Alessandro Giuliani, La Tecnica della scuola Sabato, 23 Maggio 2015
Siamo al penultimo posto negli investimenti per l’istruzione: il 4,1% del Pil, solo la Spagna (4%) peggio di noi. Cgia Mestre: appena un quarto della spesa pensionistica, nessuno nell’Ue ha questo squilibrio. Appello alla Consulta dell’ex giudice costituzionale Cassese: valuti i conti, perché se noi diamo ai pensionati poi togliamo a scuola e servizi sociali.
L’Italia ha la spesa pensionistica più onerosa d’Europa: si tratta del 16,8% del Pil, che corrispondono quasi a 270 miliardi di euro all’anno. A rilevarlo è la Cgia di Mestre.
A questa spesa super per gli assegni di quiescenza, però, fa da contraltare lo scarso investimento per l’Istruzione: il nostro Paese, infatti, figura al penultimo posto negli investimenti per l’istruzione: il 4,1% del Pil, che corrispondono a soli 65,5 miliardi di euro l’anno. Solo la Spagna (4% del Pil) fa peggio di noi. Tra il 2003 e il 2013, la spesa per la scuola è scesa dello 0,5%. Solo l’Estonia ha “tagliato” di più (0,6% del Pil). In valore assoluto investiamo 65,5 miliardi di euro all’anno che corrispondono al 4,1% del Pil. Appena un quarto della spesa pensionistica.
Ma quello che sottolinea il sindacato veneto è che “nessun altro Paese dell’area dell’euro presenta uno ‘squilibrio’ così evidente. In Ue, ad esempio, le pensioni costano mediamente “solo” 2,6 volte l’istruzione, in Francia 2,7 volte, mentre in Germania 2,5”.
“I dati riferiti all’Italia – dice il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – sono in parte condizionati dal trend demografico. Tuttavia, non possiamo disconoscere che le politiche di spesa realizzate negli ultimi quarant’anni abbiano privilegiato, in termini macroeconomci, il passato, ovverosia gli anziani, anziché il futuro, cioè i giovani”.
In Italia tra il 2003 e il 2013 la spesa pensionistica sul Pil è aumentata di 2,6 punti percentuali, attestandosi a quota 16,8%. In termini assoluti il costo per le nostre casse pubbliche nel 2013 è stato di 269,89 miliardi di euro. In Italia ci sono circa 16 milioni e mezzo di pensionati, contro i 18,4 milioni presenti in Francia e i 23,5 residenti in Germania. Ma rapportando il numero di pensionati al numero di occupati, il nostro Paese presenta l’incidenza più elevata di tutta l’Europa: 74,3%. A fronte di una media continentale del 63,8%, in Francia il dato si attesta al 72,4% e in Germania al 61,6%.
Tra l’altro, la spesa per le pensioni potrebbe tornare a crescere, per via delle recente sentenza della Consulta che ha rigettato la norma he introdotto il blocco delle indicizzazioni sulle pensioni superiori a tre volte il minimo. Per il momento, il Governo ci ha messo una “pezza”, dando in settimana il via libera ad un rimborso forfettario (attorno ai 500 euro, a seconda dell’assegno pensionistico). Ma i sindacati, come l’Anief, e le associazioni dei consumatori, come il Codacons, hanno immediatamente detto che si tratta di una somma ridicola: la battaglia in tribunale è garantita. Poi ci sono altre impugnazione, come quella sul mancato rinnovo contrattuale. Con il rischio, per lo Stato, di dover soccombere.
Ne è convinto anche l’ex giudice costituzionale Sabino Cassese, che in un’intervista al Quotidiano nazionale del 23 maggio dice: “nei prossimi mesi sono previste decisioni su ricorsi che potrebbero avere un grande impatto sul bilancio dello Stato, basti pensare a quella sui contratti del pubblico impiego. Io mi aspetto che la Corte Costituzionale faccia il suo mestiere, quello di bilanciare diritti”.
Per Cassese, quindi, “in questo caso bilanciare i diritti dei dipendenti pubblici con i diritti di altri titolari di diritti. Come ha giustamente detto il presidente del Consiglio, se noi diamo ai pensionati, poi togliamo alla scuola, alla sanità, agli altri servizi sociali”. La conclusione dell’esperto di diritto costituzionale è inevitabile: “La Consulta non ripeta l’errore, stavolta valuti i conti”. Valuti che il salasso per lo Stato, e a “cascata” per i cittadini, che riceverebbe servizi di peggiore qualità, di potrebbe essere davvero alto.