TuttoscuolaNews, n. 926 del 11.11.2019
– Senza pretendere di mettere in discussione i dati ufficiali di fonte Eurostat che attribuiscono all’Italia un ottimistico 14-15% di dispersione, ancora una volta Tuttoscuola presenta la propria elaborazione calcolata sulla totalità degli studenti che frequentano gli istituti statali della secondaria di II grado. Il metodo è semplice e non si avvale di stime o campioni statistici, e consente la lettura in profondità di fenomeni sul territorio e per tipologia di indirizzo scolastico, pur sapendo bene che una parte degli studenti “persi” dalla scuola statale rientra nella non statale e nei percorsi di IeFP. Una lettura particolarmente necessaria, se si considera – come ricorda l’Ocse – che “coloro che hanno la maggiore probabilità di andare male a scuola o di abbandonarla senza diplomarsi, molto spesso vengono da famiglie povere o di immigrati”. Mentre è notorio che le famiglie più agiate seguono con più attenzione i loro figli e scelgono le scuole pubbliche – statali e paritarie – considerate migliori. Fenomeni che divengono ancora più complessi se si aggiunge l’analisi della cosiddetta dispersione implicita, cioè la quota non trascurabile di studenti che pur raggiungendo il diploma secondario superiore conseguono il diploma non raggiungono nemmeno lontanamente i livelli di competenza che ci si dovrebbe aspettare dopo tredici anni di scuola: l’anticamera dell’analfabetismo funzionale, che in Italia raggiunge il 30 per cento, addirittura il doppio rispetto alla media europea del 15 per cento.
Nell’analisi della dispersione esplicita di Tuttoscuola il numero complessivo di studenti iscritti al 1° anno viene comparato con quelli del 5° anno, cinque anni dopo. La differenza corrisponde al numero degli studenti che lungo il percorso quinquennale hanno abbandonato e consente il calcolo immediato del tasso percentuale di dispersione: un vulnus per il sistema, che resta tale anche se una parte peraltro limitata di quegli alunni si iscrive a percorsi alternativi.
Nell’ultimo quinquennio, iniziato nel 2014-15 e concluso nel 2018-19, dei 616.284 studenti iscritti al 1° anno del 14-15 sono risultati iscritti al 5° anno del 18-19 soltanto in 469.006.
Mancavano all’appello 147.278 studenti, con un tasso di dispersione del 23,9%.
Ma, rispetto a quella media nazionale, la situazione delle province italiane è notevolmente differenziata: va infatti dal 10,9% della provincia di Grosseto al 42,9% di quella di Nuoro.
Nella top ten della minor dispersione, dopo la provincia di Grosseto, c’è quella di Cosenza con il 13,7% di tasso di dispersione, seguita da Frosinone (13,8%), Perugia e Benevento (15,1%), Avellino (15,5%), Udine (16,2%), Pesaro Urbino e L’Aquila (16,7%) e Terni (16,8%).
Da notare che nelle prime dieci province con un basso tasso di dispersione cinque appartengono a regioni del Centro, quattro del Sud e una sola del Nord.
Nelle ultime dieci, invece, dove si nascondono i più alti tassi di fallimento nella scuola statale, vi sono: come detto la provincia di Nuoro che, perdendo nell’arco di cinque anni più di 1.300 degli oltre tremila studenti che aveva iscritto in prima nel 2014-15, ha fatto registrare un tasso di dispersione del 42,7%, seguita da altre due province sarde (Cagliari e Oristano) con oltre il 30% di dispersione, poi Prato con quasi il 40%, Napoli e Palermo con il 31%.
In valore assoluto Napoli detiene il record negativo del più elevato numero di studenti ‘dispersi’: 13.166, cioè più del 31% dei 42.240 che risultavano iscritti al 1° anno di corso cinque anni prima.
Milano e Monza non sono da meno con quasi ottomila studenti che hanno abbandonato durante l’ultimo quinquennio. Peggio ancora Roma con quasi 8.700 studenti dispersi nel quinquennio.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
Dispersione scolastica: grande divario tra le province. Grosseto al top, Nuoro in fondo ultima modifica: 2019-11-11T05:36:57+01:00 da