pensa il nostro professore, che ha una così alta concezione del lavoro dell’insegnante, anche ai doveri di altre categorie di lavoratori?

E sottolineato che il nostro è un mestiere da amare, si è reso conto costui di come in questi tre anni proprio il lavoro di insegnante sia radicalmente cambiato nei suoi tratti caratteristici? Infatti proprio l’aspetto enfatizzato in questo ragionamento, ossia la relazione, è stato completamente sconvolto dalla didattica a distanza: per semplificare, minima condizione perché la scuola possa svolgere la missione indicata, condivisa anche dal capo del governo, è poter guardare negli occhi serenamente i nostri studenti. Si cominci allora col rendere più chiare e semplici le misure di contenimento del contagio, rifornendo magari gratuitamente chi opera nella scuola di test antigenici e mascherine protettive, invece di polemizzare sulle forme di impiego dei fondi strutturali.

11/1/22                                                                                              Astolfo sulla Luna


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D’amore e mascherine ultima modifica: 2022-01-12T05:19:58+01:00 da
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