Educazione Civica, l’unica materia che ha un voto in pagella ma non ha un «suo» prof

di Anna Rosa Besana e Rossella Gattinoni, Il Corriere della sera, ed. di Brescia, 20.10.2022.

Una riforma a metà: 33 ore l’anno, equivalenti a un’ora alla settimana, che vanno ritagliate dal monte orario delle altre materie e rimpallate fra i vari docenti. A costo zero 

Gilda Venezia

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento.

Nel florilegio di riforme e riformine, di cui si sono fregiati molti ministri succedutisi alla guida del Miur negli ultimi anni, merita attenzione l’ultimo tentativo di riportare al centro della pratica didattica della scuola italiana l’Educazione Civica, ritenuta indispensabile per la formazione di cittadini attivi. Dal settembre 2020 (con la legge 92/2019), a sostituzione dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, a suo tempo introdotto dal Ministro Gelmini, l’Educazione Civica è apparsa nelle scuole di ogni ordine e grado della Repubblica guadagnandosi lo statuto di materia a tutti gli effetti con tanto di voto in pagella. D’altra parte, non si è ritenuto di dover attribuire l’insegnamento a un docente dedicato, nella convinzione che ogni professore dovesse avere sufficienti competenze di vivere civile e fosse, come per vocazione, deputato a comunicarne i fondamenti. Ma se guardiamo con più attenzione alla legge, non si tratta solo di trasmettere regole dettate dal contesto scuola, di per sé luogo per eccellenza del vivere sociale. L’obiettivo è quello di insegnare «la conoscenza e la comprensione delle strutture e dei profili sociali, economici, giuridici, civici e ambientali della società» con l’intenzione finale di sviluppare negli studenti «la capacità di agire da cittadini responsabili e di partecipare pienamente e consapevolmente alla vita civica, culturale e sociale della comunità».

Il legislatore specifica poi le tematiche inerenti oggetto di insegnamento:

  1. Costituzione, istituzioni dello Stato italiano, dell’Unione Europea e degli organismi internazionali; storia della bandiera e dell’inno nazionale;
  2. Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile;
  3. educazione alla cittadinanza digitale;
  4. elementi fondamentali di Diritto, con particolare riguardo al Diritto del Lavoro;
  5. educazione ambientale, sviluppo eco-sostenibile e tutela del patrimonio ambientale, delle identità, delle produzioni e delle eccellenze territoriali e agroalimentari;
  6. educazione alla legalità e al contrasto delle mafie;
  7. educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni;
  8. formazione di base in materia di protezione civi le.

Anche a una lettura superficiale, non può sfuggire la mole di argomenti da sviluppare nelle 33 ore annue (all’incirca un’ora alla settimana) della materia che, in base alla legge, deve essere valutata con un voto autonomo attraverso verifiche periodiche da svolgersi in tutte le discipline, dato il carattere trasversale dell’insegnamento. In sostanza, l’insegnamento viene affidato ai docenti della classe; qualora presente, l’incarico, in primis, va al docente di discipline economico-giuridiche. Nel caso questi non sia previsto – si pensi in quanti Istituti non c’è – l’insegnamento viene attribuito in contitolarità a più docenti, i quali devono condividere gli obiettivi di apprendimento in sede di programmazione dei singoli Consigli di classe, sotto la guida di un coordinatore dedicato. Per tale incarico «non sono dovuti compensi» a meno che, in fase di contrattazione ad inizio anno scolastico, non si decida di attingere al fondo d’Istituto (per inciso, non risulta accada di frequente). Insomma, i docenti devono aggiornarsi, studiare argomenti tecnici complessi, con continui richiami tematici, che non rientrano nei loro programmi e, magari, ironia della sorte, affrontare la tematica n.4, ovvero il Diritto del Lavoro. Lo stesso Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) nell’esprimere un giudizio positivo sulla scelta di dare centralità all’insegnamento dell’Educazione Civica ha aggiunto: «da tale enunciata centralità dovrebbero discendere consequenziali scelte di politiche di investimento; mentre assistiamo ancora una volta, a interventi sull’esistente e a costo zero».

Accade così che lo scollamento tra ideologia e realtà risalti in modo evidente. Innanzitutto, come già posto in rilievo, l’Educazione Civica non entra nei curricoli con la dignità di una disciplina con un suo orario ben definito. L’ora in più è sottratta a tutte le altre discipline con non poche criticità. Si consideri il biennio dei licei: già nell’insegnamento di Storia (tre ore settimanali) si è fatto rientrare quello di Geografia, ora si aggiunge Educazione Civica. Pensiamo a discipline come Matematica, che, se non trovano argomenti adatti, devono cedere ore per Assemblee di Classe o di Istituto. Giusto per dire che tutti concorrono all’assolvimento dell’obbligo del monte ore previsto. In definitiva, nulla da obiettare sulla rilevanza dell’insegnamento di contenuti dall’alto valore civico, almeno per fornire l’abc su questioni che, anche nelle sedi più importanti delle Istituzioni dello Stato, non sempre risultano patrimonio comune ed acquisito. D’altro canto, si pretende che argomenti davvero complessi siano affrontati da chi non ha competenze specifiche in materia e non viene nemmeno incentivato nel caso ritenga di volerle sviluppare. Come se trasmettere solide competenze in fatto di cittadinanza fosse qualcosa da sbrigare come una pratica da archiviare. Con tutta evidenza, questo vuol dire che non siamo di fronte ed una disciplina autonoma, con un’episteme precisa e una dignità riconosciuta. Insomma, l’Educazione Civica rimane, come sempre, una «cenerentola».

Anna Rosa Besana e Rossella Gattinoni sono  docenti di Lettere dell’IISS A. Greppi di Monticello in Brianza (Lecco)

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