Il ministero dell’Istruzione e del “Merito”: da MI a MIM

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TuttoscuolaNews, n. 1054  del 24.10.2022.

Gilda Venezia

Nasce il governo Meloni: dal Centro-destra al Destra-centro.

Con la nascita del governo presieduto da Giorgia Meloni si sono verificati due eventi storici per il nostro Paese (o “Nazione”, come la neopresidente ha detto presentando il suo governo) in età repubblicana: l’avvento alla guida dell’esecutivo di una donna e la formazione di una maggioranza politica con una chiara connotazione di Destra. O di Destra-centro, come alcuni commentatori preferiscono dire, ma con l’accento sulla Destra, dato il preponderante peso di Fratelli d’Italia nella compagine di governo.

Il Centro-destra ha avuto più volte responsabilità di governo nella cosiddetta Seconda Repubblica (Silvio Berlusconi, inventore della formula, ha presieduto quattro governi), ma l’accento è sempre caduto sul Centro. Ora, per la prima volta, cade sulla Destra. Cioè, come afferma la stessa Giorgia Meloni, su un soggetto politico con espliciti tratti identitari di tipo conservatore e tradizionalista, che si colgono in particolare in FdI ma anche nella Lega di Salvini (meno in quella di Giorgetti).

Vedremo presto quali conseguenze avrà in concreto questa assunzione di responsabilità di governo da parte della Destra nei diversi settori, dalla politica estera a quella economica a quella scolastica, che ci interessa più da vicino. Intanto si possono notare alcune novità lessicali (ma con evidente significato politico) nella denominazione dei Ministeri. Quello dell’Agricoltura diventa “Agricoltura e sovranità alimentare” (come in Francia, viene spiegato, ma nel contesto italiano il termine “sovranità” ha un vago sapore autarchico), quello delle Pari opportunità diventa “della famiglia, natalità e pari opportunità”, con queste ultime in terza posizione; quello dello sviluppo economico diventa “delle imprese e Made in Italy”, che suona un po’ nazionalista (ma Meloni dice “patriottico”); quello dell’Istruzione, infine, diventa “dell’Istruzione e del merito”: apparentemente una dichiarazione di guerra, per ora solo semantica, alle politiche ispirate all’uguaglianza delle opportunità e all’inclusione, alle quali si contrappone un termine come “Merito” (con la M maiuscola), che richiama piuttosto una visione individualista e competitiva dei processi educativi.

Di questo, e di molto altro, dovrà occuparsi il nuovo ministro, Giuseppe Valditara, al quale vanno i nostri sinceri auguri di buon lavoro, e anche di buona fortuna, nell’assolvimento del suo impegnativo incarico. Ne parliamo nella notizia successiva.

Giuseppe Valditara ministro dell’Istruzione e del “Merito”

Nella newsletter della scorsa settimana parlavamo di “enigma” a proposito del nominando nuovo ministro dell’Istruzione. Si sono alternati fino all’ultimo diversi nomi, tanto da legittimare il sospetto che nessuno volesse farsi carico di un Ministero così “difficile”, fino a che la lancetta della roulette si è fermata su quello di Giuseppe Valditara, professore ordinario di Diritto romano nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino, sostenuto dalla Lega.

Non un nome nuovo per chi si occupa di scuola, perché Valditara, eletto senatore per Alleanza Nazionale per tre legislature (dal 2001 al 2013), è stato responsabile scuola di quel partito e Segretario della VII Commissione Scuola, Università, Ricerca del Senato dal 2006 al 2013. Nell’ottobre 2018, dopo essersi riavvicinato alla Lega (che era già stata il suo partito di riferimento in età giovanile, al tempo della sua collaborazione con Gianfranco Miglio, teorico del federalismo), è stato nominato dall’allora ministro Bussetti (Lega) Capo Dipartimento per la Formazione Superiore e la Ricerca presso il MIUR.

Nel 2019 ha fondato il think tank Lettera 150 (dal numero di accademici promotori) e in vista delle elezioni del 25 settembre 2022 ha pubblicato, insieme ad Alessandro Amadori, il volume “E’ l’Italia che vogliamo. Il manifesto della Lega per governare il Paese” (ed. Piemme), con prefazione di Matteo Salvini.

Di scuola, oltre che di università, Valditara si è perciò sempre occupato. Nell’aprile del 2008, in una intervista rilasciata a Tuttoscuola, si dichiarò favorevole al riconoscimento dei meriti individuali degli insegnanti (notare l’impiego della parola “meriti”) e allo sviluppo di una vera e propria carriera professionale, che superi definitivamente l’ancoraggio alla sola anzianità di servizio. “Ma ogni passo avanti nella carriera deve essere basato sull’acquisizione certificata di ulteriori competenze, che deve avvenire in ambito universitario mediante la frequenza di appositi corsi“, aggiunse.

Venendo a tempi più recenti, indicazioni chiare sull’orientamento di Valditara in materia di riforme scolastiche si trovano in una nota pubblicata dal citato think tank Lettera 150, di cui è il coordinatore. Polemizzando in campagna elettorale con Carlo Calenda, che aveva ventilato l’ipotesi (non una vera proposta, come Tuttoscuola ha spiegato), avanzata mesi prima, di licealizzare l’intera scuola secondaria superiore per rafforzare la cultura di base dei giovani, Valditara ha scritto che “È semmai necessario pensare ad un potenziamento della istruzione tecnico professionale, trasformandola in una scuola di serie A, non nella seconda o terza scelta dei giovani e delle famiglie, come purtroppo accade ancora oggi, tanto più che con gli ITS Academies si è aperta la possibilità di costruire un percorso tecnico professionale graduale e continuo dai 14 ai 22 anni per tecnici di alta specializzazione“.

Una impostazione che si ritrova in pieno nel programma di politica scolastica della Lega, e in modo più sfumato anche in quello della coalizione di Centro-destra. Su questo punto, peraltro, il ministro Valditara parte avvantaggiato perché trova un forte ancoraggio nel PNRR scuola, che si è mosso nella stessa direzione.

… e del merito. Da MI a MIM

Più ancora del nome del nuovo titolare del Palazzo della Minerva ha sorpreso l’apposizione che è stata riportata al tradizionale nome del ministero dell’istruzione: … e del merito.

La denominazione del dicastero responsabile del settore scuola è cambiata poche volte nel corso della storia d’Italia. Sotto il regime fascista era stato denominato ministero dell’educazione (il termine era rimasto visibile fino a qualche anno fa sul frontone del palazzo, coperto appena dalla nuova denominazione di “istruzione”). Dal 1946 la denominazione era diventata dell’istruzione e tale era rimasta fino a ieri.

Era stato denominato anche “pubblica istruzione” (MPI), ma l’aggettivo “pubblica” era stato tolto per semplificare la successiva denominazione comprensiva di Università e Ricerca (MIUR).

Poco tempo dopo la separazione da queste ultime due ha ridotto la denominazione a MI. Con l’arrivo del Merito, l’acronimo dovrebbe ora diventare MIM.

L’imprevista apposizione ha colto di sorpresa il mondo della scuola, e non solo. Ci si interroga sulla portata di quel termine, probabilmente voluto o approvato dalla stessa premier e dal suo entourage, che ha tradotto ad abundantiam l’obiettivo elettorale della coalizione.

 

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Il ministero dell’Istruzione e del “Merito”: da MI a MIM ultima modifica: 2022-10-24T06:28:04+02:00 da
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