TuttoscuolaNews, n. 709 del 14.9.2015.
In tempi ormai remoti (due o tre generazioni fa) l’ABC stava ad indicare la base essenziale dell’apprendimento, quel sapere minimo del ‘leggere, scrivere, far di conto’ contenuto nell’onomatopeico ‘abbecedario’ con il quale iniziava l’esperienza scolastica.
Quell’ABC è stato rimosso, rottamato, anche se ogni tanto si sente dire – in Italia come all’estero (back to basics) – che ad esso occorrerebbe tornare per recuperare la finalità autentica, originaria, dell’educazione di base.
In questo periodo l’ABC a cui si pensa quando si parla di scuola non fa più riferimento alla dimensione didattica. In tempi di ‘Buona Scuola’ l’ABC sta a indicare una dimensione organizzativa, gli scaglioni di insegnanti ex precari che la legge stabilizza in tre fasi successive, regolate non da parametri come la qualità professionale, la capacità, il merito dei singoli ma da algidi algoritmi, la cui logica impersonale è quella di far coincidere il numero dei posti con il numero di aspiranti a occuparli, ovunque e comunque.
Per la verità questa evoluzione semantica dell’ABC è maturata nel tempo, forse addirittura dagli anni settanta dello scorso secolo, quando la prima grande norma di stabilizzazione del personale (l’art. 17 della legge 477/1973 coi relativi ‘corsi abilitanti’) mise brutalmente da parte la tematica della riforma degli ordinamenti – in primo luogo di quella dell’istruzione secondaria superiore, investita dall’onda lunga della unificazione della scuola media – dando la precedenza ai problemi organizzativi legati all’avvento della scuola di massa. Ma senza mai risolverli, come mostra la vicenda pluridecennale del precariato.
Non sappiamo se l’ABC degli algoritmi sarà davvero capace di eliminare in radice il precariato, anche se ce lo auguriamo. Sappiamo invece che sarebbe necessario e urgente riprendere a parlare dell’altro ABC, quello che riguarda i fondamenti dell’educazione, da ripensare per adeguarli alle necessità e alle opportunità della web society.