di Viola Ardone, la Repubblica, 27.1.2023.
Ecco perché è un errore la proposta del ministro Valditara sugli stipendi differenziati ai prof.
La scuola è uguale per tutti, o almeno così dovrebbe essere. Come la legge, come i diritti, come la giustizia, in un Paese che predica democrazia e uguaglianza ma razzola nelle differenze e nei particolarismi. E che, negli ultimi tempi, sembra precipitato in uno spin off di Ritorno al futuro, almeno per quanto riguarda la scuola, viste le parole d’ordine correnti: merito, umiliazione degli studenti e stipendi degli insegnanti differenziati per regione, triste revival delle “gabbie salariali” degli anni Cinquanta. Eppure, proprio in quegli anni del dopoguerra in cui l’Italia faticava a risollevarsi dalle sue macerie, Piero Calamandrei, uno dei padri costituenti, dedicava proprio alla scuola parole di amore e di speranza che forse oggi vale la pena di ricordare. “La scuola è un organo costituzionale”, diceva Calamandrei, “come il governo, il Parlamento, la magistratura. Se si dovesse fare un paragone con gli organi del corpo umano, la scuola avrebbe il compito di creare il sangue. La scuola di Stato, la scuola democratica è una scuola che ha carattere unitario, è la scuola di tutti, crea cittadini, non disuguaglianze”.
La scuola è di tutti: di tutti gli studenti e di tutti i docenti. Certo, ce ne sono di migliori e di peggiori, come in ogni categoria di lavoratori, anche se sbagliare in classe ha conseguenze più gravi che in una stanza d’ufficio. Ma facciamo tutti lo stesso lavoro: formiamo cittadini. Creiamo globuli rossi per un Paese ormai anemico, in cui la natalità è in calo e le opportunità di realizzazione sono in picchiata. Un compito che dovrebbe essere affidato ai migliori e che andrebbe retribuito nel più equo dei modi, e soprattutto senza differenze. Immaginare una disparità retributiva in base alla regione di appartenenza servirebbe solo a spaccare una categoria già disunita e scoraggiata che da anni rivendica un aumento salariale e che è all’ultimo posto tra i Paesi europei in quanto a stipendi. Sarebbe come dire, parafrasando il celebre finale della Fattoria degli animali, che la scuola è “più uguale” per alcuni che per altri.
Certo, il costo della vita è diverso da regione a regione, ci informa il ministero del Merito. Anche questo argomento, però, è opinabile. Prima di tutto perché in tal caso una differenziazione retributiva dovrebbe investire tutte le categorie di lavoratori, e non solamente gli insegnanti. E poi perché, a ben guardare, nelle regioni meridionali in cui il welfare è una pallida aspirazione, i trasporti pubblici un’utopia, un posto all’asilo nido è una chimera e il tempo prolungato un privilegio per pochi fortunati, la vita costa e anche tanto. La gestione dei figli, degli anziani, la mobilità pesano sul salvadanaio famigliare così come l’affitto elevato può pesare in una metropoli del Nord in cui però si può contare sull’assistenza sanitaria pubblica e non bisogna metter mano alla tasca per ogni spesa medica.
L’Italia, lo sappiamo tutti, è già il Paese delle differenze e non è necessario amplificarle. Anche perché, andando di differenza in differenza, non si finisce più. Se chi insegna a Milano guadagnerà più di chi insegna a Napoli, chi è in cattedra a Napoli dovrà percepire di più di chi lavora a Caserta, che a sua volta sarà retribuito meglio di chi è in una scuola di Mondragone, seguendo a ritroso la catena della disuguaglianza e dello scontento.
Uno Stato moderno, invece, dovrebbe permettersi il lusso di investire sulla scuola a piene mani: sulla formazione dei docenti, sull’edilizia scolastica, sull’offerta formativa, sulla lotta alla dispersione. Dare valore e riconoscimento a tutto il corpo docente e non attuare la politica del divide et impera, fare la cresta sugli aumenti agli insegnanti in base al codice di avviamento postale o al cosiddetto “merito”, variabile così difficile da misurare in questo ambito. E nemmeno allungare il cappello per elemosinare quattro spiccioli ai privati nel tentativo risollevare le sorti del sistema scolastico nazionale. Uguale per tutti: questa è l’unica strada per ridare dignità a una professione proletarizzata, che non gode più di alcun prestigio sociale, né agli occhi degli studenti né delle loro famiglie. Altrimenti il film della scuola sarà un remake di quelli già visti in passato. Un’imitazione triste di Ritorno al futuro, ma che non piace più a nessuno.
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La scuola diseguale per tutti ultima modifica: 2023-01-28T06:38:39+01:00 da