Io donna, 20.4.2018
– Il bullismo spiegato dalla terapista –
I fatti segnalati dalla cronaca in questi giorni e i video circolati nel web, a partire da quello dei tristi fatti di Lucca, hanno provocato una intensa discussione. Quando non uno, ma decine di studenti prendono in giro platealmente i propri docenti, fino a sottoporli a vere e proprie vessazioni, ci si è chiesto, la colpa è forse della scuola che, non educato vere, sta creando dei piccoli mostri? Oppure le radici stanno da un´altra parte? Come al solito, le opinioni sono molteplici, e spesso, per darsi degli alibi, si è portati a scaricare sulla principale istituzione educativa tutte le responsabilità. Ma le cose, secondo gli esperti, non stanno esattamente così. Lucia Marconi, 49 anni, toscana, psicologa e psicoterapeuta dell´età evolutiva, della quale pubblichiamo un´intervista sicuramente illuminante, è di tutt´altro parere: sbagliato pensare che è “tutta colpa della scuola”: ciò che accade tra i banchi è la conseguenza di ciò che è accettato tra le pareti domestiche. Di un lassismo educativo da parte di famiglie il più delle volte incapaci di dare delle regole, se non quella del “tutto e subito” che ha condotto al consolidarsi di una generazione senza regole.
Piccoli bulli crescono. E, spavaldi, si aggirano tra i banchi delle scuole superiori a urlare o alzare le mani contro i prof di turno. L´ultimo eclatante caso è accaduto in un Istituto tecnico commerciale di Lucca, in Toscana: un ragazzo, dopo aver ricevuto un´insufficienza, minaccia il docente. Grida e insulti e quel «Prof, non mi faccia inc…» che ha fatto il giro del web. Il giorno un altro video, stesso istituto scolastico superiore: un ragazzo indossa addirittura un casco da moto e si avvicina al professore milando la testata. Ma i video si moltiplicano, Lucca, poi Velletri: un ragazzo viene filmato da un compagno mentre minaccia il prof di “scioglierlo nell´acido”.
Come siamo giunti a questo punto? Come è potuto accadere che ci siano adulti (insegnanti/educatori) letteralmente in ostaggio della violenza fisica e verbale di ragazzini, pronta a colpire ogni qualvolta non venga loro concesso di fare ciò che vogliono? La scuola italiana non è forse più così buona ad educare? Lucia Marconi, 49 anni, toscana, psicologa e psicoterapeuta dell´età evolutiva è di tutt´altro parere: un 15enne strafottente e bullo non è il prodotto di circostanze casuali o del lassismo di chi siede davanti a lui alla cattedra. Piuttosto, ci dice, è (letteralmente) figlio della famiglia che lo ha cresciuto.
Per ´fare´ un bullo ci vuole un principe
Da una trentina d´anni lo stile educativo nelle case italiane è cambiato: entrambi i genitori lavorano, sono aumentati i nuclei mono-genitoriali (complice l´incremento di divorzi e separazioni), i giovani rimangono più a lungo nella famiglia d´origine perché prolungano gli studi o non trovano lavoro, non esiste quasi più la famiglia allargata di supporto, fatta da quella calorosa catena di parenti pronti a dare una mano, e per le cure dei figli ci si appoggia, quando possibile, ad aiuti esterni (come le baby-sitter). Questo il quadro che tutti conosciamo. Nelle nostre case crescono sempre più “principi”, non bambini: il bambino (sovente figlio unico) è diventato il perno attorno al quale ruota ogni decisione del nucleo famigliare.
Da principe a despota
«Da principe a despota il passo è breve: vedo continuamente bambini di 4 o 5 anni cui viene concesso di scegliere tutto, dal dove andare in vacanza a come vestirsi, a cosa mangiare. Sbagliato: il bambino non ha le capacità cognitive adeguate per compiere scelte che non gli competono, ma viene fin da piccolissimo messo nelle condizione di doverlo fare. Due le conseguenze: genitori e adulti perdono autorevolezza ai suoi occhi, vengono percepiti come ´pari´ con cui confrontarsi, non dei punti di riferimento da seguire. Inoltre, il bambino si abitua presto a chiedere e ottenere ciò che vuole, senza sforzi. Penso a bambini di 10 anni che ancora piangono perché vogliono dormire tutte le notti nel lettone: assecondandone i capricci, pensando di fare il loro bene, i genitori li fanno regredire. Non bisogna aver paura di dire no, anche di far piangere il proprio figlio», spiega la psicologa. «Il continuo esaurimento di ogni desiderio dei figli ha conseguenze gravi: spegne la voglia, la ricerca dell´appagamento del desiderio. Ciò che è fuori conta poco, perché tanto si ottiene con facilità: ciò che importa è solo il proprio Io. Dare tutto ciò che i bambini chiedono è il modo migliore per crescere dei narcisi».
La mancata adolescenza
Si è davvero teenagers – e si cresce – quando si trova qualcuno cui opporsi: è così che funziona l´adolescenza. «Ma se i ragazzi non sanno mai contro chi imporsi, perché gli adulti attorno a loro sono accondiscendenti, restano preadolescenti perenni incapaci di crescere, bambini con un senso di onnipotenza spropositato, incapaci di gestire le regole quando l´ambiente lo richiede», spiega la psicologa.
La scuola? Solo la punta dell´iceberg
E qui veniamo alla scuola, e ai fatti di cronaca: il principino-despota ormai cresciuto esplode di rabbia quando si trova in ambienti dove esistono limiti e regole. Del resto, se non ha imparato a rispettare confini e limiti in famiglia, come potrà essere attrezzato per farlo fuori casa? «Quando mi trovo davanti a famiglie con figli adolescenti in difficoltà uso una metafora efficace per far capire come dovrebbe funzionare l´educazione: il figlio è come l´acqua del fiume che deve correre al mare, i genitori sono le sponde, gli argini del fiume. Se queste sono solide, l´acqua scorre e arriva dritta dove deve andare, se invece non tengono il fiume straripa e fa danni. Se gli adolescenti di oggi ´straripano´ sempre di più, è perché non esistono sponde capaci di arginarli», continua Marconi. Se poi, persino davanti ad episodi gravi (come la diffusione via chat di materiale sensibile o l´allagamento di una scuola) i ragazzi trovano a casa qualcuno disposto a giustificarne l´operato, il comportamento prevaricatorio viene alimentato. Sbagliato dunque pensare che è “tutta colpa della scuola”: ciò che accade tra i banchi è la conseguenza di ciò che prima veniva accettato tra le pareti domestiche.
Tutta colpa… del senso di colpa
«I genitori di oggi sono divorati dai sensi di colpa: perché passano poco tempo con i figli, perché non riescono a offrire loro ciò che la società chiede, perché hanno la percezione di non fare mai abbastanza. Nelle relazioni familiari, il senso di colpa non porta mai a nulla di buono: genera comportamenti compensatori che, pur nelle intenzioni di fare del bene, solleticano e non educano l´ego dei figli», dice Lucia Marconi. Sarebbe invece il momento di recuperare la semplicità delle regole, fin dalle piccole cose della prima infanzia: dall´orario cui andare a dormire, a ciò che si mette in tavola per cena, dai giocattoli da acquistare agli abiti da indossare. L´adulto deve tornare a decidere per il bambino, riprendendosi la sua autorevolezza: «Dobbiamo re-imparare a dire no. Il no è un atto di amore, non una vessazione», commenta la psicologa.
Prevenire è meglio che curare
Con tanti anni di esperienza sul campo, Lucia Marconi sa che intervenire su un ragazzino che manifesta una patologica incapacità all´obbedienza, che si ostina nelle trasgressioni e in atteggiamenti da bullo è difficile: servono percorsi terapeutici famigliari molto lunghi e complessi. Una volta radicato, il narcisismo è difficile da estirpare: «Non a caso le patologie più diffuse oggi tra gli adolescenti sono quelle legate al narcisismo, frutto di un desiderio fin troppo appagato che non sa più dove rivolgere la sua attenzione. Ecco spiegato perché atti estremi, dall´autolesionismo alla ricerca di emozioni forti, sono così comuni», spiega la psicoterapeuta.
E conclude: «Queste cose andrebbero dette chiare e tonde ai corsi pre-parto: ai genitori spetta il compito, fin da quando i bambini sono molto piccoli, di insegnare a desiderare le cose, non a ottenerle senza sforzo. Se vogliamo contrastare il bullismo degli adolescenti dobbiamo cominciare a farlo fin dalla culla».
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