Il rilevante successo dello sciopero proclamato dai cinque sindacati ‘rappresentativi’ lo scorso 5 maggio ha indotto il Governo ad assumere una linea di maggiore cautela non tanto dal punto di vista procedurale (i tempi restano serrati, già in settimana dovrebbero iniziare le votazioni sugli emendamenti) quanto sotto il profilo della gestione politica del delicato passaggio del Disegno di legge ‘Buona Scuola’ al Senato.
Il premier Renzi ha detto che “chi ha voglia di parlare in modo serio avrà un governo attento”, mentre il ministro Giannini, dopo le audizioni dei sindacati in Senato, ha parlato di “doverosa apertura al dialogo sui punti più significativi”.
In che cosa consista questa disponibilità al dialogo non è ancora chiaro, anche se alcuni ‘ammorbidimenti’ già intervenuti alla Camera ne lasciano intuire la direzione (ridimensionamento delle competenze del preside, maggiore collegialità nella programmazione delle attività e nella valutazione dei docenti).
Si teme, da parte del Governo, la saldatura tra la protesta sindacale e l’opposizione al Ddl dei senatori Pd antirenziani, che al Senato pesano molto di più che alla Camera e che potrebbero sostenere col voto segreto emendamenti sgraditi al Governo.
Anche l’esito delle elezioni regionali e amministrative, che hanno assunto un valore politico generale, potrebbe influire sulla maggiore o minore determinazione con la quale lo schieramento antirenziano si batterà per modificare o addirittura bloccare la ‘Buona Scuola’. Un successo del Pd guidato da Matteo Renzi indebolirebbe gli oppositori interni, già divisi tra intransigenti e dialoganti, e faciliterebbe l’approvazione della legge con limitate limature. Invece una sua sconfitta aprirebbe nel partito una crisi profonda, inducendo i suoi avversari ad alzare il prezzo di una ricomposizione interna. E a farne le spese potrebbe essere la ‘Buona Scuola’, la legge simbolo dell’era Renzi.
Incognite politiche sul destino della ‘Buona Scuola’ ultima modifica: 2015-05-31T16:39:42+02:00 da