Lara La Gatta, La Tecnica della scuola 7.11.2017
– Di fronte a una campagna di stampa che considera i disturbi di apprendimento tra gli studenti italiani un problema di medicalizzazione della scuola e un prodotto di false diagnosi, l’Associazione italiana dislessia (AID) tiene a ribadire quanto finora dimostrato dalla ricerca scientifica.
E lo fa con un comunicato di Giuseppe Aquino, Formatore tecnico AID e Membro della Commissione Esecutiva del nuovo progetto di produzione di Linee Guida sui DSA, con il quale viene spiegato come in Italia non sia affatto facile ottenere una diagnosi, in quanto l’iter è piuttosto complesso. Infatti, la diagnosi di dislessia in Italia viene eseguita alla luce delle raccomandazioni cliniche fornite dalle Conferenze di Consenso (2007, 2010, 2011). E viene effettuata da un team multiprofessionale (NPI, psicologo, logopedista) secondo precisi criteri diagnostici e, per evitare la rilevazione di falsi positivi, prevede l’utilizzo di test standardizzati, sia per misurare l’intelligenza generale, che l’abilità specifica.
“La questione dislessia – scrive AID – può sembrare sovradimensionata. Sicuramente il numero di alunni con certificazione di Disturbi Specifici di Apprendimento, come rivelano i dati forniti dal MIUR, è in significativo incremento. Tra gli anni scolastici 2010/11 e 2014/2015 le certificazioni sono cresciute, ma questo accade anche perché dopo la legge 170 del 2010, la scuola ha un ruolo determinante nella presa in carico degli alunni con DSA e ad essa sono state richieste competenze organizzative, metodologiche, didattiche e valutative che hanno portato ad una maggiore attenzione nei confronti degli alunni con difficoltà di apprendimento e quindi ad una maggiore individuazione di casi sospetti di DSA e alla loro segnalazione alle famiglie con il conseguente riferimento ai servizi sanitari per avviare il percorso per una eventuale diagnosi”.
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La questione dislessia a scuola può sembrare sovradimensionata, ma non è così ultima modifica: 2017-11-07T14:28:55+01:00 da